Se l’autocritica, il riconoscimento dei propri errori, costituisce una buona fetta sul percorso del loro superamento, si può stare tranquilli: i liberali occidentali non ne usciranno mai; per loro, la colpa è sempre degli altri. La cosa si ripete in questi giorni a proposito della vittoria del Sì alla Brexit britannica.
Secondo l’ex ambasciatore USA a Mosca, Michael McFaul, il successo della Brexit è una vittoria di Putin: “Hanno perso tutti coloro che credono nei vantaggi di un’Europa forte, unita e democratica”, ha twittato il rappresentante della nazione “più democratica del mondo”. Ma anche negli altri paesi a “consolidata democrazia”, la maggior parte dei media e dei politici che si sono spesi nei commenti sulla Brexit non hanno resistito alla tentazione di tirare in ballo il nome di Vladimir Vladimirovič. Il Ministro degli esteri di Sua maestà, Philip Hammond, ieri aveva ironizzato: “Sospetto che questa mattina Vladimir Putin si sentirà sollevato e respirerà a pieni polmoni”. La russa RT, che ha condotto un breve excursus dei commenti occidentali, rileva come molti di questi, sottintendendo il tema Brexit, scrivano che “Se sosteniamo Vladimir Putin, significa che non andiamo nella direzione giusta”; oppure che il voto britannico è il risultato della campagna propagandistica nella quale il Cremlino è stato utilizzato per spaventare i fautori del “remain”.