di Alessandro Mustillo*
da senzatregua.it
Pubblichiamo come contributo alla discussione dopo l’esito del referendum in Gran Bretagna
La parabola dell’Unione Europea ha imboccato la curva discendente. Quello che fino a pochi anni sembrava come un progetto stabile, indiscutibile, vedeva a sostegno un blocco dirigente compatto, oggi subisce i primi colpi della disgregazione. La storia dimostra ancora una volta che l’apparente staticità – quella che ci raccontano gli apparati ideologici delle classi dominanti – può essere rovesciata, travolta dai fenomeni che accadono al di sotto della superficie che agli occhi distratti appare immutabile, che modificano i rapporti di forza, rovesciando la direzione degli eventi. Negli ultimi dieci anni, dall’inizio della crisi ad oggi, il consenso alle politiche europee e all’idea stessa di Europa unita è andato progressivamente perdendosi, specialmente nelle classi popolari ed oggi il risultato del referendum britannico rende chiarissima questa tendenza, oltre le già notevoli avvisaglie elettorali avute in questi ultimi anni.
Insieme all’Europa si registra il fallimento della sinistra europeista, quella vasta (ultramaggioritaria) corrente di pensiero che in ottica di compromesso ha provato a dare all’Unione imperialista, tecnocratica, ultracapitalista della realtà, la visione di progressista di un sogno. Solo i comunisti negli anni ’50 ebbero la lucidità di opporsi in modo compatto al nascente mercato unico europeo, che vedeva il favore della socialdemocrazia.