
di Sharon Zhang
Almeno 232 giornalisti sono stati uccisi durante il genocidio, secondo un nuovo rapporto di Costs of War.
Un nuovo rapporto afferma che il numero di giornalisti uccisi nel genocidio israeliano a Gaza è superiore a quello delle ultime sette guerre più importanti in cui sono stati coinvolti gli Stati Uniti, segnando il “peggiore conflitto di sempre” nella storia per i reporter.
A fine marzo, almeno 232 giornalisti erano stati uccisi nel genocidio di Gaza, la maggior parte dei quali palestinesi, secondo un documento del progetto Costs of War del Watson Institute for International and Public Affairs della Brown University. Secondo il Sindacato dei giornalisti palestinesi quasi 380 giornalisti sono stati feriti a partire da gennaio.
Questo è il più alto numero di giornalisti morti in una guerra, secondo il report e, infatti, supera il numero complessivo di giornalisti morti nella Guerra Civile americana, nella Prima Guerra Mondiale, nella Seconda Guerra Mondiale, nella Guerra di Corea, nella Guerra del Vietnam (compresi gli attacchi statunitensi in Cambogia e Laos), nelle Guerre Jugoslave, nella Guerra in Afghanistan e nella Guerra in Ucraina tuttora in corso. Solo nel primo mese del genocidio israeliano, almeno 37 giornalisti sono stati uccisi, secondo il Comitato per la Protezione dei Giornalisti, che ha dichiarato che questo è stato il mese più mortale mai registrato per i giornalisti di tutto il mondo.
Il rapporto, scritto dal giornalista Nick Turse, calcola il numero di giornalisti morti sulla base dei dati forniti da Al Jazeera e dal Comitato per la protezione dei giornalisti. Il bilancio calcolato da Turse è molto più alto di quello spesso citato da quest’ultimo gruppo. Come nota il rapporto, il Sindacato dei giornalisti palestinesi ha dichiarato che il numero di giornalisti morti fino a un anno fa era circa il 10% della comunità giornalistica di Gaza, equivalente all’uccisione di 8.500 giornalisti negli Stati Uniti. Il numero sarebbe ancora più alto se la professione giornalistica negli Stati Uniti non fosse stata decimata negli ultimi decenni.
Non è chiaro quanti di questi omicidi siano stati deliberatamente mirati ai giornalisti, ma è chiaro che Israele ha “scatenato una guerra implacabile contro la stampa”, dice l’analisi. Reporter senza frontiere ha contato almeno 35 casi in cui ci sono sufficienti prove di un attacco diretto, anche se i gruppi per la libertà di stampa e gli esperti hanno ripetutamente affermato che è chiaro che Israele sta compiendo uno sforzo concertato per massacrare coloro che documentano il genocidio.
Tra le persone prese direttamente di mira dalle forze israeliane c’è il giornalista ventitreenne Hossam Shabat, che Israele ha ucciso in un attacco aereo la scorsa settimana. Il giovane giornalista era diventato famoso durante il genocidio per la sua ininterrotta copertura del nord di Gaza, nonostante l’intenso assalto e l’assedio di Israele nella regione. Israele ha riconosciuto la sua uccisione, sostenendo, senza prove, che Shabat fosse un terrorista.
Martedì, lo stesso giorno in cui è stato pubblicato il rapporto, il Comitato palestinese per la protezione dei giornalisti ha annunciato che Israele aveva preso di mira e ucciso un altro giornalista, Mohammed Saleh Al-Bardawil, reporter di Al-Aqsa Radio, uccidendo anche sua moglie e i suoi tre figli.
Oltre a prendere di mira e uccidere i giornalisti, “Israele ha impiegato uno sforzo a tutto campo per minare il libero flusso di informazioni”, dice il rapporto, attraverso la distruzione del sistema di comunicazioni a Gaza da parte dell’esercito israeliano e l’intimidazione e la repressione diffusa della stampa.
Il fatto che Israele prenda di mira i giornalisti è un’escalation dell’erosione del giornalismo in tutto il mondo.
“In tutto il mondo, la violenza della guerra e le campagne di censura coordinate minacciano di trasformare un numero crescente di zone di conflitto in cimiteri di notizie, con Gaza che ne è l’esempio più estremo”, si legge nel rapporto.
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