di Enrico Vigna
Dopo una lunga seduta del Parlamento il governo di Belgrado, il 2 aprile, ha dichiarato di “non poter accettare le soluzioni proposte perché non garantiscono la sicurezza e i diritti umani dei serbi del Kosovo”.
Quattordici anni dopo la vittoria della coalizione militare più potente della storia, la NATO, aveva cercato attraverso l’Unione Europea di imporre alla Serbia, una nuova Rambouillet, un’ennesima capitolazione: la rinuncia definitiva di una parte del suo territorio, la regione del Kosovo, il cuore della sua storia e identità nazionale e spirituale. Dopo la “guerra umanitaria” del 1999, dopo la creazione dello stato fantoccio di “Kosova”, guidato dai terroristi dell’UCK, dopo l’installazione per 99 anni, della più grande base militare USA dai tempi del Vietnam: Camp Bondsteel in Kosovo, l’UE aveva posto l’ingiunzione dell’accettazione dello status quo del narcostato Kosovo albanese ( di fatto un protettorato NATO), come precondizione per entrare…in Europa.
L’accettazione che tutte le comunità serbe e non albanesi ( le enclavi) del Kosovo, accettassero l’autorità istituzionale del governo di Pristina; proposta serba di negoziare una forma di autonomia per tali comuni è stata respinta, chiedendo al contrario lo smantellamento completo di tutte le “strutture parallele” nel nord del Kosovo, che in qualche modo hanno permesso finora di proteggere e salvaguardare gli abitanti dalla pulizia etnica applicata nelle altre aree. “L’umiliazione della Serbia non può essere la soluzione per il Kosovo“, ha dichiarato I.Dacic, Primo Ministro serbo; ha inoltre detto che la leadership serba vuole continuare il dialogo con Pristina, ma non ci potrà mai essere un accordo per l’indipendenza del Kosovo, per questo, non potrà essere raggiunta facilmente un intesa.
La Serbia ha scelto il Kosovo: attraverso pressioni e ricatti, Dacic ha detto in un’intervista, “…ci offrivano soltanto una capitolazione“; Pristina rifiuta la concessione di una qualsiasi autonomia alle municipalità serbe del Nord, come per esempio la creazione di una polizia e di tribunali serbi nei comuni autonomi; a questo punto messa di fronte all’alternativa fra abbandonare del tutto la sua gente nel Kosovo o rinunciare alla prospettiva europea, la Serbia ha scelto di dire “no” a Bruxelles. Con questa risposta si apre una situazione del tutto nuova e complessa sotto molti punti di vista: C. Ashton, la rappresentante della politica estera della UE, aveva detto dopo l’ultimo incontro che la Ue non si sarebbe più occupata della vicenda Kosovo e dei negoziati cui si stava lavorando da più di due anni, riguardanti le dogane, la libera circolazione, i diritti civili e umani, le forniture elettriche, le telecomunicazioni. Ora bisognerà vedere se dopo il “no” della Serbia a pretese e pressioni ritenute inaccettabili , l’Unione europea deciderà di cambiare atteggiamento e costringere la leadership di Pristina ad accettare un negoziato equo e rispettoso degli interessi reciproci per non aprire una crisi foriera di gravissimi pericoli; Dacic ha dichiarato che: …è comunque intenzione della Serbia di continuare il dialogo per cercare di raggiungere una soluzione sostenibile e condivisa… con Pristina, ma non saranno mai d’accordo per l’indipendenza del Kosovo…”.
Certamente non sarà sufficiente il rifiuto di Belgrado a Bruxelles per non perdere il Kosovo, si aprono scenari di conflittualità da ambo le parti, lo dimostra il fatto che, in previsione di violenze le forze USA nel Kosovo hanno dispiegato la loro Brigata 525 che è specializzata in operazioni anti-sommossa; e le preoccupazioni da parte dei serbo kosovari sono che la NATO potrebbe cercare di sfruttare qualche “incidente”, come pretesto per occupare le zone settentrionali, con la partecipazione delle forze di sicurezza del Kosovo “indipendente ». Sono già previste nei prossimi giorni, manifestazioni degli albanesi kosovari a Mitrovica sud, che potrebbero essere utilizzate per causare un’esplosione generale e giustificare l’occupazione militare del nord del Kosovo. Così come non va mai dimenticata la delicata e difficile situazione delle enclavi situate nel sud del Kosovo, totalmente isolate e circondate dall’ostilità degli estremisti albanesi.
Scenari di gravi e dure conseguenze
A questo punto il governo del presidente Nikolic è quindi in una posizione molto delicata perché si trova realisticamente esposto ad una destabilizzazione, interna, attraverso le forze filo occidentali disgregatrici ed antinazionali ( sia politiche che i vari movimenti e ONG promossi e finanziati dall’ Occidente) ed esterna, attraverso i ricatti dell’isolamento diplomatico ed economico che i paesi occidentali sicuramente cercheranno di attuare ed imporre alla Serbia.
