di Roberto Gabriele
Il modo con cui americani e NATO stanno affrontando la guerra in Ucraina è frutto di una scelta calcolata o è invece conseguenza di una previsione sbagliata degli effetti che il coinvolgimento ucraino nel blocco militare atlantico avrebbe prodotto? E se è questo il caso, quali rischi comporta?
E’ indubbio che da parte russa c’è stata una previsione di intervento armato quando si è capito chiaramente che gli americani e gli altri paesi NATO procedevano senza esitazioni nel riarmo dell’Ucraina, nel suo coinvolgimento nella NATO e nella contemporanea liquidazione delle repubbliche indipendenti del Donbass, ormai giunte per la forte pressione militare di Kiev a una situazione limite per la loro esistenza.
A questo punto Putin stava di fronte a un bivio: accettare il fatto compiuto e permettere alla NATO di chiudere il cerchio attorno alla Russia, oppure impedire con le armi che questo progetto americano andasse a buon fine. Così, dopo gli ultimi inutili tentativi di portare i rappresentanti di USA, Gran Bretagna e UE al tavolo delle trattative per discutere un accordo che garantisse tutti i paesi del continente europeo, la Russia ha scelto di intervenire.
Gli Stati Uniti si aspettavano questo risultato? A giudicare dalle dichiarazioni fatte da Biden nel periodo immediatamente precedente all’ingresso delle truppe russe in Ucraina parrebbe di sì, visto che ne indicava anche la data precisa. A ben vedere però, le certezze del presidente americano erano relative al momento in cui ha dovuto prendere atto che i russi non avrebbero accettato il dato di fatto e si stavano preparando. Ma prima che la crisi arrivasse a quel punto, quali erano i veri progetti americani? Provocare la crisi ucraina, usarla per ricompattare uno sbrindellato blocco occidentale e realizzare una nuova contrapposizione che facesse uscire il sistema imperiale USA dalle sconfitte subite in varie aree del mondo e quindi andare allo scontro? Oppure la scelta di portare l’Ucraina nel blocco atlantico faceva parte di un’operazione di più lungo periodo basata su una strategia di riarmo che mettesse sotto scacco la Russia (come la Cina d’altronde) per impedire che gli equilibri internazionali andassero in direzione di un mondo multipolare che rompesse definitivamente l’egemonia americana?
Gli americani e i frastornati governanti europei – se è vera questa seconda ipotesi, che ci sembra la più probabile – sarebbero stati dunque colti di sorpresa dall’intervento militare russo? Certamente sì, se analizziamo le strategie di medio e lungo periodo del blocco occidentale a guida americana, che non era affatto pronto a una nuova guerra. Ma i progetti che si fanno devono fare anche i conti con la realtà. Pensare che russi (e cinesi) li avrebbero subiti passivamente non era nell’ordine delle cose e i fatti lo hanno dimostrato. Questo vale per la Russia, ma varrà anche per la Cina.
In questo contesto, sotto la pressione degli avvenimenti, si stanno evidenziando fatti che rendono assai grave la situazione mondiale e quella dell’Europa in particolare.
Proprio il fatto che gli americani non avrebbero in realtà un progetto che vada oltre il rafforzamento della NATO che doveva servire nel lungo periodo per accerchiare definitivamente la Russia, e proprio la determinazione con cui Putin sta conducendo la guerra, che non si limita alla difesa del Donbass e punta a creare un rapporto nuovo tra Russia e Ucraina, determina una dinamica le cui conseguenze possono avere uno sbocco imprevisto. Quale? L’invio di armi ai nazionalisti ucraini non potrà certo risolvere la guerra a vantaggio di Zelensky. Possiamo perciò aspettarci che la guerra si allarghi e che il confronto militare non sia limitato alle forze attualmente in campo. La no-fly zone di cui tanto si parla potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase della guerra.
Le manifestazioni di solidarietà pelosa con il popolo ucraino che tutti i governi e le istituzioni dell’UE stanno esibendo in queste settimane col pieno impegno dei media di regime sembrano preludere a una sorta di riedizione di quelle ‘radiose giornate di maggio’ che precedettero l’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale.
Non siamo gli unici a dirlo ed è bene che ci si renda conto per tempo del pericolo e si eviti di pensare che il cancro possa essere curato con l’aspirina.
Se la situazione è questa difatti bisogna mettere in conto alcune conseguenze, alcune delle quali si stanno già verificando sul terreno economico e sono gravi. L’embargo alla Russia sta producendo effetti devastanti nell’economia, con aumenti non solo dei costi energetici, ma di tutte le materie prime, che si riflettono su tutti i prezzi delle merci. L’inflazione sta già arrivando ai livelli americani (+7,5 a gennaio) e non è una situazione congiunturale, ma un elemento strutturale in rapporto agli embarghi che stanno modificando le relazioni economiche e commerciali mondiali imponendo una virata che, in particolare per l’Italia e i paesi europei, si presenta drammatica.
Prospettive di guerra con ulteriore allargamento del conflitto e crisi economica: era questa la previsione quando gli americani e i loro più stretti alleati hanno deciso di arruolare Zelensky per fare avanzare ancora di più la NATO ad est? Oppure pensavano che la Russia sarebbe rimasta ferma accettando il nuovo scenario? Rispondere a questa domanda ci fa capire in termini più oggettivi la probabile evoluzione della situazione. Se è vero infatti che la situazione in cui ci stiamo muovendo è di grande difficoltà, è anche vero che quelli che ci stanno mettendo di fronte alla prospettiva di una nuova guerra mondiale non solo non possono sfuggire agli effetti devastanti della guerra globale che non avevano previsto, ma possono essere sconfitti anche sul terreno stesso che avevano scelto per lo scontro, l’Ucraina, dove la risposta russa è stata dura e ben organizzata. La nostra non vuol essere una valutazione ottimistica sugli esiti del conflitto, ma si deduce dai dilemmi in cui, aldilà dei toni propagandistici, si stanno dibattendo in questi giorni americani e NATO. Allargare la guerra, con esiti apocalittici, o subire una sconfitta in Ucraina che modificherebbe i rapporti di forza a sfavore dell’imperialismo euroatlantico?
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