di Monika Karbovska
da collectif-communiste-polex.org
Tra i paesi dell’Unione Europea la Polonia è senza dubbio il “giardino preferito” dell’oligarchia neoliberista occidentale. Quello in cui la popolazione è la più sottomessa all’imperativo della concorrenza. Essa non si è ribellata in massa mentre tutti i paesi dell’Est, comprese la Bulgaria, la Bosnia e la Romania, dal 2010 al 2014 sono stati scossi da movimenti sociali tanto possenti quanto senza successo. Niente di simile è accaduto in Polonia dalla quale ogni parvenza di coscienza di classe sembra essere scomparsa.
Tuttavia, dopo otto anni di crisi, le contraddizioni del sistema capitalista hanno in qualche modo modificato i rapporti sociali e politici. Nel 2014 una parte dell’oligarchia compradora, che è al potere da 25 anni, ha avuto paura dell’ampiezza assunta dalla politica statunitense dei “cambi di regime” applicata in Ucraina e delle forti pressioni per fare la guerra alla Russia.
Anche il popolo polacco, in particolare la popolazione del Sud-Est, regione di frontiera con l’Ucraina, ha temuto l’eventualità di una guerra poiché la memoria dei massacri commessi dalle bande dell’Armata insurrezionale ucraina (UPA) durante la Seconda Guerra Mondiale rimane forte in queste regioni. In tali condizioni, il partito conservatore PIS (Diritto e Giustizia) ha vinto facilmente le elezioni presidenziali e legislative con un programma che propone di ristabilire relazioni corrette con il vicino russo, di annullare le dolorose contro-sanzioni e di porre fine al sostegno accordato ai nazionalisti ucraini. In due anni di potere i conservatori polacchi hanno condotto una politica di continuità con il capitalismo neoliberista ma sfumata da riforme che dimostrano che siamo entrati in una nuova era.
A prima vista la continuità sembra assoluta: la Polonia resta la pedina fondamentale della NATO ad Est, il che ha comportato il ritorno di soldati stranieri sul suo territorio. Sono state installate basi statunitensi che ospitano 4.000 soldati USA. L’esercito polacco è attivamente preparato per la guerra ma, paradossalmente, la violenta propaganda russofoba, che era stata scatenata al tempo di Donald Tusk, nei media pubblici è oggi meno virulenta. Secondo Jaroslaw Kaczynski, il leader del PIS, la Polonia potrebbe opporsi all’ingresso dell’Ucraina nell’UE “fintanto che gli eredi Bandera [1] saranno al potere”… Tale presa di posizione non mira solamente a rassicurare l’elettorato conservatore delle regioni del Sud-Est. Per i polacchi, ciò significa dare luce verde a quelli che avranno il coraggio di mettere ordine in un’Ucraina in decomposizione, al prezzo, se necessario, del ritorno al potere di un oligarca filo-russo.
Detto questo, la Polonia non si oppone all’agenda statunitense. Non ha né la volontà né la possibilità di rifiutare l’installazione di decine di migliaia di migranti ucraini per preservare Kiev dal rischio di esplosione sociale e di controllare la partecipazione dei polacchi alla guerra a fianco di Kiev attraverso milizie e aziende di sicurezza private statunitensi e polacche.
A metà tra sottomissione e resistenza il governo conservatore ha osato introdurre una nuova misura sociale che dispiace alle multinazionali occidentali. Si tratta dell’indennità familiare cosiddetta “500+”, la prima misura sociale dopo il 1989… Questa indennità è importante perché 500 zlotys rappresentano 120 euro in un paese in cui il salario minimo è di 300 euro. Vi hanno diritto tutte le famiglie con almeno due figli, comprese le madri nubili. Secondo le ultime notizie, le famiglie polacche si stanno agitando per ricevere questa manna che è loro assegnata sulla base di una semplice dichiarazione sul proprio onore, senza dovere nemmeno presentare un attestato di imposta o giustificare l’impiego di tale somma.
Il governo è quasi certo di ottenere il sostegno di gran parte della popolazione grazie a questa misura a cui si aggiungono l’abbassamento dell’età pensionabile che, elevata a 67 anni da Tusk, è stata riportata a 65 anni, la gratuità delle medicine per i pensionati e la promessa di mettere fine alle privatizzazioni degli alloggi nazionalizzati o costruiti dalla Polonia popolare e agli sgomberi. Di conseguenza, le manifestazioni antigovernative organizzate dai liberali in nome della “difesa della democrazia” riuniscono solo gli strati urbani che beneficiano della mondializzazione. Il popolo sostiene il governo. Quanto alla sinistra anticapitalista, può difficilmente contestare misure che ha a cuore e che richiede da 25 anni.
