Dentro la Doppia Sessione: quattro chiavi per capire la Cina di domani

di Francesco Maringiò

La Doppia Sessione, l’annuale appuntamento politico più rilevante della politica cinese, è entrata nel vivo ed i quasi 3.000 delegati sono alle prese con le attività del Congresso nazionale del popolo (CNP) e della Conferenza consultiva politica del popolo cinese. Il “Rapporto sull’attività del Governo” presentato dal premier Li Qiang al CNP è la bussola per capire la Cina del presente e del futuro. Un documento denso, fatto di numeri, strategie e parole d’ordine che raccontano un paese in trasformazione.

Per decifrare il rapporto di quest’anno può essere utile fare ricorso a quattro concetti chiave: innovazione, stabilità, crescita e apertura. Dentro queste parole c’è tutto. C’è la Cina che investe miliardi in intelligenza artificiale e tecnologie di frontiera. C’è la gestione della finanza come strumento per rafforzare il sistema produttivo e non come terreno di speculazione. C’è il rilancio della domanda interna, gli investimenti infrastrutturali e il tentativo di consolidare un modello di sviluppo meno esposto alle turbolenze globali. E poi c’è la visione globale di Pechino: apertura, Belt and Road Initiative e relazioni col mondo.

L’innovazione come strategia di autonomia

L’innovazione tecnologica rappresenta un punto fermo della strategia cinese, con Pechino che sta intensificando lo sviluppo di tecnologie avanzate e disruptive, con particolare attenzione a settori come l’intelligenza artificiale, la tecnologia quantistica e le telecomunicazioni di nuova generazione. apparentemente sembrerebbe una risposta alle tensioni geopolitiche e alla necessità di ridurre la dipendenza da fornitori stranieri, che possono venire meno da un momento all’altro ma, a ben guardare, rappresenta invece una scelta nevralgica per spingere l’innovazione nazionale. 

L’innovazione, si sa, è favorita anche da un ambiente imprenditoriale che facilita lo sviluppo di startup. Per questo il governo centrale sta creando un ecosistema per il venture capital tecnologico, garantendo finanziamenti alle startup emergenti. Iniziative come AI Plus, che integra l’intelligenza artificiale nei settori manifatturiero e dei servizi, dimostrano la volontà di far convergere progresso tecnologico e crescita economica.

La nuova frontiera dell’innovazione avrà un impatto trasformativo sul futuro, paragonabile alla rivoluzione industriale. Pechino intende giocare un ruolo da protagonista in questa nuova era, sviluppando tecnologie che riflettano una filosofia diversa rispetto ai modelli occidentali. Un esempio significativo è il settore dell’intelligenza artificiale, dove la Cina ha adottato un approccio open source che favorisce la condivisione e l’adattabilità delle innovazioni, mentre le grandi aziende statunitensi hanno scelto di mantenere chiusi i propri modelli, limitando l’accesso e la sperimentazione. Questa differenza di impostazione può avere conseguenze importanti a livello globale, promuovendo un ecosistema tecnologico più aperto, collaborativo e accessibile.

La finanza al servizio dell’economia reale

La stabilità finanziaria è un altro elemento cruciale della strategia economica per il 2025. Il governo ha adottato una politica fiscale espansiva, con un deficit pubblico al 4% del PIL, e un forte controllo del sistema creditizio per indirizzare le risorse verso l’economia reale. Pechino prevede l’emissione di 1,3 trilioni di yuan in obbligazioni a lungo termine e 4,4 trilioni in obbligazioni locali speciali, destinate a progetti strategici come trasporti, transizione energetica e sviluppo tecnologico e si è deciso di intervenire centralmente sulla gestione del debito degli enti locali, con l’emissione di obbligazioni e l’adozione di regolamentazioni ad hoc. 

