Kabul addio?

di Marco Pondrelli

La sconfitta degli Stati Uniti e della NATO in Afghanistan era stata ampiamente prevista. Dopo 20 anni di guerra, dopo miliardi spesi e dopo oltre 100.000 morti, la maggior parte dei quali civili innocenti, si riparte da dove da dove si era lasciato: i talebani al governo del Paese. Le lacrime di coccodrillo piante dalla politica e da opinionisti improvvisati lasciano il tempo che trovano e soprattutto non chiariscono l’alternativa proposta, si vuole forse tornare in Afghanistan? Non dovevamo ritirarci? Oramai è chiaro anche all’ultimo degli stupidi che l’occupazione militare (tale era) non ha prodotto alcun risultato, la facile vittoria dei talebani dopo il ritiro delle truppe NATO non è ascrivibile solo ad una migliore organizzazione militare. L’Occidente che oggi si preoccupa della sorte delle donne afghane e lo stesso che si è reso responsabile di torture, stragi di civili, aumento della povertà e diseguaglianze.

Perché questo malcontento rafforza la parte più reazionaria della società e non invece gli elementi progressisti? La risposta è semplice, le tendenze modernizzatrici ed anti-imperialiste sono sempre state combattute dall’Occidente e non solo in Afghanistan (pensiamo a Nasser in Egitto o a Mossadeq in Iran). Oggi la protesta e la rabbia si incanala quindi nella direzione del cosiddetto fondamentalismo, è però necessario distinguere i talebani, che hanno condotto una guerra nazionale, e al Qaeda con il suo obiettivo di costruire un califfato.

La guerra in cui anche l’Italia si buttò entusiasta (non solo in governo Berlusconi ma anche l’opposizione dell’allora DS) aveva un limite di fondo. Una guerra non può prescindere da due cose: un obiettivo chiaro e la disponibilità ad impiegare (e perdere) le risorse umane ed economiche per raggiungere quest’obiettivo. Formalmente gli obiettivi di quella guerra erano due: la consegna di Bin Laden e rompere il rapporto fra talebani e al Qaeda per impedire altri attacchi terroristici

La retorica sull’esportazione della democrazia, sulla condizione femminile e sulla lotta alla droga non può celare il fatto che questi non fossero gli scopi degli occupanti. Nel dicembre del 2019 il Washington Post pubblicò i cosiddetti Afghanistan Papers nei quali attraverso interviste riservate a funzionari statunitensi ed alleati, si sosteneva che ‘entro sei mesi gli Stati Uniti avevano ampiamente realizzato ciò che si prefiggevano di fare1‘. Perché allora si è protratta la guerra per 20 anni? Perché in realtà il vero motivo dell’intervento occidentale era la destabilizzazione del Paese, si è destabilizzata Kabul per colpire i due principali nemici di Washington: Russia e Cina. Il ritiro statunitense va letto in questa chiave, gli USA continueranno con altri mezzi il tentativo di mantenere alta la tensione a Kabul. Il terrorismo è stato un alleato in Siria e lo sarà anche in Afghanistan, che confina anche con lo Xinjiang su cui si sta concentrando la propaganda occidentale su un fantomatico genocidio degli uiguri.

Si spiegano in questo modo gli approcci che Mosca e Pechino hanno avuto con i talebani. Nessuno si illude sugli studenti coranici ma occorre aprire un canale con quello che sarà il nuovo governo di Kabul. A fronte di una stabilizzazione del Paese con un impegno del nuovo governo a non ingerire e a non fomentare il terrorismo negli Stati dell’Asia centrale e nello Xinjiang, Russia e soprattutto Cina sono pronte ad investire e sostenere economicamente il nuovo governo.

Da più parti si sono accostate le immagine delle fughe da Saigon con quelle dell’Afghanistan, paragone improvvido e sbagliato anche se fra le due guerre c’è un punto di contatto. Nixon uscì dalla guerra in Vietnam non solo senza la rivolta della destra interna ma addirittura spaccando il campo comunista aprendo alla Cina, da una sconfitta storica gli USA riuscirono ad impostare la basi per una vittoria altrettanto storica. Oggi Washington ammette la sconfitta per concentrare le forze sull’Indo-Pacifico e per quanto riguarda l’Afghanistan una destabilizzazione prolungata può fare comodo tenendo bloccate Russia e Cina su questo fronte. Questa scelta è l’inizio della nuova guerra fredda, si abbandona uno scenario ritenuto non più strategicamente rilevante e ci si concentra su quello principale.

In questa fase la Cina deve assumere un ruolo da protagonista ed assieme alla Russia e all’Iran deve stabilizzare l’Afghanistan, se riuscisse in questo difficile compito ne uscirebbe rafforzata. Come ho avuto modo di affermare mentre gli USA conducono una politica esclusivamente militare le Cina ha oltre alla forza militare quella commerciale ed anche i talebani ne potrebbero essere allettati. Un rafforzamento del quadro multipolare ed un ridimensionamento del ruolo degli USA rappresenterebbero uno spostamento in avanti dell’equilibrio mondiale ed è a mio avviso solo in questo contesto che le legittime aspirazioni ad una emancipazione politica, economica e democratica della società afghana potrebbero trovare terreno fertile.

Note:

1Whitlock Craig, AT WAR WITH THE TRUTH, U.S. officials constantly said they were making progress. They were not, and they knew it, an exclusive Post investigation found, Washington Post 9 dicembre 2009, https://www.washingtonpost.com/graphics/2019/investigations/afghanistan-papers/afghanistan-war-confidential-documents/.