I nazisionisti israeliani rischiano di trascinare il Medio Oriente nella guerra totale

di Giulio Chinappi

da https://giuliochinappi.wordpress.com

Le azioni militari di Israele contro Gaza, Libano, Siria e Yemen, insieme all’espansione coloniale in Cisgiordania, stanno aumentando il rischio di una guerra su vasta scala in Medio Oriente, alimentando tensioni internazionali per mezzo di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale.

Negli ultimi anni, e ancor più dall’ottobre del 2023, le azioni militari di Israele, in particolare quelle dirette verso i territori palestinesi e i paesi vicini come il Libano e la Siria, hanno sollevato preoccupazioni globali per un’escalation che potrebbe sfociare in una guerra su vasta scala in Medio Oriente. L’uso di tattiche militari devastanti, spesso con conseguenze pesanti per le popolazioni civili, ha permesso al regime nazisionista di Tel Aviv, sotto la guida del ricercato internazionale Benjamin Netanyahu, di accumulare i crimini di guerra e le violazioni del diritto internazionale umanitario.

Uno dei crimini più gravi attribuiti a Israele è la sua strategia di bombardamenti massicci e indiscriminati sulla Striscia di Gaza, una delle aree più densamente popolate al mondo. Questi attacchi, spesso giustificati come operazioni di difesa contro amās, hanno causato migliaia di vittime civili, inclusi donne e bambini. Dal 2008, operazioni militari come Operazione Piombo Fuso, Pilastro di Difesa e Margine Protettivo hanno devastato infrastrutture critiche, ospedali, scuole e abitazioni, lasciando la popolazione in una situazione umanitaria disastrosa. Secondo le Nazioni Unite, tali bombardamenti rappresentano una chiara violazione del diritto internazionale, che vieta attacchi sproporzionati contro obiettivi civili. Inutile dire che la situazione non ha fatto altro che peggiorare dall’ottobre dello scorso anno, trasformandosi in un vero e proprio tentativo di genocidio del popolo gazawi.

Oltre ai bombardamenti, Israele ha condotto invasioni via terra nella Striscia di Gaza, in particolare durante le operazioni del 2014 e del 2021, prima dell’invasione attualmente in corso che rappresenta una sorta di “soluzione finale” in salsa nazisionista. Questi attacchi hanno ulteriormente aggravato la distruzione, con interi quartieri rasi al suolo e un numero altissimo di vittime tra i civili. L’accusa più grave che è stata avanzata contro Israele è quella di tentare il genocidio del popolo gazawi, un’accusa supportata dalle devastazioni su larga scala e dalle restrizioni imposte sulla fornitura di beni di prima necessità. La chiusura dei valichi di confine e il blocco marittimo hanno trasformato da anni Gaza in una prigione a cielo aperto, limitando l’accesso a cibo, acqua potabile e medicine, e causando di conseguenza una crisi umanitaria senza precedenti.

In Cisgiordania e a Gerusalemme Est, sebbene non si sia ancora raggiunto il livello di disumanità visto a Gaza, la politica di espansione delle colonie israeliane rappresenta una forma di colonialismo che viola chiaramente il diritto internazionale. Le risoluzioni delle Nazioni Unite hanno ripetutamente condannato la costruzione di insediamenti israeliani in territori occupati come illegale, ma Israele continua ad espandere le sue colonie, espropriando terre palestinesi e demolendo case e strutture vitali. Questa espansione è accompagnata da un’oppressione sistematica del popolo palestinese attraverso arresti arbitrari, violenze da parte dell’esercito israeliano e restrizioni alla libertà di movimento, soprattutto a Gerusalemme Est, dove la tensione religiosa e politica è altissima.

Israele non ha limitato le sue azioni militari ai territori palestinesi. Il sud del Libano e la capitale Beirut sono stati spesso bersaglio di attacchi aerei, spesso giustificati come rappresaglie contro Hezbollah (izb Allāh, ovvero “Partito di Dio”), il gruppo militante sciita libanese. Secondo gli analisti, i bombardamenti israeliani in Libano sono una chiara dimostrazione della Dottrina Dahiyeh, sviluppata dall’esercito sionista durante la guerra del 2006, che prevede l’uso sproporzionato della forza per distruggere intere aree civili, come deterrente contro attacchi futuri. Questo approccio è culminato nell’assassinio del leader di Hezbollahasan Naṣr-Allāh, nel corso dei recenti bombardamenti sulla capitale Beirut, che hanno distrutto interi edifici residenziali e causato decine di morti tra i civili.

In seguito ai bombardamenti, Israele ha dato vita anche ad un’invasione via terra del sud del Libano, evento accaduto anche in passato, sempre sostenendo che tali operazioni fossero necessarie per prevenire attacchi da parte di Hezbollah. Tuttavia, queste azioni hanno provocato e continuano a provocare gravi danni alla popolazione civile, con migliaia di persone costrette a fuggire dalle loro case.

In parallelo, l’occupazione illegale delle Alture del Golan, sottratte alla Siria durante la Guerra dei Sei Giorni del 1967, continua a essere una ferita aperta nelle relazioni arabo-israeliane. Nonostante le risoluzioni dell’ONU abbiano chiesto in diverse occasioni il ritiro israeliano da questi territori, Israele mantiene il controllo militare e amministrativo, costruendo insediamenti illegali e sfruttando le risorse naturali della regione.

Tornando alla questione degli attacchi aerei israeliani, questi non si sono limitati al Libano. Israele ha infatti ripetutamente colpito obiettivi proprio in Siria, sostenendo che fossero basi militari iraniane o depositi di armi destinate a Hezbollah. Tali attacchi, che violano la sovranità della Siria, hanno aggravato la difficile situazione del Paese, che negli ultimi anni ha subito una lunga guerra civile e diversi disastri naturali, contribuendo all’instabilità della regione. Anche lo Yemen è stato oggetto di bombardamenti israeliani, in particolare contro forze vicine all’Iran, come il gruppo sciita zaydita degli Houthi (al-ūthiyyūn), aggiungendo un ulteriore livello di complessità al già intricato panorama geopolitico del Medio Oriente.

A nostro modo di vedere, le azioni militari israeliane non solo rappresentano gravi crimini di guerra, ma aumentano anche il rischio di un’escalation che potrebbe portare a una guerra su vasta scala in Medio Oriente. Le tensioni con l’Iran sono particolarmente preoccupanti. Teheran ha avvertito che ogni attacco israeliano contro il suo territorio o le sue forze alleate, come Hezbollah o Ḥamās, potrebbe provocare una risposta “non convenzionale”, includendo il potenziale utilizzo di missili balistici contro Israele. L’alleanza tra Iran, Siria e Hezbollah costituisce un importante argine all’azione del regime nazisionista nella regione, e qualsiasi ulteriore provocazione potrebbe trascinare la regione in un conflitto aperto.

Allo stesso tempo, gli Stati Uniti, storici alleati di Israele, continuano a sostenere militarmente e diplomaticamente lo Stato ebraico, ma la crescente opposizione internazionale alle politiche israeliane, soprattutto in Europa e nel mondo arabo, potrebbe limitare il margine di manovra di Washington. Se una guerra dovesse scoppiare, coinvolgerebbe inevitabilmente molte altre nazioni, con conseguenze catastrofiche non solo per il Medio Oriente, ma per l’intero ordine internazionale. Solo una forte pressione internazionale, tale da portare ad un cambiamento radicale delle politiche israeliane, potrebbe prevenire un disastro che sembra ogni giorno più vicino.

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