Queste politiche mostrano come la Cina utilizzi la finanza non con un fine speculativo, ma come un volano per lo sviluppo. Gli strumenti finanziari non sono concepiti per generare profitti a breve termine attraverso operazioni speculative, ma per rafforzare il sistema produttivo, redistribuire ricchezza e costruire un welfare solido. Come ha spiegato la professoressa Keyu Jin della London School of Economics nel suo libro “The new China playbook”, la finanza è una delle leve che ha in mano il governo cinese per agire sul mercato. Una leva che si combina con le altre, come la politica industriale, finanziaria,  monetaria, etc. e che viene armonizzata dal ruolo di indirizzo esercitato dal governo. Diventa quindi uno strumento di benessere collettivo, più che una leva di arricchimento e speculazione per fini privatistici.

Crescita equilibrata e domanda interna

La crescita economica cinese per il 2025 si basa su una strategia equilibrata che combina stimolo della domanda interna, investimenti pubblici e stabilità macroeconomica. Con un obiettivo di crescita del PIL intorno al 5%, il governo punta a creare 12 milioni di nuovi posti di lavoro urbani, contenere l’inflazione al 2% e sostenere consumi e innovazione.

La crescita è pertanto una priorità ma essa, in linea con la metamorfosi della struttura economica cinese, deve essere equilibrata ed orientata ai settori innovativi. Si profila quindi un modello in grado di rilanciare la domanda interna, aumentare il reddito delle fasce medio-basse ed incentivare i consumi. Lo stato è disponibile ad emettere 300 miliardi di yuan in obbligazioni ed investire 735 miliardi di yuan per infrastrutture strategiche. Verrà creato un fondo nazionale per il venture capital da 138 miliardi di dollari per startup nei settori dell’IA, biomanufacturing e 6G. Accanto a questo si prevede un allentamento delle maglie sulla spesa pubblica ed il deficit di bilancio viene alzato al 3,9% del Pil.

Anche questa è una scelta molto diversa da quella adottata qui da noi. È utile allora ricordare un fatto. Dopo la crisi del 2008, la Cina adottò una politica espansiva e un gigantesco piano di investimenti infrastrutturali, accelerando lo sviluppo del paese. In Europa invece, si scelse l’austerity, accelerando la de-industrializzazione su scala continentale. Ancora una volta, di fronte a crisi e incertezze globali, lo Stato cinese sostiene l’economia e la indirizza verso uno sviluppo di alta qualità. Una lezione da imparare, se vogliamo restare competitivi o evitare di dover tagliare pensioni e sanità per finanziare l’industria delle armi.

Apertura e visione globale

L’apertura del mercato interno resta un punto chiave della politica economica cinese. Per questo il governo cinese ha sottolineato l’impegno ad attrarre nuovi investimenti esteri, migliorando il contesto normativo e facilitando l’accesso ai settori strategici. Questa politica di apertura si scontra con le tensioni commerciali con gli Stati Uniti, rispetto a cui la Cina ha chiarito (anche per bocca del ministro degli esteri, intervenuto in conferenza stampa l’altro giorno) che la sua strategia si basa su un equilibrio tra apertura commerciale, consolidamento delle alleanze internazionali e gestione delle tensioni globali. A livello diplomatico Pechino si propone come un attore di stabilità in un mondo caratterizzato da crescente incertezza. In un contesto globale sempre più frammentato, la Cina si presenta come un attore determinato a promuovere una visione delle relazioni internazionali basata sulla crescita condivisa. L’idea che emerge è quella di un paese che non si chiude su se stesso, ma che cerca di contribuire ad un equilibrio globale in grado di favore sviluppo e cooperazione, allontanando guerre e tensioni globali.

La lettura del Rapporto ci aiuta a comprendere bene alcuni degli aspetti nevralgici del dibattito politico in Cina e ad individuare alcuni suoi assi portanti di sviluppo. Ma ci aiuta anche a confrontare le direttrici strategiche individuate a Pechino con le nostre. E parlando di futuro (nostro e della Cina), tutto ciò si rivelerà un esercizio molto più utile di quanto possa, apparentemente, sembrare.

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