Le maggioranze in Europa e i diritti delle donne

di Inês Zuber, parlamentare europea del Partito Comunista Portoghese

da www.avante.pt | Traduzione di Marx21.it

Sono state recentemente approvate, al Parlamento Europeo, due importanti relazioni sulle questioni dell’uguaglianza. La prima, la relazione Tarabella, sull’evoluzione dell’uguaglianza tra uomini e donne nel 2013. La seconda, la relazione Noichl, sulla strategia dell’UE per l’uguaglianza tra uomini e donne post 2015. Entrambe sono imbevute, in generale, di buoni principi. Non potevamo che votare favorevolmente.

Questi testi criticano con veemenza il fatto che, nell’UE, persiste una differenza salariale di circa il 16 per cento e una differenza nelle pensioni del 39 per cento tra uomini e donne; si mostrano preoccupate del fatto che il tasso di occupazione delle donne sia del 63 per cento; criticano la diminuzione del tasso di natalità, indicando eufemisticamente la “crisi” come il principale colpevole dell’aumento della disoccupazione e della precarietà originate.

Sono incisive nel criticare l’assenza di servizi per l’accoglimento dei bambini e per l’assistenza alle persone anziane e a persone che necessitano di cure speciali. Sebbene il testo originale non parli dei servizi pubblici, ma di servizi in generale, sono stati accettati, nella relazione Tarabella, nostri emendamenti che difendono l’aumento della rete pubblica degli asili per l’infanzia, delle mense e dei servizi pubblici di attività parascolastiche per i bambini. Comunque nella relazione si parla della difesa di un “piano generale per l’investimento in infrastrutture sociali”, il che sembrerebbe positivo, se non fosse per il fatto che si nasconda che i servizi pubblici sono quotidianamente distrutti e privatizzati dalle politiche dell’UE e dei vari governi nazionali, come quello portoghese.

Ma i testi si spingono anche oltre nelle critiche, a nostro parere fondate, alle politiche dominanti. Considerano deplorevole che gli stanziamenti delle politiche sociali per la riduzione della povertà abbiano registrato un abbassamento del 50 per cento, nel 2012, rispetto al 2005 e, di conseguenza, invitano gli stati membri al rafforzamento delle politiche sociali che si rivolgono, in particolare, ai disoccupati, per bloccare l’aumento della povertà, specialmente tra le donne.

La relazione Tarabella, approvata dal Parlamento Europeo, ha anche ritenuto che “le politiche di consolidamento del bilancio applicate dagli stati membri colpiscono soprattutto il settore pubblico, dove le donne sono più rappresentate e di cui sono le principali beneficiarie, con la conseguenza che sono doppiamente penalizzate” e che “queste politiche conducono ad un aumento degli impieghi precari, in particolare attraverso l’incremento dei contratti a tempo parziale, (32% per quanto si riferisce alle donne a fronte dell’8,2% che riguarda gli uomini), dei contratti a tempo determinato, per non parlare poi delle riduzioni di salario”.

E nelle due relazioni si parla anche del problema della flessibilità del lavoro, che colpisce soprattutto le donne, difendendo il rafforzamento e la protezione della contrattazione collettiva, “nella misura in cui aiuta a lottare contro la discriminazione e a salvaguardare e rafforzare i diritti”.

Come abbiamo già detto, non sarebbe stato possibile votare contro questi testi, perché molte delle loro proposte sono anche le nostre. Ma non sarebbe nemmeno possibile cessare di criticare l’ipocrisia presente nelle istituzioni europee, nei governi nazionali e nelle grandi famiglie politiche europee – la destra e la socialdemocrazia – nel mostrarsi d’accordo con questi principi quando i loro governi e i loro rappresentanti nella Commissione Europea impongono ai lavoratori e alle donne politiche che sono la loro quotidiana e più pura negazione. E anche quando proprio gli stessi deputati dei medesimi due grandi gruppi politici, nel votare testi sulla continuazione della “vigilanza” e “coordinamento delle politiche macroeconomiche” – volgarmente, contenimento del deficit e imposizione di politiche di bilancio, sociali ed economiche – stanno, in pratica, appoggiando più licenziamenti nel settore pubblico, più abbassamento salariale, più tagli nei servizi pubblici, più flessibilità e precarizzazione del lavoro.

La maggioranza nel Parlamento Europeo, e dei suoi partiti politici, sa che è fondamentale creare questa immagine di “poliziotto buono” – il PE – e di “poliziotto cattivo” – i governi nazionali e la Commissione Europea – per la conservazione del progetto di integrazione capitalista rappresentato dall’UE. Non sarebbe possibile ignorare le lotte sociali e le aspirazioni dei lavoratori, e che occorre dare una risposta teorica alla crescita delle ingiustizie sociali. Il Parlamento Europeo si presta a questo servizio e la maggioranza tenta di far dimenticare alla gente che la maggioranza dei governi e la maggioranza del collegio della Commissione Europea sono rappresentanti, esattamente, dei loro partiti. Per questo, non fa mai male ricordarlo.