La società polacca si è risvegliata alla politica, tra le manifestazioni del tipo “Maydan” dei neoliberali e le dichiarazioni nazionaliste, e a volte anti-occidentali, di un governo sulla difensiva. Questa volta, la sorpresa è venuta dalla mobilitazione delle donne contro i conservatori che, per la quinta volta in 15 anni, hanno cercato di far introdurre la proibizione dell’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) nella Costituzione. Nell’ottobre 2016, non sono state più solo le solite militanti femministe a presentarsi davanti al Parlamento per protestare contro il progetto di legge che mira ad interdire definitivamente l’IVG. In tutta la Polonia, centinaia di migliaia di donne vestite di nero hanno osato gridare pubblicamente “Il nostro corpo ci appartiene”. Per la prima volta dopo la proibizione dell’IVG nel 1993, le polacche si sono apertamente e massicciamente indirizzate contro la politica anti-abortista della classe politica capitalista e hanno fatto ritirare un progetto che attenta alla loro libertà. I neoliberali di Tusk cercano ora di utilizzare la questione delle donne per rovesciare il governo – pur mantenendo, si intende, la proibizione dell’IVG – ma questa strategia rischia di sfuggirgli di mano se il movimento sociale delle donne guadagna in autonomia e radicalità.
In ogni caso, conservatori e neoliberali sono d’accordo nel reprimere l’opposizione, in particolare quella di sinistra. La propaganda anticomunista assume proporzioni allucinanti. Arriva a far passare per eroi nazionali i nazionalisti di “Narodowe Sily Zbrojne” (Gruppo Armato Nazionale). Oggi, nei media pubblici, nelle scuole, i membri di gruppuscoli fascisti che hanno imperversato nelle foreste durante e dopo la guerra, che hanno massacrato moltissimi ebrei, comunisti e abitanti dei villaggi favorevoli al regime della Polonia popolare, sono presentati come eroi romantici e come esempio, allo stesso modo di Pravy Sektor che, in Ucraina, trasforma in eroi nazionali i fascisti dell’Armata insurrezionale ucraina. In Polonia, è tutto l’apparato dello Stato che è messo al servizio di questo inquietante rovesciamento della storia che designa come “occupanti” i comunisti polacchi e cancella anche la tradizione di resistenza dell’Armata dell’Interno, AK. Monumenti dell’Armata Rossa, cimiteri compresi, sono distrutti malgrado le proteste ufficiali della Russia; le strade sono rinominate e proibiti i nomi persino dei militanti socialisti della Rivoluzione del 1905…
Tutta la memoria del movimento operaio polacco è cancellata dal paesaggio. E’ proibito parlare bene della Polonia popolare. Negli ultimi due anni, quattro militanti del Partito comunista polacco, il KPP, sono stati processati perché hanno pubblicato nel loro giornale articoli favorevoli alla Polonia popolare. Incolpati di “propaganda totalitaria”, rischiano nove mesi di prigione, e se non sono stati ancora incarcerati, è solo grazie alla solidarietà internazionale promossa dai comunisti francesi.
Citiamo per concludere il caso preoccupante di Mateusz Piskorski che, imprigionato da più di un anno senza processo e capi di imputazione, è senza dubbio il principale prigioniero politico della Repubblica polacca capitalista. Ex collaboratore del leader contadino Andrzej Lepper, misteriosamente “suicidato” nel 2011, Piskorski ha creato il partito sovranista “Zmiana” (Il Cambiamento) e ha organizzato numerosi manifestazioni contro le basi della NATO e le politiche di sostegno della Polonia a Kiev. Prelevato per strada un anno fa dagli uomini dell’ABW (l’agenzia polacca di intelligence), Piskorski è stato accusato di spionaggio a vantaggio della Russia senza alcuna prova e senza che ciò abbia smosso le associazioni dei diritti dell’uomo. Questa detenzione è un segnale forte indirizzato alla sinistra anticapitalista, che aveva, anch’essa, organizzato due manifestazioni contro le basi statunitensi, a Wroclaw nell’ambito del Forum Sociale Est-Europeo nel marzo 2016 e a Varsavia durante il Contro-Vertice della NATO in luglio. E’ un segnale chiaro del governo: “Voi sarete i prossimi della lista!”.
Ma questa repressione sta generando anche in Polonia un forte odio verso il sistema occidentale e ciò sarà senza dubbio testimoniato dall’emergere di una nuova radicalità in una gioventù umiliata, che comprenderà che la Storia si è rimessa in marcia e che i giovani possono nuovamente giocare il ruolo di attori e non più di vittime passive.