di Antonio Talia | www.agichina24.it
Pechino, 14 nov.- Dagong torna alla carica: in un’intervista trasmessa da al-Jazeera sabato scorso il presidente dell’agenzia di rating cinese Guan Jianzhong ha annunciato che Dagong potrebbe presto nuovamente declassare il voto sul debito pubblico americano.
“Le misure a disposizione degli Stati Uniti non possono essere efficaci – ha detto Guan nel corso dell’intervista – e quindi l’America ha un’altra scelta, che consiste però in un deprezzamento del dollaro e nella necessità di stampare altra moneta. Questa mossa può solo peggiorare la situazione, sta influenzando negativamente le loro prospettive di credito”. Alla domanda se un ulteriore declassamento del debito pubblico americano è inevitabile, Guan ha risposto senza esitazioni: “Credo proprio di sì”.
L’agenzia di rating Dagong, che dal luglio 2010 pubblica anche le votazioni sul debito sovrano, ha sempre mantenuto un atteggiamento negativo nei confronti della situazione statunitense ed ha ripetutamente ammesso che la sua missione è di porsi come “alternativa allo strapotere delle Tre Sorelle”, ossia le agenzie occidentali Fitch, Moody’s e Standard & Poor’s.
Ma la minaccia di sabato scorso è di particolare interesse, perché nell’agosto scorso l’agenzia cinese aveva portato il rating americano da “A+” ad “A”, anticipando di qualche giorno la mossa della più celebre Standard & Poor’s (questo articolo). Era il periodo in cui al Congresso americano si discuteva di un innalzamento del tetto del debito che – se bocciato – avrebbe potuto portare al default americano.
Oggi, la dichiarazione di Dagong arriva in un momento altrettanto critico, proprio mentre a Washington una “supercommissione” bipartisan incaricata di trovare il modo di tagliare il deficit di budget statunitense sembra paralizzata tra i veti incrociati di repubblicani e democratici. La commissione dovrà riferire al Congresso il 23 novembre prossimo, ma in molti temono che il mancato raggiungimento di un nuovo accordo possa aprire una nuova crisi.
A suscitare le preoccupazioni di Dagong, in particolare, è il timore di un nuovo “quantitative easing”, la manovra straordinaria che la Federal Reserve ha già varato due volte dallo scoppio della crisi del 2008, e che consiste in un acquisto di titoli pubblici da parte della stessa Fed. Ma la mossa, che consiste di fatto nello stampare più moneta per deprezzare il dollaro e dare nuovo carburante a una ripresa americana che non riesce a decollare, difficilmente incontrerà il favore dei cinesi, che temono conseguenza un innalzamento dell’inflazione nel loro Paese.
Nel frattempo, Dagong si muove anche sul fronte europeo: la scorsa settimana Guan Jianzhong era in visita in Europa, tra Lisbona e Parigi, dove ha incontrato o vertici dell’Esma, l’agenzia europea di vigilanza sui mercati finanziari. Il presidente di Dagong si è recato anche a Milano, in compagnia del managing partner del fondo di private equity sino-italiano Mandarin Partners Lorenzo Stanca. Apertura in vista a Milano? “Dagong sta lavorando per aprire una controllata europea. Milano – ha annunciato Jian Guanzhong in un incontro con il Sole 24 Ore e l’Agenzia Radiocor – è una seria candidata per la nostra sede in Europa”.