BCE/PBOC: differenti modi di intendere l’accumulazione di capitale

di Pasquale Cicalese per Marx21.it

china-mapAlcuni mesi fa, Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea, confidò che la prima lettura mattiniera è dedicata agli andamenti borsistici. Se ne ricava l’approccio tipicamente occidentale dell’analisi degli affari economici, che rimanda alle modalità tipiche di Alan Greenspan, per un ventennio governatore della Riserva Federale statunitense.

Sempre alcuni mesi fa, in un report pubblicato dalla People’s Bank of China (Pboc), la dirigenza finanziaria cinese, guidata da quell’autentico genio della moneta che risponde al nome di Zhou Xiaochuan, informava che alla base della propria strategia di politica monetaria vi è l’analisi della bilancia delle partite correnti, cioè il flusso/deflusso di merci, servizi e conto capitale.

Proiettando le politiche monetarie della Bce e della PBOC dell’ultimo anno, notiamo le differenti modalità di analisi macroeconomica e, soprattutto, i rimedi approntati per fronteggiare la “crisi atlantica”.

In Europa è sempre più in auge la Greenspan Put con drastica diminuzione dei tassi di interesse e due operazioni di maxi immissione di liquidità (dicembre 2011 e febbraio 2012) per lo più parcheggiata presso la stessa BCE, per un ammontare pari a circa 850 miliardi di euro. Ciò significa che il mercato interbancario europeo è da circa un anno collassato, provocando una micidiale trappola della liquidità e la contemporanea restrizione creditizia nei paesi mediterranei. Un fuoco di paglia durato appena tre mesi sui mercati borsistici, tanto tenuti in considerazione da Draghi.

Tale politica monetaria “accomodante”, che si è dimostrata fallimentare, aveva come presupposto basilare una feroce deflazione salariale nell’eurozona; dunque asset inflation, buona per i pescecani di tutte le risme (nonostante ciò si stanno prendendo belle mazzate..), e vigoroso arretramento delle condizioni di vita di centinaia di milioni di europei, la ripetizione cioè dello scenario degli anni Trenta che sta trascinando l’economia mondiale in recessione.

Gli gnomi della Bundeskank, i veri padroni del continente, contavano di attuare tutto ciò avendo il benestare dei paesi emergenti.

Nel vertice messicano del G-20 è accaduto però un fatto nuovo: Hu Jintao ha vigorosamente protestato contro la deflazione salariale di Kaiserstrasse, trovando una non inaspettata intesa con gli altri paesi Brics.

Ormai i mercantilisti tedeschi si trovano in un completo isolamento mondiale e il fatto che Draghi, nell’annunciare la riduzione del tasso di interesse dall’1% allo 0,75% (con i mercati che cadono..), parli ancora della necessità delle “riforme strutturali” è indice che siamo in mano ad autentici “brezneviani del tardo capitalismo”, ignari di cose economiche e intenti a distruggere capitale produttivo dei paesi latini, capolavoro ultimo di quella operazione tragica denominata unione monetaria, per la quale sin dal 1972 il governatore Paolo Baffi aveva ben compreso le intenzioni dei crucchi.

Originale è, dunque, l’approccio all’accumulazione di capitale nell’eurozona teso a gonfiare capitale fittizio e a smantellare economia reale, nel mentre il pil mondiale in un decennio è passato da 37 mila a 74 mila miliardi.

Lo stesso giorno della riduzione del tasso di interesse da parte della Bce, la Pboc comunicava la diminuzione del tasso di interesse dal 6,31% al 6% e la riduzione del tasso praticato sui depositi al 3%.

Alcuni giorni prima, siti di informazione ufficiale del governo cinese informavano che a giugno il tasso di inflazione dovrebbe attestarsi al 2,5%.

Si badi, nel luglio del 2011 il tasso di inflazione era pari al 6,5% e quello dei prezzi alimentari ammontava al 14%. Tutto ciò era il frutto dell’asset inflation della Fed che negli ultimi 4 anni ha inondato di dollari il mercato mondiale gonfiando prezzi e valori delle materie prime agricole e non.

La risposta cinese fu una fulminea sterilizzazione monetaria portando la soglia di riserva obbligatoria delle banche commerciali al record del 21% e contrastando con vigore, e con efficacia, visti i risultati raggiunti, la speculazione immobiliare degli operatori privati.

Differentemente da Bernanke e Draghi, l’operazione di sterilizzazione monetaria cinese era accompagnata da una spinta fondamentale all’aumento dei salari, cresciuti negli ultimi tre anni al tasso medio annuo del 20%. Accanto a ciò, dal lato della politica fiscale, si operavano riduzioni fiscali per i redditi medio bassi, si avviava un programma di edilizia residenziale pubblica per 35 milioni di alloggi e si dava un assetto statuale e pubblico alle pensioni e alla sanità, tutto l’esatto opposto di quanto sta avvenendo nei paesi mediterranei dell’eurozona e in Gran Bretagna con il governo Cameron.

Risultato: i brezneviani austro monetaristi dell’eurozona, che adottando ciò che i loro sicofanti appellano “austerità espansiva” affossano l’economia europea e, con essa, mondiale; la dirigenza cinese, puntando tutto sul pubblico, garantisce tassi di crescita annuali pari al 7,5% pur in un contesto mondiale fortemente deteriorato.

I brezneviani furono i responsabili della stagnazione sovietica dopo i gloriosi 30 anni di crescita economica dell’URSS basata sulla pianificazione. I “brezneviani austro monetaristi”, mixati con i fautori americani dell’asset inflation, si gloriano dei risultati da loro raggiunti.

La settimana scorsa, Confindustria ha pubblicato un’analisi sulla crisi in Italia; un solo dato: su 100 punti percentuali di maggiore crescita mondiale la Cina vi contribuisce per il 31%, gli Usa per il 9,8%, l’eurozona per appena 2,4%. Altri dieci anni , di questo passo, e l’eurozona scomparirà dalla geografia economica e finanziaria mondiale.

La conclusione è una sola: questi signori che ci guidano non conoscono le dinamiche dell’accumulazione capitalistica, al contrario della dirigenza cinese che mixa Marx, Schumpeter e Smith.

Sono ignari di tutto ciò anche parecchi “comunisti” occidentali, che tacciano la Cina di “turbo capitalismo”.

Per loro si sta preparando un altro “scandalo cinese”: la quotazione in borsa, per una quota minoritaria del capitale sociale, di migliaia di aziende pubbliche cinesi. Ma di questo parleremo nei prossimi mesi, anticipando che la quotazione azionaria, per Grossmann, è una fondamentale controtendenza alla caduta tendenziale del saggio di profitto.

Sarà per questo che la Cina desta tanto scandalo…