Come ha dichiarato a Belgrado Marko Djuric, consigliere per la politica estera del presidente serbo: “…il paese si trova in una posizione drammaticamente difficile…I cittadini devono sapere che ci troveremo ad affrontare gravi conseguenze, perché dall’altra parte non erano pronti per un compromesso onorevole…”. Dopo nove mesi di governo questa coalizione fondata sostanzialmente sulle forze del Partito Progressista Serbo ( nazionalismo moderato) e del Partito Socialista, ha gettato le basi per un rinnovamento della politica in Serbia, basato soprattutto su scelte di difesa dell’interesse nazionale in tutti i campi e la ricerca di nuovi prospettive per trovare una ripresa politica, economica, sociale e culturale per il popolo serbo. Le perplessità sono molte e addirittura fino al 2 aprile le comunità dei serbo kosovari erano molto scettiche ed anche dure verso Belgrado, temendo la svendita del Kosovo per“comprarsi” l’Europa. E’ chiaro che, alla luce di questa scelta forte e cruciale per le prospettive future a tutto campo, il governo serbo ha riacquistato ancora maggiore credibilità e fiducia nelle classi popolari della Serbia e del Kosovo Metohija. Secondo un sondaggio di marzo fatto da Belgrado Plus Faktor, il Partito progressista guidato da A. Vulic, sarebbe sostenuto dal 38,6 per cento degli elettori, se le elezioni si fossero svolte nel mese; mentre i Socialisti sarebbe al terzo posto, con il 13,6 per cento di sostegno; il Partito Democratico, il partito di opposizione filo occidentale, che ha perso le elezioni lo scorso anno ha attualmente un supporto del 14,8 per cento, secondo l’indagine, che aveva un margine di errore di 3 punti percentuali. Alla luce dei nuovi avvenimenti, sicuramente la popolarità della coalizione è cresciuta, in quanto in molti settori patriottici della società serba c’erano molte critiche ed attacchi proprio legati alla questione Kosovo.
Una conseguenziale svolta geostrategica e geopolitica
Il rifiuto dell’accettazione delle condizioni imposte, come anche dichiarato da M. Djuric, consigliere del governo, disegna scenari gravidi di incognite circa i passi che a livello internazionale, il blocco occidentale nel suo complesso intraprenderà. Nel frattempo, il “no” è stato fortemente sostenuto dalla Russia, vista la drammatica situazione economica e sociale in Serbia; il “no” potrebbe sembrare un suicidio poiché ora il governo serbo deve trovare altre sponde in termini di investimenti, accordi economici e scambi commerciali; oltrechè politiche, date le prevedibili ritorsioni e tentativi di isolamento della cosiddetta comunità internazionale occidentale, che verranno tentate.
Le vicende intorno alla questione del Kosovo hanno un‘importanza strategica per l’intera regione balcanica e non solo, oltre al destino futuro della stessa Serbia. Il nodo Kosovo va ben al di là della situazione specifica della provincia, delle sue risorse minerarie o energetiche, dei “diritti umani” dei kosovari albanesi, in gioco c’è la posizione geostrategica della’area ed il ruolo geopolitico futuro di essa. In realtà quest’area può diventare una carta strategica vincente e di primaria importanza, sia per la Russia che per la Cina, che potrebbero rientrare in gioco come area di influenza in questa regione, dopo esserne state estromesse, di fatto, nel 1999. Per esempio il progetto del futuro gasdotto South Stream che, se evitasse il pasaggio attraverso la Croazia, da un lato metterebbe in crisi i piani economici del governo croato e dell’UE, e nello stesso tempo sarebbe un rovesciamento politico di tutti i piani strategici nei Balcani, in quanto con questa mossa la Serbia avrebbe da una parte nuovi investimenti e possibilità di sviluppo economico ( di cui ha un bisogno disperato), e dall’altra non sarebbe più uniformata politicamente allo scacchiere occidentale e NATO.
Quasi come una conferma di questa lettura, pochi giorni dopo il “no” alle condizioni imposte nel negoziato da Bruxelles, il Primo Ministro serbo I. Dacic è volato a Mosca con una ampia delegazione per incontri e scambi di “opinione” sulla situazione e discutere di investimenti russi in Serbia. Il Primo Ministro russo Medvedev ed anche il Presidente Putin avevano pubblicamente dichiarato sia prima che dopo la decisione del governo serbo che avrebbero comunque sostenuto ogni decisione di Belgrado.
Il primo ministro della Serbia, Dacic nella sua prima dichiarazione a Mosca ha detto che: “…Senza la Russia abbiamo perso la battaglia e che la Serbia si trova in una situazione difficile, ed il sostegno russo è prezioso, poiché la Russia è il migliore amico del popolo serbo… Vi saluto nel nome del popolo serbo e di tutta la Serbia. Grazie per il vostro sostegno di principio intorno alla lotta per la salvaguardia del nostro territorio, il Kosovo…”, ha detto Dacic. Ha poi sottolineato che “…se la Russia fosse stata questa molto tempo fa ( ndt quattordici anni fa ) non avremmo perso la battaglia…” Ha anche detto che: “… ulteriori passi d’ora in poi sarebbero stati coordinati con Mosca..”.
