di Fausto Sorini, Direzione nazionale PdCI, sezione esteri
Il risultato numerico e politico è netto. La CDU-CSU della signora Merkel stravince le elezioni tedesche col 41,5% (+7,7%). Conquista 311 seggi e sfiora la maggioranza assoluta (316). E’ il suo miglior risultato negli ultimi 23 anni.
Vedremo nei prossimi giorni se essa punterà ad un governo monocolore, che volta a volta ricerchi in Parlamento i quattro voti mancanti per prevalere; o su un alleanza coi Verdi (divenuti in Germania un partito sempre più spostato al centro); o se punterà sulla Grande coalizione, come nella legislatura 2005-2009, ma con una SPD oggi in posizione nettamente più indebolita e subalterna che in passato.
Stante le posizioni e le collocazioni strategiche della SPD e dei Verdi, l’ipotesi di una maggioranza di governo di questi partiti con la Linke, che pure sarebbe teoricamente possibile, esiste solo nelle illusioni di chi non vuol fare i conti con l’attuale collocazione strategica della grande maggioranza della socialdemocrazia europea, dalla SPD al PD, passando per il PS francese e il pessimo Hollande. A meno di una radicale capitolazione politica e programmatica della Linke, che non viene auspicata neppure dai suoi settori più moderati.
Gli alleati di centro-destra del governo uscente della Merkel, i liberali della FDP, ottengono il 4,8%, crollano (-9,8%) rispetto alle elezioni precedenti, soprattutto in direzione della DC tedesca, e non superando lo sbarramento (antidemocratico) del 5% non entrano in Parlamento.
Il nuovo partito (Alternativa per la Germania) che chiede l’uscita dall’euro e il ritorno al Marco tedesco ottiene il 4,7%: un risultato comunque significativo essendo un partito che si presentava per la prima volta sulla scena. Ma non supera la soglia del 5% e non entra in Parlamento.
Il successo della signora Merkel rafforzerà l’egemonia della sua linea di “austerità anti-sociale” e di “rigore finanziario” a senso unico nella politica economica dell’Ue; e ciò avrà ripercussioni negative sulle politiche economiche dei Paesi Ue più in crisi, come Portogallo, Italia, Grecia, Spagna (i cosiddetti PIGS).
Più complessa e articolata dovrà essere l’analisi dell’evoluzione della politica estera, sempre e comunque atlantica, ma in cui la Germania – da diversi anni – si è differenziata da altri paesi chiave della Nato in Europa (Gran Bretagna, Francia, Italia) e dagli Usa per una politica meno aggressiva sul piano militare, come ad esempio nel caso della guerra alla Libia e della guerra alla Siria: vicende belliche in cui la Germania ha tenuto un basso profilo, anche al fine, probabilmente, di non compromettere oltre misura le sue relazioni economiche con Russia e Cina, che vanno bene e sono in crescita (ancorchè poco gradite agli Usa).
I Verdi ottengono l’8,4% (-2,3%) e 63 seggi (-5). Pagano il loro basso profilo, il loro moderatismo, e probabilmente anche un atteggiamento di sostanziale fiancheggiamento delle tentazioni belliche nei confronti della Siria.
Si sgonfiano i Pirati (2,2%), mentre raccolgono un risultato comunque preoccupante i neonazisti della NPD (1,3%).
La SPD, dopo il crollo che aveva subito con la politica di Grande coalizione, si colloca al 25,7% (192 seggi) e recupera un modesto +2,7% (+ 46 seggi), con una politica che non si è gran che differenziata da quella della Merkel: entrambe sostanzialmente allineate sugli interessi del capitalismo tedesco nella competizione economica internazionale, con ampi margini di consenso interno nei ceti medio-alti, ma anche in larghi settori popolari e operai integrati.
In nessun momento della campagna elettorale la SPD ha saputo (voluto) realmente differenziarsi dalle proposte della Merkel, né in politica interna ( del resto non va dimenticato che la deflazione salariale tedesca e la precarizzazione massiccia dei rapporti di lavoro in Germania reca la firma del cancelliere socialdemocratico Schröder), né sul piano delle politiche Ue.
Come già negli anni scorsi, e come confermato anche dal caso francese o italiano, la socialdemocrazia europea si predispone a gestire la crisi capitalistica fiancheggiando una destra pericolosa che ha responsabilità gravissime sulla situazione in Europa. E come quasi sempre avviene in questi casi, l’originale appare più credibile e convincente della sua sbiadita fotocopia.
