di Andrew Korybko
da https://korybko.substack.com
Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it
L’intervista di Lavrov con Tucker ha visto il Ministro degli esteri approfondire la posizione della Russia nei confronti della guerra per procura con la NATO in Ucraina, sulla base di quanto condiviso durante la sua precedente e più concisa intervista con Newsweek all’inizio di ottobre, all’epoca analizzata qui. Gli è stato anche chiesto di parlare degli ultimi eventi in Siria, questa valutazione non ha ricevuto molta attenzione da parte dei media internazionali, almeno non ancora. Il presente articolo si propone quindi di esaminare e interpretare le sue parole in merito.
Lavrov ha esordito descrivendo il processo di Astana tra il suo Paese, l’Iran e la Turchia come guidato dalla necessità di contenere le minacce separatiste curde sostenute dagli Stati Uniti in Siria, prima di esprimere la speranza di incontrare le sue controparti nel fine settimana durante il Forum di Doha per discutere gli ultimi sviluppi. Lavrov ha poi detto che vorrebbe anche “discutere della necessità di tornare alla rigorosa attuazione degli accordi sulla zona di Idlib, perché la zona di de-escalation di Idlib era il luogo da cui i terroristi si sono mossi per prendere Aleppo”.
Secondo Lavrov, la Turchia deve continuare a separare Hayat Tahrir al-Sham (HTS) dall’opposizione non terroristica, e vuole anche che venga riaperta l’autostrada M5 tra Damasco e Aleppo, dopo che il gruppo ne ha conquistato la metà settentrionale la scorsa settimana. Alla domanda di Tucker su chi stia sostenendo l’HTS, Lavrov non ha menzionato la Turchia, ma ha ipotizzato che potrebbero essere gli Stati Uniti e il Regno Unito. Lavrov ha anche osservato che ci sono speculazioni su come anche Israele potrebbe trarre vantaggio dall’ultimo tumulto.
Interpretando la sua valutazione, il primo punto che salta all’occhio è la sua insistenza sul ritorno agli accordi raggiunti nel corso del processo di Astana. Si tratta soprattutto di contenere congiuntamente le minacce separatiste curde sostenute dagli Stati Uniti, di applicare rigorosamente l’accordo di de-escalation di Idlib, che prevede anche la separazione dell’HTS dall’opposizione non terroristica, e di riaprire l’autostrada M5. Tutte e tre le cose sono prerogativa della Turchia, il che potrebbe spiegare perché Putin si sia rifiutato di accusarla di sostenere l’HTS.
Dopotutto, se Putin spera di raggiungere un accordo con Erdogan sulla Siria, dovrà mantenere la finzione (per quanto poco credibile per gli osservatori oggettivi) che la Turchia non sostenga più i terroristi. Questo potrebbe assumere la forma proposta qui per quanto riguarda il decentramento radicale del Paese come alternativa alla marcia dell’HTS verso Damasco per effettuare un cambio di regime contro Assad, come il fondatore Jolani ha detto alla CNN di voler fare. La Russia vuole evitare uno scenario simile a quello libico in Siria.
A tal fine, è disposta a scendere a patti con il proverbiale diavolo per ridurre le possibilità che questo Paese si trasformi in un buco nero di caos e instabilità regionale, che potrebbe portare alla rinascita dell’ISIS. Se tutto va ancora una volta fuori controllo, i cittadini radicali russi e dell’ex Unione Sovietica potrebbero recarsi ancora una volta nel Paese per addestrarsi al terrorismo, cosa che ha spinto la Russia a intervenire in Siria nel 2015. Tuttavia, non potrebbe più combattere contro di loro con la stessa efficacia di prima, dato che ora sta dando la priorità all’operazione speciale.
È quindi imperativo impedire che ciò accada, il che spiega la valutazione diplomatica di Lavrov sugli ultimi eventi in Siria. La Russia è ben consapevole dei suoi attuali limiti militari in questo teatro e della possibilità di sovraccaricare le sue forze aerospaziali reindirizzandole improvvisamente dall’Ucraina alla Siria, proprio nel momento in cui deve ottenere una svolta prima che Trump torni in carica. Ecco perché la Russia sembra puntare tutto su una soluzione politica anziché militare.
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