di Gabriele Pastrello | da il Manifesto del 28 settembre 2012
I soggetti della speculazione finanziaria sono più d’uno. E qualche volta i governi danno una mano.
Il nuovo rialzo dello spread sui titoli spagnoli, dopo il calo recente, ha rialimentato sulla stampa i timori sull’euro e le domande sull’efficacia dello scudo di Draghi. Ma bisogna tenere i nervi saldi e ragionare.
Il punto di partenza è ricordare che sul mercato agiscono fondamentalmente due gruppi, più uno. Il primo gruppo, il nocciolo duro della speculazione al ribasso che ha animato le cronache nell’ultimo anno, è costituito da investitori o pool di investitori che mobilitano ingenti risorse, ma soprattutto che le moltiplicano prendendo a prestito i titoli che poi riversano sul mercato per farne cadere il prezzo, con l’obbiettivo di ricomprarli e restituirli a uno molto minore. Questo è il nucleo dinamico, che si porta dietro un secondo gruppo composto da una massa di investitori, magari individualmente non piccoli, ma non in grado di orientare il mercato.
Questa seconda massa amplifica l’effetto del primo impulso speculativo quando si convinca che ci sono buone ragioni per cui quello possa avere successo. La decisione della Bce di acquistare titoli in misura illimitata è mirata a bloccare il primo gruppo, e di conseguenza il secondo. Non si tratta di un «trucco di fiducia» basata sull’annuncio, come è stato scritto, bensì di una concreta e convincente minaccia. Se il primo gruppo si azzardasse a lanciare l’attacco subirebbe perdite ingentissime, perchè mentre quelli vendono la Bce ricomprerebbe per mantenere il prezzo a livelli alti.
E infatti gli spread erano calati sensibilmente dai picchi, ma adesso sono risaliti. L’effetto Draghi è già svanito in neppure tre settimane? Bisogna prendere i esame il terzo gruppo, che potremmo definire della «manovra» sui mercati, per fare una qualche pressione, via ribasso di titoli, o su società quotate, o magari anche su governi. Ricordiamo uno strano episodio avvenuto tra dicembre e gennaio. La manovra di rifinanziamento illimitato delle banche era già stata lanciata da Draghi ai primi di dicembre. Lo spread spagnolo era caduto, ma quello italiano restava alto. Monti fece una stranissima dichiarazione dicendo che la Germania non faceva abbastanza. Ma cosa poteva mai fare il governo tedesco? O forse, che cosa qualcun altro, indirizzo fra Monaco e Berlino, stava facendo? A essere maliziosi, si può ipotizzare che questo qualcuno continuasse a vendere titoli italiani a rotta di collo. O Forse erano le banche italiane a non comprare. Ma allora perché prendersela con la Merkel? Sta di fatto che dopo quella intemerata, lo spread italiano cominciò a scendere sensibilmente assestandosi, come giusto, al di sotto dello spread spagnolo.
Vediamo la situazione attuale. Bisogna ricordare che nella vicenda del fondo salva-stati Esm, che si aprì con il parziale successo di Monti nella riunione dei capi di governo di fine giugno, con l’appoggio di Rajoy e Hollande, erano intrecciati due problemi diversi. C’era il problema degli spread come sintomo di un possibile collasso dell’euro, problema che Draghi poi chiamò di convertibilità. Tradotto: se l’euro crolla, a quale tasso di cambio dovranno essere convertite le obbligazioni in euro? E quale sarà il rapporto di cambio tra le monete che emergessero da questo crollo? Tutte le dichiarazioni e azioni successive di Draghi miravano ad affrontare questo problema.
Ma ce n’era un altro sul tappeto. In quel periodo stava emergendo un acutissimo stato di sofferenza del sistema bancario spagnolo. Tra l’altro, i fondi salva-stati avevano proprio tra i loro compiti quello di impedire i collassi dei sistemi bancari dei paesi in difficoltà. I cento miliardi che si pensava necessario erogare per la Spagna servivano a questo. Ma c’è il problema della condizionalità. Da parte tedesca, ma anche di Draghi, si è sostenuto che bisognasse chiedere formalmente l’aiuto del fondo.
Ma bisognava anche sottostare a nuove richieste di austerità, più dure delle precedenti, o bastava una certificazione di buona condotta? Facile indovinare le posizioni in materia. Questo punto si è intrecciato con una domanda irrisolta sulla manovra Draghi. Cosa farebbe la Bce se un paese non chiedesse l’aiuto o non sottostesse alle condizioni? Lascerebbe crollare l’euro? Improbabile. Rajoy sta giocando su questa ambiguità per rinviare il più possibile la richiesta di aiuto, cercando forse di forzare Draghi a intervenire senza pagare il pegno di un Memorandum alla greca. Ma le banche tedesche sono pesantemente esposte nei confronti del sistema bancario spagnolo, e hanno bisogno dell’ossigeno dell’aiuto per rientrare finalmente dei loro bad loans.
E’ essere troppo maliziosi pensare che qualcuno, indirizzo sempre tra Monaco e Berlino, abbia venduto pesantemente titoli spagnoli per far si che Rajoy la smetta di cincischiare e si decida a chiedere l’aiuto, costi quel che costi?