di Maria Morigi
25 Milioni di dollari la taglia fissata dagli USA sulla testa di Ayman al Zawāhirī , ex medico egiziano di una famiglia di dotti religiosi e magistrati. Al Zawāhirī fu la mente di Al Qaeda, supporto ideologico di Osama Bin Laden e pianificatore degli attentati del 7 agosto 1998 alle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania (morte di 224 persone), del 12 ottobre 2000 alla nave da guerra USS Cole in Yemen, delle Twin Towers l’11 settembre 2001.
Detto questo, il drone della CIA che ha colpito “chirurgicamente” la persona di Al Zawāhirī affacciato al balcone della casa del suo ospite Serajuddin Haqqani, sembra una vendetta postuma. Vecchi risentimenti, vecchie colpe, vecchi protagonisti. Perché, se Al Zawāhirī ancora rappresenta Al Qaeda – movimento fondamentalista pan-islamico sunnita nato negli anni ’80 e impegnato in violente azioni contro il mondo occidentale e i regimi islamici con simpatie filo occidentali -, il movimento non ha più il prestigio di una volta. Ad Al Qaeda si sono sostituiti lo Stato Islamico nelle sue diramazioni provinciali (ISis , ISil e Is-Khorasan) e altri gruppi islamisti non Talebani ben più “innovativi” nella pratica del jihad. Tuttavia membri di Al-Qaeda continuano a godere della protezione dei Talebani. È così che al Zawāhirī si trovava a Kabul, ospite di Serajuddin Haqqani, oggi numero due del regime talebano in Afghanistan.
Si tratta non solo di una vendetta postuma e inutile, ma anche del tutto inopportuna, se si considera l’interferenza nel Paese da cui solo l’anno scorso gli USA si sono ritirati in grande confusione. Infatti l’operazione mette a rischio i rapporti tra i gruppi di Talebani ed è un ostacolo al processo di normalizzazione dell’Afghanistan.
Ed ecco le ragioni: se i Talebani afghani e pakistani di scuola Deobandi hanno avuto stretti rapporti con Al Qaeda e ospitarono Osama bin Laden, dopo il declino di Al Qaeda si affermò la Rete Haqqani. Anche la Rete Haqqani è di formazione Deobandi, ben insediata a cavallo della frontiera afghano-pakistana nelle aree tribali (Loya Paktia, Waziristan, Peshawar, Khost dove ha terreni, madrase, attività commerciali, proprietà immobiliari), tuttavia è – tra tutti i Talebani – fazione più vicina al jihadismo transnazionale, meno incline al negoziato, ma molto incline a godere di finanziamenti esteri. Fin dalla sua formazione in Pakistan nel 1975, ricevette finanziamenti in chiave anti-russa dalla CIA e dall’Arabia Saudita. Operativa in Waziristan, aveva un importante e decisivo referente nel servizio segreto pakistano (Inter-services intelligence).
Suo capo fu Jalaluddin Haqqani (morto nel 2018) comandante mujaheddin tra i primi a imbracciare le armi contro i sovietici negli anni Settanta, addestrato nei campi del Waziristan del Nord insieme con i militari pakistani del Frontier Corps e rappresentante la fazione Haqqani nel Partito islamista Hizb-I Islami. Grazie ai fondi arabi Jalaluddin costruì il complesso di cave e tunnel sulle montagne nella provincia afghana di Khost, che servì come deposito di armi e campo di addestramento per jihadisti. A sua volta Bin Laden ottenne da Haqqani il permesso di gestire i campi in cui si preparava l’attentato del 11 settembre.
Serajuddin Haqqani, l’ospite a Kabul di al Zawāhirī, è figlio di Jalaluddin. Subentrato al padre, inaugurò la stagione degli uomini-bomba e delle decapitazioni filmate dei prigionieri. Già aveva organizzato attacchi kamikaze nel 2008 (hotel Serena di Kabul, tentato omicidio dell’ex presidente Karzai, Ambasciata indiana di Kabul con 44 morti). Traffico di droga, contrabbando di armi e sequestri lo hanno collocato in una piena autonomia finanziaria e in posizione privilegiata – ma di scontro – nello stesso schieramento talebano che per la sua “severità” non si è mai abbassato a queste pratiche considerate (dai veri Talebani) Kāfir, cioè “infedeli” e non rispettose dell’Islam.
Oggi è vero che molti “vecchi Talebani”, delusi dalla recente “moderazione” e dall’attitudine diplomatica dei “nuovi Talebani”, convergono sempre più numerosi verso la Rete Haqqani. L’affermazione della Rete è dunque in concorrenza con il gruppo che ha saputo negoziare gli accordi di Doha, rappresentato dal Mullah Abdul Ghani Baradar. Una evidente spaccatura di potere tra i Talebani poiché i diplomatici di Doha, senza cedere sui finanziamenti esteri e il mercato della droga, avevano promesso che non avrebbero mai sostenuto Al Qaeda. Al contrario Serajuddin Haqqani – del tutto avverso agli accordi di Doha – addirittura offre ospitalità personale alla vecchia organizzazione di Al Qaeda odiata dagli USA.
Inoltre il drone non servirà affatto a migliorare la situazione perché, colpendo l’ ospite in casa di un ospite, offende uno dei sacri principi dell’ospitalità afghana contenuti nel Codice d’onore Pasthunwali, rispettato come pilastro della società sia dai Talebani (tutti) che dall’etnia Pashtun, in Afghanistan e in Pakistan.
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