
di Maria Morigi
“L’India dà il benvenuto a tutti i delegati al G20. Abbiamo bisogno di un approccio umano-centrico verso ogni sfida”, così il primo ministro Narendra Modi apre i lavori del summit a New Delhi. Macrotemi delle 3 sessioni su cui si confronteranno i leader mondiali: One Earth, One Family, One Future. Peccato manchino Vladimir e Xi a sostenere questa unità di intenti ed obiettivi.
L’ospite India del boom economico riceve attenzione dal business globale. Se nel 1993 il PIL indiano rappresentava solo l’1% di quello globale, da allora si è innescato un trend di crescita che ha avuto picchi dopo la prima elezione di Narendra Modi nel 2014. Oggi l’economia indiana rappresenta il 3,6% del PIL globale, e secondo FMI nel 2028 raggiungerà il 4,2% superando Giappone e Germania (notizie di giugno 2023). Per Goldman Sachs, il PIL dell’India supererà presto quello della zona euro sulla base di un tasso di crescita stimato al 5,8% nei prossimi cinque anni e al 4,6% negli anni Trenta.
Ripercorrendo la carriera di Narendra Modi e del suo partito Bharatiya Janata Party, non sfugge la corsa verso l’aziendalizzazione, la privatizzazione e la progressiva centralizzazione del potere. Fin dal 2014 tutto ciò è avvenuto tramite una serie di ordinanze, come il disegno di legge che ha ridotto il ruolo della magistratura aumentando il controllo sulla nomina dei giudici, l’abolizione della “Commissione di pianificazione” (ente statale per le misure di giustizia sociale istituito dopo la liberalizzazione degli anni ’90), o la caccia alle streghe contro organizzazioni non governative straniere e indiane accusate di frenare la crescita economica. Sono state promulgate anche Leggi contro la sedizione e il terrorismo per colpire chi criticava il governo, cosa che ha richiamato le odiose repressioni di Indira Gandhi.
Inoltre con il sostegno del governo sono aumentate le attività di organizzazioni nazionaliste indù – tra cui spicca Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS)i – promotrice di un programma di conversione religiosa indù, di una campagna contro la pratica islamica detta del “Love Jihad “ii e di ripetuti tentativi di celebrare Nathuram Godse, l’assassino del Mahatma Gandhi.
Negli ultimi anni si sono viste massicce proteste popolari contro il governo. Nel 2019 da parte dei musulmani fu contestato un provvedimento che prevedeva l’ottenimento della cittadinanza per i rifugiati di sei confessioni religiose proveniente dai Paesi confinanti con l’India, ma escludeva i musulmani. Alla fine del 2021, 15 mesi di proteste dei contadini convinsero Modi a ritirare la riforma agraria di deregolamentazione dei mercati agricoli. La riforma governativa in realtà imponeva il controllo da parte delle grandi aziende multinazionali sull’agricoltura e consentiva lo sfruttamento dei contadini. Da parte loro gli agricoltori chiedevano garanzie sul prezzo minimo di acquisto dei loro raccolti e protezione dalle fluttuazioni del mercato. Il governo sospese internet e servizi telefonici, minacciò i giornalisti e promise di istituire un comitato misto per garantire i prezzi minimi per i prodotti agricoli. Dopo un niente di fatto per un anno, a metà agosto 2022 dilagò di nuovo la protesta: migliaia di contadini manifestarono a New Delhi contro le promesse non mantenute dal governo.
Sempre nel 2022 in tutta l’India chiuse le scuole, sospeso Internet, congelati traffico ferroviario e trasporto pubblico a causa delle proteste contro Agnipath, il programma governativo per l’ammissione volontaria nell’esercito (cioè i giovani che avevano appena concluso gli anni di formazione potevano godere di una corsia preferenziale, scavalcando coloro che avevano maturato diritti). Migliaia di giovani hanno preso d’assalto stazioni, dato alle fiamme treni e si sono scontrati con la Polizia. Dal maggio 2023, altre tensioni etniche hanno provocato violenti scontri a Manipur, quando immigrati dal Myanmar sono stati espulsi dalle riserve forestali di proprietà statale. Dopo un mese di violenze, i risultati sono di un centinaio di persone uccise e più di 36.000 respinte.
