
di Eliseo Bertolasi
Il 14 giugno nella città di Bergamo l’Associazione culturale “Amicizia Lombardia Bielorussia” (ALAB) e il Movimento Internazionale Russofili (MIR), che il sottoscritto ha il privilegio di rappresentare in Italia, hanno congiuntamente organizzato una conferenza dedicata agli “80 dalla Vittoria – il contributo della Bielorussia”.
Alla conferenza in video collegamento ha preso parte anche l’Incaricato d’Affari dell’Ambasciata della Bielorussia in Italia Kirill Petrovskij.
Era la notte del 9 maggio 1945, quando 80 anni fa vicino a Berlino veniva firmato l’Atto di resa incondizionata della Germania nazista.
In ricordo di quella data il 9 maggio in Russia, in Bielorussia e in gran parte dello spazio ex-sovietico ogni anno si celebra il “Den’ Pobedy”, (il Giorno della Vittoria), per celebrare la Vittoria sul nazi-fascismo della Grande Guerra Patriottica (1941-1945). Una festa maestosa, profondamente sentita da tutti.
Il “Giorno della Vittoria” non è solo la celebrazione della fine di una delle peggiori guerre della storia, il “Giorno della Vittoria” è, prima di tutto, una festa del coraggio, dell’onore, un monito di quanto sia importante l’unità del popolo, perché è stato unendosi e alzandosi tutti insieme in difesa della Patria che l’URSS riuscì a conseguire la Vittoria.
Il ricordo di quella guerra terribile è ben vivo nella memoria individuale e collettiva della Russia, della Bielorussia e di gran parte dello spazio ex-sovietico. In quegli anni il popolo sovietico pagò un tributo altissimo di vite umane per respingere l’invasione tedesca, stime approssimative parlano di ben oltre venti milioni di morti. Nessuno saprà mai quantificare con precisione il numero di militari e civili che morirono in quella guerra. Non c’è famiglia nei territori dello spazio ex-sovietico che in quegli anni drammatici non perse qualcuno dei propri cari.
Nella mia relazione, ho indicato l’enorme sacrificio pagato dalla Bielorussia per conseguire la vittoria sul nazismo:
“Durante la 2° Guerra Mondiale morirono quasi 2,5 milioni di bielorussi (1/4 della popolazione, in proporzione un massacro superiore a quello registrato in qualunque altro teatro di quella guerra), più di 6000 villaggi furono distrutti, la popolazione massacrata, le campagne devastate, la struttura industriale azzerata.
Il famoso film sovietico “Và e vedi” (“Иди и смотри” del 1983 di Elem Klimov) racconta una di queste stragi (https://www.youtube.com/watch?v=UkkJZweYaLIn).
Per ogni soldato tedesco ucciso in azioni di guerra partigiana, i nazisti giustiziavano per rappresaglia decine di civili. La Bielorussia in quegli anni mise in atto una resistenza eroica. Con le sue paludi e le sue foreste, si prestava benissimo alle operazioni di guerra partigiana, che furono tante e molto attive.
Com’è noto, le truppe naziste impiegate sul fronte orientale condussero una guerra concepita come sterminio a sfondo razziale. La Germania nazista attuò metodicamente un piano per lo sterminio di massa dei popoli dell’URSS poiché considerava gli slavi, una sottospecie umana “Untermensch”, alla pari di ebrei e zingari”…
Da un punto di vista identitario:
“Negli anni successivi al crollo dell’URSS nei percorsi di costruzione identitaria dei nuovi stati, se alcune ex-repubbliche sovietiche rinnegarono i legami con l’eredità sovietica e poi con la Russia, al contrario, in Bielorussia il presidente Aleksandr Lukashenko, perfettamente consapevole dell’importanza delle relazioni con la Russia per il benessere del proprio popolo, scelse la strada di nazionalizzare il passato sovietico, trasformandolo, ove possibile, in un fattore identitario bielorusso.
Mentre i paesi Baltici e l’Ucraina distorcendo la storia, iniziarono a giudicare la Seconda Guerra mondiale un simbolo dell’“oppressione sovietica”, arrivando persino alla riabilitazione e alla glorificazione del nazismo, Lukashenko, al contrario, trasformò le distruzioni e le sofferenze subite dalla Bielorussia nell’esempio supremo dell’eroismo dei bielorussi, nella prova concreta del loro spirito nazionale, nella dimostrazione della loro capacità di sacrificio fino alla vittoria finale…”.
Nella sua relazione, il professor Massimiliano Bonavoglia presidente dell’Associazione Culturale “Amicizia Italia Bielorussia” dopo aver ricordato la tragedia di Khatyn – un intero villaggio bruciato dai nazisti insieme ai suoi abitanti – ha spiegato quanto il ruolo della Bielorussia di fedele amico della Russia: “sia fondamentale, in passato come nel presente, sullo scacchiere geopolitico globale e nell’interesse di un mondo multipolare, non subordinato a un unico gruppo di controllo, e quindi nell’interesse di ogni nazione del mondo”.
All’evento tra i relatori anche l’avvocato, professore di psicologia politica, Marco Della Luna. Nella sua relazione – presentando il suo recentissimo saggio “Psicologia politica applicata” – ha descritto alcuni strumenti psicologici usati dagli strateghi politici al fine di per far cambiare la percezione degli eventi, dei valori, dei pericoli e dei rapporti di forza alla gente.
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