Al via EED, il fondo europeo per le ingerenze

di Pyotr Iskenderov, strategic-culture.org | da www.resistenze.org

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Il fondo creato dall’Unione europea per “sostenere la democrazia” nei paesi confinanti e in quelli del terzo mondo continua a crescere fornendo nuovi e significativi dettagli. Secondo la Commissione europea, il Fondo europeo per la democrazia (EED, European Endowment for Democracy) è concepito per fornire sovvenzioni in denaro a giornalisti, blogger, organizzazioni non profit, sindacati, organizzazioni politiche, incluse quelle che operano in esilio. Si parla di sostenere l’opposizione in Algeria, Armenia, Palestina, Azerbaigian, Bielorussia, Egitto, Georgia, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Moldavia, Siria e Ucraina…

I promotori della creazione del fondo, oltre alla Commissione europea, sono i singoli Stati, tra cui Polonia e Svizzera, così come i deputati del Parlamento europeo. La dimensione iniziale del fondo è prevista essere di 14,2 milioni di euro.

Di questi, 6,2 milioni verranno dalla Commissione europea. Svizzera e altri paesi stanzieranno altri 8 milioni di euro. Secondo il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza, entro tre anni il fondo EED riceverà altri 10 milioni di euro provenienti dalla Tesoreria della Commissione europea. Secondo i calcoli dei suoi ideatori, il fondo dovrebbe essere “pienamente operativo” entro la metà del 2013. L’Alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell’Unione europea, Catherine Ashton, è convinta che “il fondo arrivi in un momento molto opportuno, poiché il 2013 sarà un anno chiave per una transizione verso la democrazia, soprattutto nei paesi confinanti con l’UE”. Un commissario europeo per l’Allargamento dell’Unione europea, Stefan Fule ha dichiarato che l’EED “aiuterà a sollevare quei soggetti che devono affrontare ostacoli per accedere ai fondi dell’Unione europea”.

L’idea di creare un fondo non è nuova. Fu espressa la prima volta all’inizio del 2011 dal ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski. Quindi, un’euforia incontrollabile è cresciuta in Occidente per le “primavere arabe”. A Bruxelles è sembrato che questo fosse il momento giusto per provare a ridisegnare non solo il Nord Africa e il Medio Oriente, ma anche la spazio post-sovietico. A tal fine, si è deciso di utilizzare una vasta gamma di misure, tra cui l’ampio sostegno politico e finanziario alle forze di opposizione.

Ma mentre l’idea era in corso di maturazione, sono intervenuti dei cambiamenti che hanno prodotto confusione nelle priorità di politica estera dell’UE. Questo vale in particolare per la Bielorussia, paese in cui è stato recentemente annunciato che gli elementi dell’opposizione anti-governativa saranno i beneficiari principali del fondo EED. Tuttavia, il finanziamento diretto delle forze di opposizione, incluse quelle più radicali, è in contrasto con la politica precedentemente adottata da Bruxelles con il “programma di partenariato orientale”, in cui sono riusciti a coinvolgere pure Minsk (anche se il ruolo della partecipazione bielorussa al “Partenariato orientale” è molto limitato).

L’UE ha portato avanti e applicato una pressione politica sul governo di Minsk per più di quindici anni. L’ultimo documento bilaterale concordato tra l’Unione europea e la Bielorussia, fu l’Accordo di partenariato e cooperazione, siglato nel 1995 ma mai ratificato dal Parlamento europeo, che ha accusato il presidente Alexander Lukashenko di esercitare un regime autoritario.

Perché oggi l’UE ha così urgente bisogno di un nuovo e costoso meccanismo di “democratizzazione”, e cosa intendeva dire la sig.ra Ashton, parlando dell’importanza del 2013 rispetto agli sviluppi che avranno luogo nei paesi confinanti con l’UE?

Una delle ragioni principali è il rafforzamento dell’influenza politica e finanziaria della Russia nello spazio ex-sovietico. La situazione è stata molto accuratamente descritta da un’analista dell’Istituto polacco per gli affari internazionali di Varsavia, Anna Maria Diner, secondo cui la proposta della Russia di un nuovo progetto di integrazione economica, finalizzato alla creazione di una Unione eurasiatica fondata sull’unione doganale di Russia, Bielorussia e Kazakistan, è la sfida maggiore per l’Unione europea. Di particolare interesse per l’Unione europea è il fatto che l’offerta russa di integrazione economica con la Bielorussia è l’unica proposta di questo tipo che “non sollecita le autorità bielorusse a liberalizzare il sistema politico”. In altre parole, Mosca, a differenza di Bruxelles, presta assistenza finanziaria ed economica alla Bielorussia senza la condizione di un’ingerenza nei suoi affari interni.

In queste circostanze, la Fondazione europea per la democrazia (European Foundation for Democracy ) si pone come l’unico modo per Bruxelles di influenzare la situazione. La prima grande prova di forza del programma di finanziamento degli elementi anti-governativi in Bielorussia sarà, secondo i piani di Bruxelles, durante le elezioni parlamentari che si terranno nell’autunno del 2013. L’elenco dei compiti che l’Unione europea si è prefissa parla da solo. È uno sviluppo del “programma anti-crisi” per i candidati dell’opposizione, con il pagamento delle pubblicazioni sui giornali indipendenti bielorussi, la stampa di materiali per la campagna e la conduzione di corsi di formazione per i giovani membri dell’opposizione che agiranno in qualità di osservatori elettorali.

Pertanto, il perfezionamento dell’iniziativa della Russia in Bielorussia e in altri ex Stati sovietici ha costretto Bruxelles a procedere velocemente verso l’attuazione dei piani per destabilizzare i paesi dell’ex Unione Sovietica. Come già accennato, l’elenco dei paesi post-sovietici in cui l’Europa intende “alimentare” l’opposizione comprende, oltre la Bielorussia, l’Ucraina, l’Armenia, l’Azerbaigian e, soprattutto, la Georgia e la Moldavia, con i loro regimi filo-occidentali.

Anche l’interesse del fondo EED per il finanziamento dell’opposizione in Egitto e Libia la dice lunga. E’ chiaro che non tutti gli eventi della “primavera araba” sono andati secondo il copione occidentale.

Tutto questo, più che di una deliberata strategia dell’Occidente riguardo i paesi post-sovietici, quelli del Nord Africa e del Medio Oriente, è indicativo di un certo senso di panico presente tra i politici occidentali. Il panico è un cattivo consigliere nella soluzione dei problemi geopolitici, particolarmente in queste difficili aree. Anche Robert Kaplan, capo analista geopolitico di Stratfor (agenzia privata statunitense d’intelligence, ndt), è ora costretto ad ammettere che gli eventi in Nord Africa e in Medio Oriente hanno preso uno sviluppo molto più complesso di quanto originariamente immaginato da Washington e Bruxelles. In tali circostanze, la politica dell’UE, che assume la forma di intervento diretto negli affari interni di altri paesi e che sta acquisendo apertamente un carattere sovversivo, può portare ad un rapido discredito della stessa Unione Europea.