di Norberto Natali
Tutti -anche quanti non sono laureati in economia- possono riflettere su questa “stranezza”: proprio quelli che in questi anni hanno tolto 37 miliardi alla sanità, insistono di più per farci prestare circa 37 miliardi… per la sanità!
Le idee si chiariscono meglio, quando si capisce che questi sono solo i pupazzi del ventriloquo Merkel. E’ lei (insieme ad altri personaggi rappresentativi della borghesia imperialista UE) che preme per farceli prendere: i primi sono solo i suoi servi italiani che ne hanno anticipato i “desideri”.
Che cosa ci ricorda chi pretende per forza di prestare i “propri” soldi a qualcun altro?
Così ci si indebita, certo a tassi molto bassi e “convenienti”. Dopo ci si indebita con altri fondi, molto più ingenti ed in parte da restituire: le condizioni con cui farlo, saranno definite dopo che si sarà accettato il primo prestito molto allettante. La gran parte di questi soldi (un’altra volta mi spiegherò meglio) sarà destinata -in un modo o nell’altro- alla parte più ricca del nostro paese e spesso anche ai capitali stranieri, magari sotto forma di provvedimenti per “favorire l’occupazione”.
Nel frattempo, si farà un balzo enorme nell’indebitamento pubblico del paese, da circa il 134% sul PIL attuale al 165% o più, forse anche il 170%: tutto nel giro di un anno.
Dopo di che, lo sappiamo, è già successo, qualcuno (ossia i soliti noti, cioè quelli di cui sopra perché sono sempre gli stessi) per quanto appena detto, ossia perché siamo troppo indebitati, comincerà a far alzare lo spread, come qualsiasi usuraio speculatore, comincerà a pretendere sempre di più proprio da chi si trova in condizioni di forte esposizione ed estremo bisogno, non importa se è per colpa degli stessi cravatt, pardon finanzieri e potenti UE.
A quel punto, magari saranno passati solo un paio d’anni da oggi, vorrei sentire chi ci garantisce che non faremo la fine del martoriato popolo greco e -in più- che non ci toglieranno (in qualsiasi modo ciò venga mascherato) quello che ci rimane, per esempio il nostro patrimonio pubblico, le risorse ambientali ed artistiche per non parlare delle riserve auree e strategiche.
Che brutti pensieri, che fosche previsioni! Meno male che a riportarci nelle nostre rassicuranti vecchie abitudini, proprio in questi giorni in cui si discute di MES e il ministro dell’economia del PD vuole togliere ancora diritti ai precari e ai giovani lavoratori (suonando Bella Ciao con la chitarra!) ritorna il solito teatrino delle carognate di Salvini e dei suoi oppositori antirazzisti. Così tanti potranno sentirsi di sinistra e nemici della Lega inneggiando alla nuova avanguardia rivoluzionaria, proletaria, internazionalista, signora capitana Carola ed insultando quei bifolchi razzisti, quel popolo bue il quale -a Mondragone come a Casalbruciato o a Goro o in tutt’Italia quando capita- ha sempre e comunque torto, solo torti, non deve parlare, non deve chiedere niente. Nella società -secondo il copione- non esistono problemi complessi, non esistono contraddizioni, tanto meno soluzioni per strappare tanta parte del popolo alla demagogia della destra.
Così si può essere di sinistra e tanto e più di tutti mostrandosi “antirazzisti”, senza mai occuparsi veramente del salario, dell’orario, dei diritti e delle tutele di tutti i lavoratori, di tutta la gente oppressa e sfruttata. Soprattutto senza mai dare il minimo fastidio ai caporali che ingrassano sull’immigrazione selvaggia e la schiavitù. È facile parlare di “guerra tra poveri” quando ciò serve a nascondere la guerra dei ricchi contro tutti i poveri.
I caporali, ossia i piccoli e medi proprietari terrieri o imprenditori commerciali o industriali, sono solo il primo strato, quello più basso, di quanti affidano la difesa dei propri profitti proprio all’immigrazione selvaggia, allo sfruttamento e alla possibilità -grazie a ciò- di calpestare i lavoratori, i giovani, le donne già residenti. Gli strati più alti, guarda un po’, sono proprio i monopoli finanziari -per esempio quelli dell’agroindustria o delle grandi catene commerciali- cioè quelli che vogliono farci indebitare fino al collo.