«Economia al primo posto»

Un paese moderno e competitivo. È questo l’obiettivo che l’Italia deve porsi subito dopo una lunga e defatigante tornata elettorale. Lo scrive il comitato di presidenza di Confindustria in una nota divulgata dopo la riunione di ieri, tutta dedicata alle valutazioni
del dopo-voto. Un vertice durato circa tre ore ai piani alti di Viale dell’Astronomia e concluso con un messaggio chiaro: la situazione è grave, l’economia e l’impresa devono essere al centro dell’agenda politica. Questa è la vera priorità in questo momento di «interregno» che rischia di far perdere al paese occasioni importanti proprio mentre l’Europa imbocca la strada della ripresa. Chiaro il timore di un clima ancora troppo infuocato, di una politica ancora troppo concentrata su se stessa. Insomma, Luca Cordero di Montezemolo sembra dire: voltiamo pagina, ora pensiamo al Paese reale.
La sua Confindustria è arrivata alle urne con molti mal di pancia interni. Il voto dell’altroieri conferma che l’orientamento prevalente nelle aree a più alta concentrazione industriale del Paese è per il centro-destra. Anzi, è proprio per il premier Silvio Berlusconi, visto che in Lombardia e Triveneto FI sbaraglia anche i suoi alleati. Lo aveva scritto anche l’«organo» di casa, il Sole 24 Ore. Ma Berlusconi non se n’era accorto e aveva strattonato il giornale accusando sia i giornalisti che i proprietari (cioè il vertice di Confindustria) di poca «fedeltà» alla Casa delle Libertà. Quasi un «tradimento» , quello della presidenza in carica agli occhi del premier-imprenditore. Tornano sulla frattura tra vertice e base, tra piccoli e grandi, tra destra e sinistra (un solco per la verità tutto teorico) i primi commenti di ieri dal fronte confindustriale. «È il nord tecnologico, fatto da migliaia di piccoli imprenditori, che ha dato fiducia al centrodestra. Siamo noi, piccoli e medi imprenditori -spiega Benito Benedini, ex presidente di Assolombarda – ad essere l’ossatura portante dell’economia imprenditoriale del nord Italia». Si spinge oltre il suo successore in Via Pantano Michele Perini, che arriva a spaccare in due il Paese, tra quelli che producono (nord) e quelli che consumano. Una divisione non proprio rispettosa dei cittadini centro-meridionali. Sul fronte opposto si schiera Vittorio Merloni, figura storica della vita confindustriale, che si congratula con la figlia appena eletta nelle file della Margherita.
Alzano la voce, si fanno sentire, i «piccoli» del nord. Ma resta il fatto che oggi l’associazione si ritrova con un nuovo interlocutore a Palazzo Chigi. Con Prodi bisognerà trattare partendo da quel programma «dissezionato» a Vicenza. Si sa che gli imprenditori dicono no all’abolizione della legge 30, ma dicono sì al taglio del cuneo fiscale. C’è da prevedere che il rapporto con la politica si snoderà tra questi due poli. A poche ore da un risultato rimasto in bilico fino all’ultimo, il drappello di testa di Viale dell’Astronomia conferma la sua linea di equidistanza. «Come sempre Confindustria valuterà le azioni del futuro governo sulle singole scelte», scrivono gli imprenditori. Nessun «matrimonio»: solo «vicinanze» a geometrie variabili. Il leader degli industriali sfodera di nuovo le richieste avanzate in campagna elettorale. «In un quadro di grande preoccupazione per gli equilibri di finanza pubblica – si legge nella nota – l’esigenza di riforme strutturali e di interventi mirati per poter cogliere e consolidare i segnali di ripresa dell’economia europea». Per gli imprenditori «sono fondamentali la drastica riduzione del cuneo fiscale e contributivo e dell’Irap, ricerca e innovazione, concorrenza e liberalizzazioni, costo dell’energia, conferma e completamento della legge Biagi».