
di Maria Morigi
Le dichiarazioni di Papa Bergoglio all’indomani del VII Congresso dei Leader delle Religioni mondiali (Nur Sultan, Kazakhstan, 13-15 settembre 2022) sono più comprensibili se inserite nel quadro storico dei rapporti tra Vaticano e Cina.
I rapporti diplomatici tra Pechino e Santa Sede si interruppero nel 1951 provocando una polemica che, complice la stampa, ha convinto l’Occidente che in Cina fosse in atto una vera e propria persecuzione ai danni dei cristiani. In realtà il dissenso tra Pechino e Santa Sede è riconducibile ad una sola causa: lo Stato cinese non tollera interferenze e non ammette che un capo religioso straniero – in questo caso il Papa di Roma – detti regole di convivenza con l’ordinazione di sacerdoti e vescovi o gestisca istituti di istruzione e culturai. La polemica oggi finalmente si sta stemperando, grazie alla diplomazia e alle iniziative di dialogo avviate da ambedue le parti.
Nel quadro dei tentativi di distensione c’è il Messaggio di Giovanni Paolo II (24 ottobre 2001) al Convegno Internazionale “MATTEO RICCI. PER UN DIALOGO TRA CINA E OCCIDENTE” (messaggio che destabilizzò molte posizioni della gerarchia vaticana). Con il Segretario di Stato cardinale Sodano, Giovanni Paolo II aveva avviato contatti con la Cina, tanto che oggi Papa Francesco ha “recuperato” Monsignor Claudio Maria Celli che, ai tempi di Giovanni Paolo II, guidava le missioni diplomatiche in Cina.
Ripercorrendo gli ultimi 15 anni, la nomina del vescovo di Pechino, Giuseppe Li Shan, insediato nel 2007 con l’approvazione sia del governo cinese che della Santa Sede, fu sostenuta dalla “Lettera ai cattolici cinesi” di Papa Benedetto XVI del 30 giugno 2007. L’intento del Papa era di migliorare i rapporti con Pechino e aiutare i cattolici cinesi ad unirsi tra loro e con Roma, chiamando le parti al reciproco rispetto. Tuttavia dopo l’ordinazione di Li Shan, i cattolici cinesi si divisero: molti accusarono Li Shan di essere un ‘traditore’, poiché il suo atteggiamento sembrava incline al servilismo verso l’Associazione Patriottica.
Il 19 marzo 2008 Joseph Zen Ze-kiun, vescovo di Hong Kong e consigliere di Benedetto XVI per la Cina, condannò la repressione cinese delle manifestazioni in Tibet in occasione del 49° anniversario dell’insurrezione tibetana contro l’amministrazione cineseii. Nel 2009, ormai vescovo emerito di Hong Kong, Joseph Zen affermava che, benché la “Lettera ai cattolici cinesi” di Papa Benedetto XVI segnasse una nuova fase nella vita della chiesa cinese, egli temeva che si stesse scivolando verso un’era di compromessi (“La libertà religiosa è più importante dei rapporti diplomatici”) e di un’opaca sottomissione all’Associazione Patriottica. Di fatto le opinioni di Zen segnano una brusca rottura dei rapporti tra Santa Sede e Pechino. Il 9 gennaio 2016 Zen – ormai del tutto emarginato da Papa Francesco e senza più alcun ruolo come consigliere per la Cina – con una durissima requisitoria attaccò la diplomazia vaticana per la sua condiscendenza nei confronti della Cina. Il documento è pubblicato in Asia newsiii 09/01/2016, col titolo “Che cosa porterà alla Chiesa in Cina l’anno 2016”.
Ma le cose rapidamente cambiano: il 22 settembre 2018 è sottoscritto in modo bilaterale un Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi ; il 14 febbraio 2020 a margine della Conferenza internazionale sulla sicurezza svoltasi a Monaco, avviene un incontro tra mons. Gallagher, Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, e Wang Yi, Ministro degli Affari Esteri della RPC. Incontro in cui si ribadisce l’importanza dell’Accordo Provvisorio del 2018 – “per i cattolici, per il popolo cinese e per la pace nel mondo” -.
In Settembre 2020 il segretario di stato statunitense Mike Pompeo partecipa al Simposio sulla libertà religiosa promosso dall’ambasciata Usa, tuttavia l’incontro non si tiene nel Palazzo apostolico, ma in un albergo. E soprattutto niente udienza papale per Pompeo, mentre l’anno precedente, il Convegno sulla dignità umana promosso dalla ambasciata USA era stato ospitato in Vaticano e Pompeo ricevuto da Papa Francesco e dai vertici della Segreteria di Stato. A fare la differenza è un articolo firmato dallo stesso Pompeo su First Things in cui, affermando che la Santa Sede “metterebbe in pericolo la sua autorità morale”, si chiede al Vaticano di non rinnovare l’Accordo provvisorio sulle nomine episcopali siglato due anni prima. Sempre in settembre 2020 si registra un altro “gran rifiuto” di Papa Francesco: il vescovo emerito Joseph Zen, considerato un simbolo pro-democrazia ad Hong Kong, non è ricevuto a Santa Marta.