Il premier serbo ha ringraziato la Russia per i grandi aiuti umanitari al Kosovo e ha aggiunto: “…
Abbiamo bisogno di aiutare la nostra gente in Kosovo per sopravvivere a questo periodo difficile. La proposta per risolvere la questione del Kosovo che ci hanno offerto non era giusta né equa. Dobbiamo pesare ogni mossa per non far diventare il diritto internazionale un giocattolo. Pertanto, abbiamo bisogno di un migliore coordinamento con Mosca…”
Dal canto suo V. Putin ha dichiarato: “…Siamo lieti che i rapporti sono molto buoni. ..Russia e Serbia hanno sempre avuto ottimi rapporti e sono vicini, sia spiritualmente che politicamente. Siamo lieti che l’intesa sia a tutti i livelli e sia molto buona… “. Ribadendo che: “… la Russia è il più grande investitore in Serbia, e abbiamo una grande quantità di progetti interessanti insieme….”. Aggiungendo che dopo il declino dello scorso anno dei rapporti commerciali, ora sono di nuovo in aumento.
Il Primo Ministro D. Medvedev ha dichiarato che: “… la Serbia è stata e continuerà ad essere un partner chiave della Russia, così come l’amicizia tra i due popoli che grandemente influenza le relazioni tra i nostri paesi…”. I due primi ministri hanno convenuto che gli scambi tra i due paesi devono essere aumentati, anche con i grandi progetti economici del settore energetico, e Dacic ha ringraziato la Federazione russa e ha deciso di contribuire a finanziare il costo di costruzione di “South Stream” che dovrebbe ora attraversare la Serbia, abbandonando il precedente percorso attraverso la Croazia . I leader di “Gazprom” e la Serbia hanno raggiunto un accordo, per il progetto in cui l’azienda statale russa investirà 1.700.000.000 di dollari per la costruzione del gasdotto “South Stream” per il tratto serbo.
Nell’accordo è anche stato stabilito il contenimento delle tariffe del gas in futuro, per ripagare i costi di costruzione che saranno sostenuti dalla Serbia, oltre a garantire i servizi di Gazprom per i clienti dell’Europa meridionale, tra cui la Serbia sarà inclusa . I lavori di costruzione sono previsti iniziare nel dicembre 2013. Gazprom ha anche confermato che la sua azienda, non indebiterà lo Stato serbo, essa coprirà i costi del progetto, avendo la Serbia ottenuto un prestito di 500.000.000 di dollari dopo l’incontro con Medvedev. La Serbia secondo l’accordo, fornirà il 30 per cento degli investimenti. La società russa finanzierà la costruzione e la Serbia avrà la sua quota di diritti da riscuotere per il transito del gas attraverso il paese. La Russia ha già accettato di fornire fino a 1,5 miliardi di metri cubi di gas l’anno per la Serbia entro 10 anni. Il gas sarà trasportato attraverso il percorso esistente e in futuro sarà trasportato attraverso il South Stream. Altri aspetti degli accordi stabiliti nella visita a Mosca sono: l’adozione dell’abolizione di tariffe doganali per le esportazioni verso la Russia di automobili, zucchero, formaggio e sigarette. Con la più grande Banca della Russia si è parlato di una linea di credito speciale per le imprese serbe di esportazione in Russia. E’ stato anche firmato un accordo per un prestito russo di mezzo miliardo di dollari per sostenere il bilancio della Serbia, con la prima tranche di 300 milioni da versare subito, l’altra dopo che la Serbia avrà concluso un accordo di stabilizzazione con l’FMI. Il prestito è concesso per 10 anni con un tasso di interesse del 3,5 per cento. Inoltre, altri accordi sono stati firmati nel settore dei trasporti ferroviari e nel settore militare.
Al suo ritorno a Belgrado il premier serbo Ivica Dacic ha detto che: “… c’è una nuova era nelle relazioni tra la Serbia e la Russia, aggiungendo che la Serbia non sarà più sola sulla scena internazionale quando si tratterà di Kosovo e Metohija (Kim)…Sono fiducioso che questo sarà di grande aiuto per contribuire a far capire loro (i leader dei paesi dell’Unione europea e degli Stati Uniti), che abbiamo qualcuno dietro di noi, perché mi sembrava che la Serbia sia stata sola sulla scena internazionale, circondata da paesi che sono, o membri della NATO o si stanno dirigendo verso la NATO e l’Unione europea “, ha detto Dacic alla Radio Televisione della Serbia. “…Il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro Dmitry Medvedev non hanno detto una parola circa l’eventualità che la Serbia dovesse dirigersi verso l’Unione Europea o meno. Continuano a dire che questa è una nostra scelta, ma questo non significa che dobbiamo dimenticare che la Russia è il nostro più grande e primo amico. Questa è la nostra politica ufficiale e questo è come intendiamo noi le relazioni di fiducia.. “ha concluso Dacic.
Ora non resta che aspettare l’evoluzione della situazione e mantenere alta l’informazione circa il Kosovo e la Solidarietà verso la resistenza all’arroganza e violenza delle autorità secessioniste e terroriste.
Aprile 2013 – Enrico Vigna, portavoce Forum Belgrado Italia