di Vladimiro Giacché, Bologna, 25 gennaio 2014
La crisi europea si situa nel contesto di una crisi economica strutturale dei paesi a capitalismo avanzato.
Questa crisi, esplosa nel 2007, segna la fine di un modello di sviluppo che, pur con tutte le sue distorsioni, aveva sostenuto la crescita di questi paesi per oltre 30 anni: il modello di sviluppo imperniato sulla finanza e sul debito (soprattutto privato).
(Ho argomentato questa tesi in Titanic Europa, Aliberti, 2012, 2a. ed., pp. 7-46)
La risposta che è stata data alla crisi dalle classi dominanti è partita dal presupposto che quel modello potesse tornare a funzionare come prima. Si rendeva però necessario risolvere il problema delle imprese fallite (gran parte del mondo finanziario internazionale) e più in generale del debito privato. Inoltre la crisi (proprio per il fatto di essere una crisi strutturale e non soltanto dipendente – come tuttora ingenuamente si sostiene – dalle attività a rischio del mondo finanziario) evidenziava un altro problema: un consistente eccesso di capacità produttiva.