di João Pimenta Lopes | da www.avante.pt
Traduzione di Marx21.it
Da poche settimane è stato costituito, per iniziativa del “Fronte Nazionale” di Marine Le Pen, il gruppo politico di estrema destra auto-denominatosi “L’Europa delle nazioni e delle libertà”. Tale fatto è un evidente segnale delle profonde contraddizioni del processo di integrazione capitalista europeo che oggi si formalizza nelle vesti dell’Unione Europea, tante volte presentata come un autentico paladino della democrazia, dei diritti fondamentali, delle libertà, ma la cui praxis si rivela, sistematicamente e trasversalmente, contraria ai principi che si afferma di condividere.
La costituzione di quel gruppo potrebbe essere perfettamente un atto di una tragicommedia se non fosse per il fatto che è l’espressione ben concreta dell’avanzata delle forze populiste e di estrema destra nel continente europeo.
Un’avanzata che si manifesta, evidentemente, in conseguenza delle politiche capitaliste che l’Unione Europea impone agli stati-membri, attraverso politiche macroeconomiche di asfissia, impoverimento e regressione, che privano il legittimo diritto dei popoli a scegliere, liberamente, democraticamente e in modo sovrano, la strada per lo sviluppo dei propri paesi. Un’avanzata che, essendo espressione e conseguenza dell’evoluzione del sistema capitalista emerge, ancora una volta nella storia, come la risposta di “forza” delle classi dominanti che possa assicurare il loro dominio in tempi di crisi, ed anche la sopravvivenza del sistema dominante, quando si siano esaurite le possibilità di garantirla in un quadro di tradizionale alternanza tra la destra e la socialdemocrazia.
La situazione in Ucraina
Il Parlamento Europeo ha collaborato attivamente nella glorificazione dei movimenti di estrema destra che hanno preso d’assalto il potere in Ucraina. Al pari della difesa di un’Europa sempre più securitaria e bellicista, indifferente a coloro che muoiono nel Mediterraneo nelle migrazioni che hanno anche il timbro dell’UE; e della demonizzazione di processi democratici (come quello venezuelano), la situazione in Ucraina è stata uno dei temi favoriti dalla maggioranza nel Parlamento Europeo.
In questo Parlamento, che tante volte viene definito come “casa della democrazia europea”, i più disattenti potrebbero pensare che l’attenzione si concentri nella critica, nella denuncia e nel ripudio della gravissima situazione dell’Ucraina, del consolidamento di un regime totalitario di indole fascista. Questi incauti potrebbero anche pensare che nel Parlamento Europeo sia denunciato l’appoggio finanziario dell’Unione Europea e degli Stati Uniti alle “riforme strutturali” (privatizzazioni) e al “rafforzamento della democrazia” (criminalizzazione del comunismo) o al rinnovamento delle infrastrutture militari. Potrebbero ancora anche pensare che lì si denunciasse, nell’anno che celebra i 70 anni della vittoria sul nazi-fascismo, l’addestramento di battaglioni mercenari nazi-fascisti, come il Battaglione Azov, da parte di forza militari nordamericane, le persecuzioni e gli assassini di antifascisti definiti “militanti filo-russi”, o l’assalto e la distruzione di sedi del Partito Comunista Ucraino.
Ma coloro che la pensano così si ingannano profondamente. La maggioranza di questo Parlamento “democratico” non è per nulla preoccupata, ma al contrario, per fatti come la promulgazione di leggi che, approvate lo scorso mese di maggio da un Parlamento composto da forze golpiste, criminalizzano l’ideologia e i simboli comunisti, impedendo l’attività del Partito Comunista di Ucraina e anche di altre forze democratiche e antifasciste ucraine. Al “democratico” Parlamento Europeo non imbarazza la presenza di forze fasciste nel governo ucraino e la repressione delle libertà democratiche.
Al Parlamento Europeo importa prima di tutto proseguire, attraverso innumerevoli eventi, risoluzioni e provocazioni, nella falsificazione storica dei fatti che hanno condotto alla costituzione del regime autoritario ucraino, che cerca di imporre con la forza alle regioni dell’Est del paese l’egemonia del suo potere politico e nazionale, approccio unilaterale che corrisponde agli interessi e alle aspirazioni degli USA, della NATO e dell’UE nella colonizzazione economica e politica dell’Ucraina e alla loro strategia di accerchiamento e confronto con la Federazione Russa.
Le relazioni con la Russia sono un altro tema di “moda” nelle istituzioni dell’UE, che ha assunto una presenza trasversale in praticamente tutti i campi di discussione politica e che conferma come la posizione di confronto con la Russia sia stata inasprita dall’UE, allineata con gli interessi geostrategici della NATO e degli USA. Sono innumerevoli i documenti in cui è consacrata la logica dello scontro e della rottura delle relazioni tra l’UE e la Russia, e in cui si fa uso di argomentazioni che responsabilizzano unilateralmente la Russia per il conflitto che si vive in Ucraina.
Si tratta di un’evidente politica di accerchiamento e di offensiva bellicista, con la dislocazione e la concentrazione di imponenti mezzi militari della NATO sul terreno, giustificata dalla guerra economica per la disputa delle zone di influenza, in cui gli interessi del direttorio, non senza contraddizioni, sempre prevalgono sugli interessi nazionali. Ma la politica di dominio neocoloniale, militarista, e di confronto, e di mancanza di rispetto per i più elementari diritti dei popoli, come è ben evidente fuori e dentro le frontiere dell’UE, non è segnale della forza, ma della debolezza di un processo di integrazione capitalista che si colloca sempre di più agli antipodi dei diritti, delle aspirazioni e della volontà dei popoli e che per questo è condannato, per quante siano le esaltazioni assassine in cui si cimenti…