Il problema non è la finanza

di Vladimiro Giacché | da il Fatto Quotidiano

 

crisi-economica-w300Se oggi si facesse un sondaggio sulle cause della crisi, ben pochi citerebbero obbligazioni strutturate, prodotti derivati, inefficacia del risk-management e simili. Questo perché molte delle cause presunte che hanno riempito i giornali all’inizio della crisi sono poi scomparse dal proscenio, per essere riassunte in una categoria interpretativa più generale: la “finanza “, o – detto in altri termini – la “finanziarizzazione dell’economia”. E la spiegazione prevalente della crisi è diventata questa: “Si tratta di una crisi finanziaria che ha contagiato l’economia reale”.

 

Questa metafora rappresenta tuttora la più popolare chiave di lettura della crisi. Purtroppo è sbagliata. Per diversi motivi. A cominciare dal fatto che la sequenza temporale che suggerisce (prima la crisi finanziaria, poi la crisi economica) è rovesciata rispetto a quella reale. Infatti a livello finanziario i primi problemi si manifestarono nel 2007 in relazione ad alcuni prodotti finanziari legati ai mutui subprime americani. Si trattava di mutui ad alto rischio concessi a cittadini americani con redditi bassi. Spesso il mutuo bancario copriva il 100% del valore dell’immobile (o addirittura di più), in cambio di interessi più elevati sul credito concesso. Tutta l’operazione si basava sul presupposto che il prezzo degli immobili, in forte crescita da anni (tra il 2000 e il 2005 sia i prezzi delle case che l’ammontare dei mutui contratti dalle famiglie americane raddoppiarono), avrebbe continuato a salire. In questo modo il valore degli immobili acquistati sarebbe aumentato, permettendo ai loro proprietari sia di rivendere le case realizzando un profitto, sia di accendere ulteriori ipoteche sull’im – mobile con cui pagare il credito acceso con la banca o magari finanziare il credito al consumo. Ma a un certo punto il prezzo degli immobili cominciò a scendere.

 

L’inversione di direzione del mercato immobiliare negli Stati Uniti era già chiara all’inizio del 2006, cioè oltre un anno prima dell’inizio della crisi finanziaria. Non solo: una ricerca pubblicata dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico nell’aprile 2009 ha evidenziato come il settore delle costruzioni Usa fosse in affanno già da due-quattro anni, precisamente a causa di “un problema di eccesso di offer ta”. Per un certo periodo – così si legge nella ricerca – è sembrato che “una forte spinta alla domanda attraverso un’estensione delle facilitazioni creditizie avrebbe potuto compensare i problemi dal lato dell’offerta. Ma alla fine si è dovuto pagare pegno all’economia reale”. In prima linea, tra le “fa – cilitazioni creditizie”, ci sono per l’appunto i mutui subprime, che in pochi anni passano dal 10% dei nuovi mutui (periodo 1998-2003) al 40% nel 2006. Credito e finanza servono quindi a “spingere ” la domanda di case, che cominciava a essere in affanno e non riusciva più a coprire l’offerta. Ma siccome la cosa non può durare all’infinito, il meccanismo a un certo punto si inceppa. La conclusione che i ricercatori dell’Ocse traggono dalla loro analisi è ovviamente espressa in termini diplomatici: “rispetto all’assunto che il deterioramento dell’economia reale sia stato semplicemente causato dalla crisi finanziaria, i dati danno sostegno a una relazione più complessa” (Oecd 2009). Detto in termini meno diplomatici: non è la crisi finanziaria ad avere contagiato l’economia reale, è vero il contrario. I problemi manifestatisi nel settore immobiliare degli Stati Uniti, ossia nell’economia reale, hanno fatto crollare il valore dei titoli finanziari costruiti attorno ai mutui subprime.