La SPD recupera per lo più a danno della Linke, che ottiene un ragguardevole 8,6%, benchè inferiore (-3,3%) rispetto all’11.9% del 2009, in cui raggiunse il suo massimo storico beneficiando del maggiore spazio politico apertosi a sinistra con l’ingresso della SPD nella Grande coalizione.
La Linke riesce comunque ad ottenere un buon risultato (64 seggi parlamentari: -12 rispetto alla legislatura precedente), se si considera che i sondaggi dell’ultimo anno e una diffusa propaganda ostile da parte dei media ne segnalavano una preoccupante e più consistente flessione.
Questo risultato premia la sua ferma opposizione tanto alle politiche antisociali del governo CDU/FDP, quanto alla politica europea del governo Merkel (che ha però sempre raccolto il voto in parlamento anche di SPD e Verdi), fondata su diktat ai paesi in crisi e rivolta ad esportare in tutta Europa la deflazione salariale tedesca; quanto, infine, alle ultime guerre e al tentativo di aggressione alla Siria degli ultimi mesi.
Nonostante la diversità storico-politica dei contesti e una serie di differenze strategiche e ideologiche che distinguono il nostro progetto di ricostruzione autonoma di un partito comunista da quello della Linke (oggi architrave del partito della Sinistra Europea), sarebbe sbagliato e settario sottovalutare il fatto che nel più importante Paese dell’Ue, in una delle maggiori potenze imperialiste del mondo, si confermi l’esistenza non testimoniale di uno spazio politico progressista, in cui la prevalenza di orientamenti socialdemocratici di sinistra convive con alcune componenti comuniste ed altre comunque più marcatamente anti-sistemiche; l’esistenza cioè di una sinistra comunque critica del capitalismo, fortemente avversa al neo-liberismo, che si oppone alla guerra…
C’è invece da apprezzare il fatto che nel cuore dell’imperialismo tedesco ed europeo, con larghi strati di lavoratori che hanno le condizioni migliori dell’area euro, un partito di sinistra alternativo sia alla destra che alla SPD e ai Verdi, ottenga questa risultato.
Giustamente si è scritto che “i soli numeri non rappresentano con chiarezza questo fatto, che invece è enorme: mentre si producono (in verità esistono da un secolo) nuovi fenomeni di aristocrazia operaia alimentata dallo sciovinismo monetario della Merkel, una parte consistente dell’elettorato non si fa incantare e contribuisce alla tenuta di una opposizione di sinistra”, come del resto avviene in molti altri Paesi Ue, dove essa oggi si attesta sul 10%, con punte e prospettive anche assai più elevate in Grecia, in Portogallo, a Cipro..
Alle compagne e ai compagni della Linke vanno dunque le congratulazioni e gli auguri fraterni dei comunisti italiani per questo risultato e per le battaglie che ci attendono, nella comune prospettiva della costruzione di nuovi e più avanzati equilibri a livello europeo e mondiale.
Più in generale il risultato delle elezioni tedesche induce a riflettere – senza paraventi autoconsolatori – sull’orientamento complessivo di autoconservazione sociale corporativa, di fronte alla crisi del sistema capitalistico mondiale, della maggioranza delle classi medie e medio-alte (anche di strati di lavoratori): in Germania, ma anche in buona parte dei paesi che formano il cuore del sistema capitalistico e imperialistico mondiale. E i pericoli che ciò porta con sé, anche in termini di stabilizzazione di orientamenti conservatori o reazionari di massa, e di indifferenza di questi popoli al tema della pace e della guerra, quando essa non li coinvolge direttamente, non provoca morti in patria, e si riversa su popoli e Paesi di altre regioni del mondo.
Si tratta di dinamiche che, ad esempio in Italia, tragicamente, spiegano il persistente consenso sociale di Berlusconi ed il crescente spostamento centrista e moderato del PD, che su sollecitazione del grande regista strategico, il presidente Napolitano, si è mosso e si muove nella logica della Grande coalizione di sistema.
In questa situazione, anche in Italia, il primo compito dei comunisti e dei progressisti è quello di unirsi, anche per non scomparire, e di lavorare insieme per una controffensiva sociale e politica di lotta che – dall’opposizione – riorganizzi e rappresenti gli interessi della classi più subalterne e colpite dalla crisi. Non sarà facile, e si tratterà di un lavoro di lunga lena. Cominciamo almeno a fare i primi passi nella direzione giusta.