Torniamo ora al rientro di Papa Francesco dal Kazakhstan, un viaggio importante per i rapporti Roma-Pechino, sebbene non ci sia stato l’incontro auspicato dal Vaticano con Xi Jinping presente al vertice SCO a Samarcanda Importante perché, dopo che Bergoglio si è dichiarato pronto ad andare in Cina, il portavoce del ministero degli Esteri ha fatto sapere che Pechino continuerà a comunicare col Vaticano, assicurando disponibilità e cooperazione. Ma soprattutto in ballo c’è il rinnovo dell’Accordo Provvisorio per la nomina dei vescovi in scadenza a fine ottobre.
Ecco le dichiarazioni di Bergoglio ai giornalisti dopo il VII Congresso di Nur Sultan: “C’è una commissione bilaterale vaticana-cinese che sta andando bene, lenta perché il ritmo cinese è lento, loro hanno un’eternità per andare avanti: è un popolo di una pazienza infinita. Ma pensiamo ai missionari italiani che sono andati lì e sono stati rispettati come scienziati, pensiamo a tanti sacerdoti, gente credente che è stata chiamata dalle università cinesi perché questo dà valore alla cultura. Non è facile capire la mentalità cinese, ma va rispettata. Io rispetto sempre. La commissione vaticana di dialogo con la Cina sta andando bene. La presiede il cardinale Parolin che è l’uomo che in questo momento più conosce la Cina e il processo di dialogo. Con lentezza, ma sempre si fanno passi avanti. Qualificare la Cina come antidemocratica io non me la sento, perché è un Paese complesso. Sì, è vero che ci sono cose che a noi possono sembrare non democratiche. Il cardinale Zeniv andrà a giudizio in questi giorni. .. Bisogna considerare l’estensione della Cina… ci sono culture diverse dentro la Cina. È un gigante. Capire la Cina è cosa gigante…”.
Su questo testo diffuso dalla stampa ecco che si scatenano le supposizioni di scarsa capacità decisionale, di voler tenere i piedi in due staffe e le accuse di “gesuitismo”. Eppure dal modesto punto di vista di chi conosce il lungo e accidentato cammino del cristianesimo in Cina, sono impressionata favorevolmente: il Papa riconosce e rispetta la cultura (le culture) della Cina, si pone il problema di cosa debba intendersi per Democrazia e declinazione della stessa in Cina; e soprattutto, senza cadere nel pre-giudizio diffuso dalle tante voci di propaganda anticinese sul mancato rispetto dei diritti umani, mette in primo piano dialogo e diplomazia che appunto vuol dire riconoscere la cultura dell’altro in un proficuo rapporto che deve le sue origini al grande gesuita Matteo Ricci. Papa Bergoglio dimostra ancora una volta indipendenza di giudizio, non accontentandosi del mainstream diffuso dalle agenzie ONU finanziate da governi occidentali, ovvero il China Human Rights Defenders (CHRD) e il National Endowment for Democracy (NED).
E trovo che prudenza e volontà di “avvicinare” le parti siano meriti più che colpe. Penso anche che è abbastanza assurdo chiedere ad un Papa di fare professione di Marxismo o schierarsi nell’agone politico per la supremazia mondiale dell’Occidente.
Note:
iNella RPC ci sono due realtà cristiane ben distinte, due Chiese, l’una “clandestina”Chiesa in comunione con Roma (fedele al Papa) e l’altra “patriottica” (Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi), che non ammette il primato del Papa e fu fondata (aprile 1958 ad Hankou) alla consacrazione dei primi vescovi senza approvazione del Papa con l’elezione di Bernardino Dong Guangqing candidato da Pechino.
iiAll’epoca l’UE era attestata su questa linea, vedi “Risoluzione del Parlamento europeo del 10 aprile 2008 sul Tibet”.
iiiAsia News, agenzia di stampa del PIME Pontificio istituto missioni estere, è l’organo di diffusione del “pensiero politico” cattolico sulla questione religiosa, comprese le “persecuzioni” ai danni dei diritti umani in Xinjiang, Tibet, Hong Kong ecc . Il direttore editoriale è Padre Bernardo Cervellera, giornalista e missionario del PIME, docente per un periodo di contratto di Storia della civiltà occidentale all’Università di Beida (a proposito che in Cina non c’è libertà!), ex- direttore di Fides, agenzia di stampa ufficiale dello Stato Vaticano. Di Bernardo Cervellera segnalo l’articolo pubblicato 13 Maggio 2022 in RadioMaria “Il mio amico cardinale Zen, gigante della libertà”.
ivLunedì 19 settembre comincerà ad Hong Kong il processo al cardinale Joseph Zen accusato di collusione con potenze straniere e di non aver registrato un fondo di beneficienza pro-democrazia di cui era amministratore fiduciario.