di Andrew Korybko
Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it
La portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha attaccato l’Occidente per la sua ultima campagna di infowar contro il suo paese, iniziata all’inizio di questa estate. La TASS l’ha citata dicendo quanto segue:
“Circa due mesi fa è stato lanciata una tesi, che non era importante chi fosse colpevole di cosa, ma che la Russia stava agendo in modo non autorizzato perché manteneva contatti con i talebani.
Vi ricorderete come sia il capo del Ministero degli Esteri russo che l’inviato speciale presidenziale sono stati citati in tutti i modi possibili e le presunte fotografie segrete dei contatti sono state prodotte nonostante fossero tutte pubblicate sul sito web del Ministero.
C’è una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e non consente ma prescrive ai paesi di interagire e prestare assistenza alle parti politiche del processo politico di pacificazione dell’Afghanistan.
E la cosa più sorprendente, che diventerà una scoperta per il nostro mondo liberale, quella risoluzione indica direttamente il movimento talebano come tale – come una parte politica del processo politico intra-afghano”.
Queste osservazioni erano in risposta alla narrazione emergente dell’autodefinita “opposizione” finanziata dall’estero, secondo cui il Cremlino si sta comportando in modo ipocrita parlando con i talebani ma non con l’agente NATO Navalny.
L’agente straniero, così designato dalla Russia, Radio Liberty/Radio Free Europe (RL/RFE), finanziato dal governo degli Stati Uniti ha spinto questa interpretazione distorta degli eventi in un pezzo del 17 luglio intitolato in modo fuorviante “Nel dare il benvenuto ai talebani, il Cremlino apre la porta a una serie di critiche e incertezze diplomatiche”. Attira l’attenzione sulle affermazioni della cosiddetta “opposizione”, ma come ci si potrebbe aspettare da un punto di informazione professionale come RL/RFE, lascia fuori alcuni contesti cruciali per spingere la sua interpretazione.
La signora Zakharova ha sollevato i punti rilevanti che stanno deliberatamente omettendo dalla conversazione, vale a dire che una pertinente risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite prescrive alla comunità internazionale di interagire con tutte le parti interessate legittime nel processo di pace in Afghanistan. Questo include i Talebani, che pur essendo ancora designati dalla Russia come un gruppo terroristico, sono comunque pragmaticamente impegnati nell’interesse della pace e della sicurezza. Mosca sta quindi rispettando rigorosamente il diritto internazionale ed esercitando le sue responsabilità pertinenti.
I talebani e la rete di Navalny sono entrambi vietati in Russia, è qui che finiscono le somiglianze tra loro rispetto a come Mosca li considera. Il primo ha riconosciuto provocatoriamente l’autoproclamata “indipendenza” dei terroristi ceceni nel 2003 ed è stato successivamente bandito a causa della minaccia alla sicurezza nazionale che questa decisione rappresentava. Da allora i talebani non hanno più minacciato la Russia, ma si sono impegnati attivamente con essa da quando hanno preso il controllo dell’Afghanistan il mese scorso. Mosca considera anche il gruppo come un baluardo anti-ISIS.
Per quanto riguarda la rete di Navalny, essa rappresenta al giorno d’oggi obiettivamente una minaccia molto più pressante per gli interessi della sicurezza nazionale russa rispetto ai talebani, questi ultimi non hanno mai intrapreso operazioni al di fuori dell’Afghanistan né hanno mai avuto intenzione di farlo nonostante il loro passato sostegno politico ai terroristi ceceni. Questo fronte per delega degli interessi occidentali mira a realizzare una rivoluzione colorata nel paese, in mancanza della quale aspira a provocare pretesti per ulteriori sanzioni straniere contro il loro paese che potrebbero peggiorare il tenore di vita dei loro “compagni” russi.
La Russia non ha alcun obbligo legale di trattare agenti stranieri oggettivamente designati come tali dal proprio legittimo governo. Non c’è nessun argomento pragmatico per impegnarsi con loro a differenza dei Talebani, che sono i leader de facto dell’Afghanistan, combattono l’ISIS, e controlleranno la parte centrale della progettata ferrovia Pakistan-Afghanistan-Uzbekistan (PAKAUFZ) per collegare finalmente la Russia all’Oceano Indiano come mira a fare già da secoli. Se la Russia vuole la pace in Afghanistan, allora deve trattare con i talebani in qualche modo, punto e basta.
Se invece vuole la pace in patria, allora deve estirpare le reti per il regime change finanziate dall’estero e assicurarsi che non siano in grado di realizzare una rivoluzione colorata o di provocare il pretesto per ulteriori sanzioni contro il “loro” paese. La tempistica dell’ultimo attacco infowar dei liberali russi sostenuto dal governo degli Stati Uniti (RL/RFE) coincide con le elezioni legislative del prossimo fine settimana ed è quindi volto a influenzare il loro risultato, anche se le probabilità che ciò accada in modo significativo come risultato di questo schema di guerra ibrida sono estremamente basse.
Sia come sia, la signora Zakharova ha sentito che era finalmente il momento di sfatare questa narrazione armata, anche per il bene di alcuni ingenui osservatori che all’estero potrebbero essere stati ingannati. Per concludere, anche se i talebani e la rete di Navalny sono banditi da Mosca, i primo non rappresentano più alcuna minaccia pressante per la sicurezza nazionale della Russia e stanno effettivamente emergendo come una risorsa regionale anti-terrorismo verso cui il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approva l’impegno, mentre il secondo è una minaccia incipiente di regime change con cui la Russia non ha alcun obbligo di impegnarsi.