Il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi

macronlepenIntervista a Robert Charvin

a cura di Alex Anfruns

da investigaction.net

Traduzione di Marx21.it

Continuiamo la nostra rassegna di riflessioni sulle elezioni presidenziali francesi, con questa intervista al professor Robert Charvin

Dopo un interminabile circo politico-mediatico, quattro candidati hanno ottenuto risultati molto simili, ma la legge ne conserva solo due per la “finale”. Questa “battaglia delle teste” è in parte artificiale: vengono presi in considerazione elementi che non hanno nulla a che vedere con i giochi sociali, economici e politici. Le elezioni presidenziali del 2017 più ancora delle precedenti sono una caricatura spettacolare della monarchia presidenziale di una V Repubblica nata da un colpo di Stato e la cui natura democratica è molto limitata.


Alex Anfruns: Le Pen e Macron sono passati al secondo turno con un risultato poco al di sopra di quello di Fillon e Melénchon. Quale impatto ciò potrà avere sulla capacità di governare del prossimo Presidente/a?

Robert Charvin: Chiunque sia il vincitore del secondo turno, l’incertezza regna per il futuro. Le elezioni legislative sono incerte. La destra “classica” e la socialdemocrazia sperano già di riprendersi dalla sconfitta. Ma la squadra “En Marche” che rende nuovo il vecchio (tutti gli opportunisti di destra e di sinistra si sono riuniti), esattamente come in Germania dove si sono associati la CDU e la SPD, dovrebbe sperimentare un certo successo se Macron sarà eletto presidente. E’ difficile contrastare le scelte del Médef e delle grandi imprese del CAC40!

Il FN di Le Pen e frazioni della destra cosiddetta “repubblicana” si sono unite: questo movimento è ancora limitato, perché prematuro. Il mondo degli affari dopo aver “saggiato” alternativamente la destra e la pseudo “sinistra”, ha scelto di sperimentare l’associazione delle due sotto la presidenza di un impiegato appartenente al proprio serraglio.

E’ nel caso di una nuova “delusione” che il grande padronato e le banche opterebbero per il neofascismo secondo una ben consolidata tradizione storica. Marine Le Pen e il FN quest’anno non sono serviti altro che a giustificare il voto “utile”, vale a dire il voto imposto per “dovere morale” a favore della destra “rispettabile” alla moda del giorno. Al momento, il rischio è che la bionda “utile idiota” scombini il gioco, come hanno fatto gli islamisti dopo essere stati strumentalizzati dagli Stati Uniti!

Dopo la delusione del risultato che non ha permesso a FI di passare al secondo turno, ci sono quelli   che pensano alle legislative, altri che che fanno appello al 3° turno sociale e infine quelli che mettono in guardia sul pericolo rappresentato da Le Pen. Qual è il problema prioritario secondo Lei?

L’essenziale per il futuro progressista della Francia, e in parte dell’Europa, è il successo di J.L. Melénchon, di Insoumis e del Partito Comunista malgrado le titubanze di alcuni dei suoi quadri ed eletti.

Si è costituita una forza di sinistra radicale di più di 7 milioni di cittadini che può, se resta unita, non solamente beneficiare di una solida base nella prossima Assemblea Nazionale, ma anche e soprattutto stimolare un “terzo turno sociale” con i sindacati (non “riformisti”) e un ampio movimento popolare di protesta e proposta.

Per la prima volta da decenni, la socialdemocrazia non è più la forza dominante della sinistra costretta così alla paralisi: di orientamento destrorso o “di fronda” (come con B. Hamon), la socialdemocrazia francese (come tutte le socialdemocrazie) non ha fatto che aiutare a battere la sinistra della trasformazione sociale. Con il 6% dei voti, Hamon e il suo partito “socialista” non sono riusciti altro che a impedire a J.L.Melénchon di essere presente al secondo turno.

Pochi dubbi, tuttavia, sulla capacità di rimonta della socialdemocrazia, in un modo o nell’altro: è sempre “pericoloso” per gli interessi dominanti avere di fronte a loro una sinistra vera e radicale, che restituisca colore alla lotta di classe.

Per il secondo turno, questa ricostituita sinistra radicale non cederà nuovamente al “voto Macron antifascista”, come è stato nel caso a favore di Chirac, e in seguito di Hollande (contro l’ultra destra sarkozysta)! Ci saranno sicuramente molte schede bianche e una forte astensione. Macron non sarà probabilmente “legittimato” da un risultato massiccio a suo favore e questo è importante per il dopo.

Il fondamenti della sinistra radicale sono rappresentati in primo luogo dall’anticapitalismo e poi dall’antifascismo. Nell’attuale contesto francese, il fascismo si profila all’orizzonte, ma il mondo degli affari intende ancora privilegiare il compromesso sociale (formale) e un certo liberalismo sociale: accordare la priorità all’antifascismo è ridare vigore ai vinti del primo turno (destra classica e “socialisti”) alla ricerca di nuove “tecniche” di manipolazione. E’ partecipare alla ricostruzione della “coscienza mistificata” perché la “modernità” è una miscela di denaro e autoritarismo!

Lei sostiene da molto tempo l’iniziativa progressista per una 6° Repubblica. Quali grandi vantaggi porterebbe rispetto al sistema attuale?

Una 6° Repubblica, che riduca i poteri con la soppressione del “capo dello Stato”, che dia vita reale alla cittadinanza, che permetta allo Stato di decidere sui principali orientamenti socio-economici e internazionali, senza sottomettersi ai poteri privati finanziari, rappresenta un’urgenza.

Il “macronismo” è una fase avanzata del capitalismo: le istituzioni della 5° Repubblica, che giocano sulla personalizzazione della vita politica per rendere più opaca la subordinazione al denaro, non sono adatte che al mondo degli affari e a un’Europa a-sociale.

La 6° Repubblica, mettendo al primo posto i cittadini, garantendo a loro uno stretto controllo sui propri rappresentanti a tutti i livelli, può creare le condizioni per avanzate sociali e di progresso democratico. Ma essenziale resta la più ampia messa in movimento del popolo “ribelle”.

Il Fronte Popolare non realizzò profonde riforme sociali che attraverso scioperi massicci nelle imprese nel 1936; nel 2017, è il movimento popolare immenso nella Corea del Sud che ha portato alla destituzione di una Presidente autoritaria, vassalla degli Americani e legata ai “Chaebols”, i grandi gruppi economici e finanziari del paese.

La storia continua: ha più immaginazione di chi la vive. Il 20% di J.L. Melénchon non è che una tappa di una rinascita del tutto possibile.

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L’ARTICOLO TRADOTTO IN ITALIANO RIPRESO DA INVESTIGACTION.NET

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