Altri Confini. Un interessante libro di Luca Cangemi sulla sinistra e l’Unione Europea.

cangemi altriconfinidi Marco Pondrelli

Con il suo ultimo libro (Altri confini) Luca Cangemi, dirigente del Partito Comunista Italiano, interviene nel dibattito che sta tagliando trasversalmente la sinistra. Il dibattito intorno all’Europa è, in questo momento, molto vivace. Ovviamente tutta la sinistra, comunista e non, è unita nella critica all’attuale contesto, le posizioni divergono quando si tratta di delineare le possibili alternative.

Semplificando individuo due linee: la prima sostiene che da questa Europa si esce con una svolta che la trasformi in un Europa progressista, la seconda, per citare Gallino, non pensa che una camicia di forza possa essere democratizzata e quindi vede possibile solo la rottura.

Cangemi si inserisce in questo dibattito e, come l’angelo della storia di Walter Benjamin, pur essendo spinto avanti dalla storia guarda indietro. Il libro ha quindi una prospettiva storica e politologica ricostruendo il dibattito nel PCI ed a sinistra dal 1941 al 1957.

Può sembrare impossibile scrivere d’Europa senza partire da Spinelli e dal Manifesto di Ventotene ma l’Autore dimostra che ci troviamo di fronte a quella che Hobsbawm definì “una tradizione inventata di sana pianta”. Il ruolo di Spinelli fu infatti marginale per molti anni. Il Manifesto di Ventotene sta diventando, al pari de ‘il PCI ai giovani’ di Pier Paolo Pasolini, tanto citato quanto poco conosciuto.

Esso infatti si pone in polemica con i partiti del movimento operaio, illuminante un passo “larghissime masse restano ancora influenzate o influenzabili dalle vecchie tendenze democratiche e comuniste, perché non scorgono nessuna prospettiva di metodi e di obiettivi nuovi. Tali tendenze sono però formazioni politiche del passato; da tutti gli sviluppi storici recenti nulla hanno appreso, nulla dimenticato; incanalano le forze progressiste lungo strade che non possono serbare che delusioni e sconfitte; di fronte alle esigenze più profonde del domani costituiscono un ostacolo e debbono o radicalmente modificarsi o sparire”.

Il Pci non solo non rifiuta lo Stato ma individua in esso lo strumento per garantire e sviluppare i diritti della classe lavoratrice, Spinelli partendo da un’obiettivo opposto critica lo Stato e parla di ‘federalismo europeo’. Questa linea (e fra i sostenitori vi è anche Luigi Einaudi) è sconfitta nella Costituente, la nuova Costituzione si incammina in una strada che né da un punto di vista istituzionale né da un punto di vista economico è quella desiderata.

Questo filone politico fu sconfitto nel ’48 ma continuò ad agire. Il neoliberismo ha usato l’Europa per lanciare il suo attacco ai diritti sociali ed al mondo del lavoro. In un libro scritto a quattro mani con Alessandro Barbera il Professor Miglio fu esplicito nel legare il federalismo alla battaglia contro lo stato sociale. Non era una novità, alla base della reaganeconomics c’era l’attacco al Big Government (una sorta di Washington ladrona…).

A sinistra l’idea di una Europa socialista ebbe scarsissima fortuna anche perché i governi che nacquero e che diedero vita ai primi trattati europei non furono governi progressisti, basterebbe approfondire quello che successe in Germania con Adenauer anziché citarlo come padre dellla democrazia. È un’Europa conservatrice quella che da vita ai primi trattati ed il PCI non manca di sottolinearlo, così come non manca la denuncia del carattere atlantista dell’Europa. Le posizioni terze che prefiguravano un’Europa indipendente dagli Stati Uniti e dall’URSS non ebbero mai un reale seguito.

Il tema della fedeltà atlantica si sposa con quello della decolonizzazione, va dato merito all’Autore di avere indicato un punto che generalmente non viene preso in considerazione. Mentre in Africa, in Asia ed in America Latina gli stati nazionali tentano di liberarsi dalla presenza, diretta o indiretta, delle potenze coloniali, l’Europa avvia il suo percorso di unificazione con molte di quelle potenze coloniali che combattono per impedire ai popoli oppressi di liberarsi.

È difficile capire come oggi le forze di sinistra (o sedicenti tali) siano quelle che più strenuamente difendono l’Europa. La lista dei rappresentanti del Partito Socialista Europeo che attaccarono la Grecia colpevole di aver vissuto sopra le proprie possibilità sarebbe troppo lunga, ed imbarazzante, da fare. Come si è potuti arrivare fino a qui?

Cangemi non da una risposta ma offre degli stimoli, a partire dall’analisi del 1956, anno cruciale per i comunisti e non solo, per arrivare al rafforzamento della corrente migliorista dentro il Pci (con i suoi rapporti con ambienti atlantici ed europeisti).

Tanti stimoli di riflessioni che speriamo di ritrovare sviscerati nel prossimo libro di Luca Cangemi.