di Micaela Cappellini | da www.ilsole24ore.com
Da qualsiasi parte li si guardi, i salari dei Paesi emergenti crescono. Nonostante la crisi, con dati decisamente non omogenei tra loro: fatto sta che crescono. E pongono un dilemma agli investitori occidentali: disinvestire, perché produrre in questi Paesi ormai costa troppo, oppure continuare a farlo, perché se aumentano i salari aumentano anche i consumi e si creano nuovi, appetibili mercati per i nostri prodotti?
L’esempio più lampante, ancora una volta, è quello della Cina, dove negli ultimi dieci anni – sostiene l’Organizzazione internazionale per il lavoro (Ilo) – i salari sono triplicati e dove il giornale China Daily assicura che per il prossimo anno sono previsti aumenti medi di oltre il 9%: se questo è il dato cosiddetto ufficiale, significa che l’ordine reale di incremento sarà almeno del doppio, se non del triplo. Pechino contribuisce significativamente alla statistica dell’andamento mondiale delle buste paga: l’Ilo stima che nel 2011 i salari sono cresciuti in media dell’1,2%, ma se dal paniere si esclude la Cina con il suo peso specifico, allora la crescita nel mondo è stata solo dello 0,2 per cento.