Questi esempi dimostrano – in politica interna – le difficoltà del premier che si avvale di un approccio autoritario, accentratore e decisionista, senza confrontarsi con l’opposizione e le parti sociali. Un quadro di regressione democratica ed erosione dei diritti, in cui il potere statale è usato per intimidire e soffocare le critiche, minando la libertà di espressione e concentrandosi sulle priorità nazionalistiche indù piuttosto che sullo sviluppo delle varie componenti sociali. È così che si sono rafforzati i legami tra il BJP e il Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS) che ha fornito supporto organizzativo alle campagne elettorali del BJP, ricambiato dalla nomina di affiliati RSS a posizioni governative di rilievo.
Detto quello che poco piace della politica interna di Modi, ci sarebbe da dire molto sulle sue ambiguità e continui cambiamenti di rotta e alleanza in politica estera. Tutti aspetti che lo vedono nel contempo membro fondatore dei BRICS e dal 2017 membro della SCO, ma anche partecipe della “Santa Alleanza” con USA, Australia e Giappone Quadrilateral Security Dialogue (QUAD), dunque in instabile e mutevole equilibrio (strategico?) tra Cina, Russia, Paesi centrasiatici, Vicino Oriente e USA.
Passando al G20, non mi esprimerò sui proclami di politica mondiale (in verità molto generici, se non del tutto inefficaci), mi riferirò all’accoglienza, perché l’ operazione di facciata per ripulire New Delhi in attesa dei delegati del summit, mi è sembrata un rituale da massacro. Insediamenti di senzatetto sgomberati con blitz notturni, migliaia di abitazioni precarie demolite, almeno 25 baraccopoli rasate al suolo e rimosse assieme alla spazzatura, i venditori di strada impediti ad allestire le loro bancarelle, quasi 300.000 persone forzate ad abbandonare le aree dove vivevano e centinaia di luoghi – dove i senzatetto trovano rifugio di notte – trasformati in parchi…
Il governo non ha fornito alternative. Con l’operazione -pare costata 120 milioni di dollari- potenti lampioni illuminano i marciapiedi ripuliti, i muri lungo le vie principali sono ricoperti di murales, vasi bianchi con piante fiorite sono allineati ovunque. Le autorità giustificano gli sgomberi in quanto insediamenti illegali promettendo una nuova collocazione per le comunità coinvolte. Ma in India tutti sanno che le promesse governative sono puntualmente disattese e si tratta solo di aspettare che tutto torni come prima.
Questa è l’India di Modi, the shining star, a gennaio 2023 acclamata al World Economic Forum di Davos.
Io però preferisco la precedente versione dell’India, dove i poveri e i mendicanti almeno sono rispettati e la povertà reale del Paese non viene negata o nascosta. E comunque nella democrazia più grande del mondo, l’India, non si è mai visto un progetto governativo di eradicazione della povertà come invece successo in Cina(con buona pace di Rampini).
Note:
i Il Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS) “Comunità dei volontari nazionali” è di destra, nazionalista indù e paramilitare, capostipite di una piattaforma di gruppi affiliati chiamato Sangh Parivar (“famiglia Sangh”), presente in tutti gli aspetti della società indiana e considerata “madre” del Bharatiya Janata Party , il partito politico di Narendra Modi. Fondata il 27 settembre 1925 e ispirata a movimenti fascisti europei (tra i leader troviamo ammiratori di Mussolini e Hitler)per instillare la “disciplina indù” ovvero l’ideologia dell’Hindutva tesa a rafforzare il nazionalismo della comunità indù e stabilire una Hindu Rashtra (nazione indù). Durante il periodo coloniale, RSS collaborò con il Raj britannico. Dopo l’indipendenza, divenne una organizzazione ombrello nazionalista fondando scuole, enti di beneficenza e assistenza. Fu bandita nel 1948 quando Nathuram Godse, ex membro RSS, assassinò il Mahatma Gandhi; poi durante i 21 mesi dell’Emergenza proclamata da Indira Gandhi (1975–1977) e dopo la demolizione di Babri Masjid nel 1992 (incidente di Ayodhya).
ii Letteralmente “jihad dell’amore” attività di conversione nelle regioni Kerala e Karnataka che consisterebbe nell’avvicinare giovani ragazze, specie universitarie non musulmane, facendole innamorare e attraverso il matrimonio forzandole alla conversione all’Islam. Forse è una teoria del complotto o forse una leggenda metropolitana, tuttavia rivela la preoccupazione dell’India in relazione all’islamizzazione di alcuni territori confinanti con paesi musulmani.
Unisciti al nostro canale telegram