Quando le cose si rompono, c’è sempre la tentazione di semplificare cercando un colpevole. La cosa più difficile da comprendere, in un mondo dove si è abituati a pensare in modo binario (si o no, favorevole o contrario, bene o male, ecc), è che i processi storici sono assolutamente impersonali. Naturalmente ci sono molti uomini e donne che agiscono e prendono decisioni, ma le prendono in condizioni che loro non determinano e che, anzi, li costringono a decidere in un modo o nell’altro.
Stupisce, in tanti commenti “antagonisti”, “comunisti”, ecc, di questi giorni post-referendum britannico, che questa considerazione base sia sempre dimenticata, preferendo prendersela con chi “vuole” la rottura dell’Unione Europea e “non vede” che i populismi sono spesso (non sempre) “orientati a destra”.
Odiamo fare citazioni teoriche nel bel mezzo di analisi politiche, ossia, di natura “tattica”, ma qualche volta è necessario:
Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione. La tradizione di tutte le generazioni scomparse pesa come un incubo sul cervello dei viventi e proprio quando sembra ch’essi lavorino a trasformare se stessi e le cose, a creare ciò che non è mai esistito, proprio in tali epoche di crisi rivoluzionaria essi evocano con angoscia gli spiriti del passato per prenderli al loro servizio; ne prendono a prestito i nomi, le parole d’ordine per la battaglia, i costumi, per rappresentare sotto questo vecchio e venerabile travestimento e con queste frasi prese a prestito la nuova scena della storia. (Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte).