Chi farà la prossima mossa

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Tra Mosca, Ankara e Atene, si gioca una partita importante per i futuri flussi di oro blu nel vecchio continente, sempre che si metta mano alle nuove vie di collegamento e si definiscano meglio i termini della discesa in campo di Teheran

I fortissimi contrasti fra la Turchia e la Federazione Russa in merito al conflitto siriano e al futuro del Medio Oriente hanno portato al congelamento della costruzione del Turkish Stream, il gasdotto progettato dalla Gazprom sotto il Mar Nero, con approdo in Turchia, ai confini con la Grecia, per il trasporto del gas naturale all’Europa centro meridionale e nei Balcani.

Il 2 dicembre 2015, in conseguenza dell’abbattimento del jet militare russo ad opera della Turchia, la Russia, per bocca del Ministro dell’Energia, Alexander Novak, “ha sospeso le negoziazioni in merito al Turkish Stream”, e ha bloccato la costruzione dell’impianto nucleare da 22 miliardi di dollari di Akkuyu in Mersin (Turchia) appaltato alla Rosatom. Dopodiché, ha accelerato le operazioni relative al raddoppio della capacità di trasporto della pipeline Nord Stream I, il progetto Nord Stream II.

In precedenza, il 1° dicembre 2014, Vladimir Putin aveva ufficialmente cancellato la costruzione del gasdotto South Stream prendendo atto, in primo luogo, degli effetti delle pressioni americane sulla Bulgaria – con conseguente ritiro del permesso di costruzione – e degli ostacoli posti dalla Commissione Europea – “approccio non costruttivo”, le parole utilizzate dal Presidente russo – in merito all’uso della pipeline. 

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