di Elena Basile
da il fatto quotidiano 30 agosto 2023
Il quindicesimo vertice dei Brics che si è concluso a Johannesburg è stato una svolta storica, risultato di un processo sviluppatosi nel corso di un ventennio tendente a legittimare il mondo multipolare, sempre più insofferente verso l’unipolarismo statunitense. Di fronte ai cambiamenti storici in corso, basati su parametri economici e culturali oggettivi, la comunità euroatlantica (coi suoi “cani da guardia”, per dirla con Serge Halimi), invece di modificare razionalmente la strategia, hanno aumentato la cecità e i luoghi comuni, immaginando di poter vincere la sfida con la politica dello struzzo e l’esibizione dei muscoli.
Leggiamo la dichiarazione di Johannesburg, una sorta di schiaffo morale all’ipocrisia occidentale. Divisa in sei sessioni, quasi cento articoli, essa ristabilisce noti principi delle Nazioni Unite rimasti inapplicati o apertamente contraddetti dal ventennio unipolare e dalla seconda guerra fredda, fino ai giorni nostri.
Le autocrazie del mondo si permettono di gettare in faccia ai “buoni” della Terra un appello al rispetto della democrazia, uguaglianza e giustizia, contro i doppi standard e le misure coercitive unilaterali, per una riforma profonda delle Nazioni Unite e del sistema economico internazionale, per un partenariato con il Sud globale che favorisca lo sviluppo sostenibile, la crescita, il libero commercio fondato su pari opportunità e regole giuste , anche e soprattutto per i prodotti agricoli, per le materie prime che devono essere protette da clausole di salvaguardia. Completano il quadro l’utilizzo di monete locali e la riforma delle quote del Fmi affinché includano il mercato emergente a cui va assicurata una maggiore leadership nelle Istituzioni di Bretton Woods. Il multilateralismo inclusivo viene celebrato contro le politiche delle cerchie ristrette del G7. Le prossime presidenze del G20 vedranno i Brics protagonisti: India, Brasile, Sudafrica. Il vertice Brics nel 2024 si svolgerà in Russia a Kazan.
L’ ingresso di sei nuovi membri dal 1° gennaio 2024 porta il gruppo a rappresentare il 36% del Pil mondiale, il 47% della popolazione, il 42% della produzione petrolifera e energetica. La membership è aperta all’unione Africana e a altri Stati del Sud globale: 23 Paesi sarebbero candidati. Non si conoscono ancora i criteri che presiedono all’adesione. Non si ha ancora una lista dei futuri allargamenti.
Appare innegabile che contro la pax neo-liberale, che ha reso impotenti le Organizzazioni internazionali come l’onu, trasformandole nella difesa degli interessi parziali del mondo sviluppato, un altro ordine si sta formando. Siamo ancora agli albori. La costruzione istituzionale è appena all’inizio. La de-dollarizzazione sarà graduale. Per ora aumenteranno tra i Brics gli scambi in moneta locale. Una nuova consapevolezza è nata. Dal punto di vista politico, il multilateralismo inclusivo si oppone all’ordine creato dall’“egemone benevolo”, come la dottrina liberale internazionale definisce gli Usa. Il messaggio dei Brics è bollato dai nostri imperturbabili analisti occidentali come retorica terzomondista di matrice cinese Pechino ha in effetti realizzato un successo innegabile. In seguito alla mediazione raggiunta, Iran e Arabia Saudita siedono oggi allo stesso tavolo. Il Medio Oriente guadagna in stabilità. La cooperazione economica con il Sud globale, la cooperazione politica e la stabilizzazione delle aree di crisi, il dialogo interculturale tra pari, in grado di abbandonare i dogmi neocoloniali di Borrell e dell’europa normativa e neo- liberista, sono pilastri del progetto ambizioso di Johannesburg. Nel testo della dichiarazione congiunta sono anche presenti la denuncia della situazione umanitaria nei territori palestinesi illegittimamente occupati e il sostegno alla soluzione dei due Stati. Sembrerebbe che le autocrazie recitino principi a noi cari, abbiano una visione piuttosto simile del nuovo mondo e appaiano essere dalla parte giusta della Storia.
A Johannesburg infine si è appoggiato l’ingresso nel Consiglio di Sicurezza Onu di India, Brasile e Sud Africa. Da anni la Farnesina si oppone all’ingresso di nuovi membri permanenti che ‘declasserebbe’ Roma e renderebbe poco democratico il CDS Onu. Numerose le acrobazie della strategia “United for Consensus” per rendere l’organo inclusivo con un sistema di rappresentanza a rotazione. Sembrerebbe, a un’analisi preliminare, che i Brics renderanno la nostra posizione sulla riforma del CDS più debole. I nodi vengono al pettine. Il nuovo mondo sosterrà l’esigenza di un direttorio che meglio rispecchi gli odierni rapporti di forza. La stabilità internazionale dipenderà dai compromessi che le principali potenze potranno attuare nel CDS. Un’ottica realista potrà concepire contrappesi per un potere meglio redistribuito tra Assemblea e CDS. Una prospettiva non eccitante, è vero, ma forse migliore dell’inerzia in cui è caduta la “United Nothing”.
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