Elezioni a Cipro

di Ângelo Alves | da www.avante.pt

newsdalmondo bannerTraduzione di Marx21.it

La prossima domenica il popolo cipriota sarà chiamato alle urne per eleggere, nel secondo turno delle elezioni presidenziali, il capo dello Stato e del governo che succederà a Dimitris Christofias, presidente della Repubblica dal 2008. I risultati del primo turno dello scorso 17 febbraio hanno sancito che si dovrà scegliere tra il candidato della destra, Nicos Anastasiades, dirigente del partito DISY, e Stavros Nalas, candidato indipendente appoggiato da AKEL (il Partito Progressista del Popolo Lavoratore, i comunisti ciprioti, ndt). Un risultato che ha contrastato tutte le voci, e persino le proiezioni, che davano come certa la vittoria del candidato della destra al primo turno.


Siamo di fronte ad elezioni importanti. L’attenzione è rivolta alla difficile situazione economica. L’esplosione nel luglio 2011, che praticamente ha distrutto la principale centrale di produzione elettrica del Paese; il gioco speculativo di una delle maggiori banche cipriote con titoli del debito greco; l’impatto della crisi del capitalismo in un paese con un’economia a regime off-shore, sono all’origine della presente situazione. Una situazione complessa, già con gravi implicazioni sociali, che, con una decisione che ha suscitato polemiche, ha costretto il governo cipriota, dopo vari tentativi per evitarlo, a negoziare in questo momento l’accesso a quello che viene erroneamente definito “Meccanismo di Stabilità “ dell’Unione Europea.

Questa situazione e la probabile decisione di quello che viene spacciato per “salvataggio” stanno a dimostrare i limiti in cui ha dovuto operare il governo di coalizione di AKEL: in una condizione di minoranza nella Camera dei Rappresentanti, con un esecutivo in cui il partito più votato ha una minoranza di ministri, agendo in un paese capitalista, con un’impresa dominata dal grande capitale e con un’economia con un alto grado di finanziarizzazione. Limiti questi accentuati dalla camicia di forza dell’Unione Europea (a cui Cipro aveva aderito nella speranza di vedere in tal modo risolto il suo problema nazionale) e dalle misure che con il pretesto del “salvataggio” si tenta di imporre (e a cui il presidente cipriota ha resistito) come le privatizzazioni di imprese e servizi pubblici oppure il tentativo di aggiudicarsi lo sfruttamento e la gestione delle grandi riserve di gas naturale recentemente scoperte nelle acque territoriali cipriote.

Ma allora qual è il motivo per cui un partito comunista decide di gestire un paese in queste condizioni e si propone di continuare a farlo, “stando al potere” ma non esercitando di fatto il potere, dovendo agire nel quadro dell’Unione Europea? La risposta non è semplice e suscita numerosi dubbi e contraddizioni, come la realtà sta dimostrando. Ma ciò che muove AKEL, un partito comunista con un forte radicamento nel proprio popolo, un partito veramente legato alle masse, con una forte organizzazione e una storia eroica di resistenza contro il fascismo e l’occupazione, è la ricerca di una soluzione del principale problema di questo popolo: la lotta contro l’occupazione di più di un terzo del suo territorio da parte della Turchia fin dal 1974 e la riunificazione della sua patria. AKEL è storicamente, e attualmente, il grande partito della causa nazionale cipriota. Un partito che si lancia nelle più complesse, difficili e contraddittorie sfide per perseverare nella lotta per il raggiungimento dell’obiettivo centrale: consegnare al proprio popolo la sua patria riunificata. Non è cosa da poco, mentre dall’altra parte, la destra e la socialdemocrazia, o strumentalizzano o “gettano la spugna” in merito alla questione nazionale. Ma non solo di questo si tratta. Domenica prossima si deciderà se si riuscirà a resistere – in difficili condizioni certo, ma comunque a resistere – all’imposizione di una ristrutturazione neoliberista dello Stato cipriota, come vuole il DISY.