Elezioni in Francia e in Grecia: prima di tutto, evitare le semplificazioni

di Fausto Sorini, segreteria nazionale PdCI, responsabile esteri

bastilleI risultati delle elezioni presidenziali in Francia e delle politiche in Grecia delineano un quadro di grande complessità che non ammette generalizzazioni e semplificazioni di alcun genere, né interpretazioni meramente elettoralistiche.

Non stiamo vivendo, nei paesi dell’Ue, una fase di normale e fisiologica dialettica politica ed elettorale in un quadro di sostanziale stabilità e sviluppo del sistema: al contrario, tale dialettica si svolge in un contesto mondiale ed europeo di crisi profonda e strutturale del sistema capitalistico e imperialistico che abbiamo definito di portata storica, che investe le basi stesse del sistema, e che ripropone – in termini storico-politici inediti – l’esigenza di trasformazioni strutturali profonde, che alludono ad una alternativa di società, non ad una semplice alternanza dentro consolidate compatibilità di sistema. E richiedono una politica estera di pace e di cooperazione internazionale, che bandisca la guerra e l’interventismo militare.

Non c’è alcun dubbio che l’avanzata complessiva delle forze comuniste, socialiste, socialdemocratiche, di sinistra radicale, nelle elezioni francesi e greche, pur nella loro grande diversità, esprima complessivamente aspirazioni popolari ad una cambiamento progressivo nel segno della giustizia sociale. Ma essa produce esiti politici e istituzionali di segno assai diverso.

In Grecia, in conseguenza dell’aggravamento della crisi e di una politica governativa di brutale massacro sociale, questa spinta produce una crisi profonda del sistema politico e del vecchio assetto bipolare di alternanza. Nuova Democrazia e Pasok, pilastri di quel bipolarismo di sistema, crollano miseramente e non sono più in grado di indicare una prospettiva di governo e di gestione della crisi nell’ambito delle direttive UE. Si aprono quindi per i comunisti e le forze di sinistra (che insieme rappresentano la prima forza politica del paese) scenari e opportunità di tipo nuovo, quantomeno per una significativa e duratura accumulazione di forze. Così come emergono anche insidie e pericoli reazionari, ed il rafforzamento inquietante di componenti apertamente neo-fasciste che sono l’altra faccia della medaglia di una crisi sistemica.

E’ auspicabile che, pur nella diversità delle rispettive impostazioni strategiche, i comunisti e tutte le forze autenticamente progressiste e di sinistra sappiano elaborare una risposta comune e convergente, con una base anche minima di unità d’azione. Un contesto di divisione a sinistra, anche nella situazione greca, non giova agli interessi popolari, e non sembra neppure avvantaggiare i comunisti.

In Francia, la crisi della gestione Sarkozy – della cui sconfitta non possiamo che rallegrarci – e la spinta al cambiamento che sorregge il voto popolare a Hollande, non produce ancora una crisi del vecchio bipolarismo di alternanza, nonostante la crescita positiva del Front de Gauche e del Pcf, e il rafforzamento inquietante del Fronte Nazionale. 

Complice un sistema istituzionale presidenzialista e rigidamente bipolare, la spinta verso trasformazioni di segno progressivo viene incanalata e si traduce nella vittoria di Hollande, che rappresenta sicuramente esigenze di maggiore coesione sociale e di superamento della rigida politica depressiva e di austerità della Germania della signora Merkel, ma in un quadro di sostanziale allineamento alle direttrici fondamentali della linea della BCE, dei poteri forti dell’Ue, delle sue compatibilità euro-atlantiche, ed in un quadro di sostanziale riconferma del direttorio franco-tedesco.

Né può essere disinvoltamente rimosso, nel quadro di una valutazione obbiettiva e non propagandistica, il sostanziale allineamento atlantico della politica estera di Hollande, il suo sostegno ieri alla guerra di aggressione contro la Libia, guidata da Sarkozy, ed il sostegno oggi ad una politica aggressiva verso la Siria, con una posizione più oltranzista di quella tedesca.

Tutto ciò – dalla politica economica alla politica estera – spiega non solo la benevolenza e l’assenza di inquietudine con cui i poteri forti sovranazionali ed i mass media hanno accolto la vittoria di Hollande (diversamente dall’accoglienza riservata al voto greco); ma anche la riluttanza con cui il Front de Gauche e lo stesso Pcf valutano la eventualità di una nuova partecipazione al governo coi socialisti, dopo le fallimentari esperienze prima con Mitterand, e poi con Jospin, da cui i comunisti uscirono massacrati.

Sono queste solo alcune delle variabili che vanno considerate in una valutazione obbiettiva del voto greco e del voto francese, se non vogliamo commettere nei confronti della vittoria di Hollande gli stessi errori che una parte della sinistra italiana ed europea commise ieri nella valutazione del successo di Zapatero in Spagna o della vittoria della presidenza Obama negli Usa.

Di fronte alle diversità di orientamento presenti nel mondo capitalistico, i comunisti non sono mai stati e non debbono essere indifferenti nei confronti del prevalere dell’uno o dell’altro, e non si augurano certo il prevalere di quelli più reazionari e oltranzisti. Ma le cose vanno viste e analizzate per quello che sono, se non si vogliono collezionare facili illusioni, cui seguono poi, immancabilmente, cocenti disillusioni e disorientamenti.