D’Alema: “Negli anni grande sforzo per avvicinare la Russia ma gli americani sono ostacolo fortissimo”

questo intervento di Massimo D’Alema per quanto contenga dei passaggi non condivisibili, rappresenta una riflessione critica sui limiti e sugli errori dell’Occidente

da https://www.kulturjam.it

Massimo D’Alema è intervenuto al seminario di Articolo Uno sulla politica estera “Appunti per la pace”, con una lunga analisi sulla Russia contemporanea e le radici storiche del conflitto in corso in Ucraina: “C’è un problema con la Russia che va al di là di Putin e degli oligarchi che sono intorno a Putin e che sono stati vezzeggiati dall’Occidente. Medvedev ha proposto per otto anni di fare una nuova Helsinky e per otto anni gli è stato risposto che il problema della sicurezza in Europa era risolto dalla Nato. Era chiaro che la Russia non poteva accettare questo”

Grazie a Giovanna Ponti per aver trascritto con pazienza certosina l’intervento integrale.

L’intervento di Massimo D’Alema al Convegno “Appunti per la pace”.

“Lo scenario è molto preoccupante perché al contrario di quello che racconta la retorica, e cioè che questo conflitto ha fatto ritrovare le ragioni di unità in Europa, esso sta scavando nelle contraddizioni europee e aprendo una prospettiva che può essere lacerante per la tenuta del nostro continente.

Io vorrei fare alcune osservazioni stravaganti , cioè vorrei collocare questo conflitto nello scenario del mondo. Secondo l’organismo internazionale che si occupa di guerre, in questo momento nel mondo sono in corso 59 conflitti, fra questi ce ne sono almeno sei che producono più di 10mila morti ogni anno.

Nessuno sa credo in Occidente che da quando gli americani se ne sono andati dall’Afghanistan è in corso una guerra civile che ad oggi è costata 40mila morti. Nello Yemen c’è una guerra spaventosa.

Tutto il Medio Oriente è stato attraversato da conflitti, ad esempio in Siria, che sono stati assai più sanguinosi della guerra in Ucraina. Etiopia, Eritrea…non voglio angosciarvi, ma come ha detto uno dei pochi uomini di Stato che abbia una visione mondiale in Occidente, cioè Papa Francesco, nel mondo c’è una sorta di guerra mondiale “a pezzi”.

Lo disse alcuni anni fa: era in parte una descrizione in parte una profezia. E il Papa ha detto un’altra cosa, su cui tornerò, proprio l’altro giorno e cioè che le grandi potenze quando sono in declino fanno la guerra. Quindi diventano pericolose perché reagiscono al loro declino attraverso la guerra.

Lo dico perché noi viviamo certamente di più la tragedia dell’Ucraina perché colpisce l’Europa profondamente, con effetti diversi.

Io purtroppo sono un dilettante e non ho slide, ma ho un bellissimo grafico che ha fatto il Fondo Monetario Internazionale, quindi una fonte assolutamente non sospettabile, sugli effetti delle sanzioni la Russia ha avuto un duro colpo, ma ne sta uscendo alla grande, mentre tutti i Paesi europei puntano verso il basso.

Perché questo avviene?

Perché le sanzioni non hanno isolato la Russia dal mondo, e quindi questa potenza aggressiva, che tale è, non è stata isolata dalla comunità internazionale.

Questa immagine non risponde al vero. Nel mondo ci sono grosso modo, secondo i dati sulla democrazia dell’Economist, che fra l’altro ci dice che ogni anno la democrazia nel mondo si riduce un pochino, e non solo perché si riducono i Paesi che noi possiamo definire democratici, ma perché si riduce l’indice di democraticità all’interno dei Paesi democratici, fra questi Paesi dicevo quelli che applicano le sanzioni sono circa la metà.

La più grande democrazia del mondo che è l’India approfittando delle sanzioni europee, ha moltiplicato le sue relazioni economiche con la Russia. Si sta costruendo il grande gasdotto che lega la Russia alla Cina. Fra l’altro questo conflitto ha segnato anche un altro relativo avvicinamento fra la Cina e la Russia. Sono potenze fra loro divise perché l’Asia è divisa da aspri nazionalismi che noi in Europa abbiamo superato, ma che di fronte a questo conflitto hanno avuto una posizione comune.

L’Europa rappresenta con la Russia il 10% dell’umanità e se ci togliamo la Russia arriviamo intorno al 7%. Pensate che l’Europa un secolo fa rappresentava quasi il 30% dell’umanità, aveva popolato l’America, l’Australia, l’età media degli europei era 25 anni e il Pil dell’Europa era più della metà del Pil del mondo.

Questo dopo la prima guerra mondiale. Oggi noi siamo senza la Russia il 6/7% della popolazione mondiale e il nostro Pil rappresenta il 13/14% di quello mondiale, ed è una percentuale calante. Quindi noi non siamo il mondo e questo è un tema, di cui bisogna tenere conto.

Aggiungo che l’età media degli europei è intorno ai 45 anni. L’età media degli africani è 19 anni e il dinamismo di una società giovane ha una carica che le nostre società non hanno più.

Tutto il resto del mondo, cioè la grande parte del pianeta, come guarda questo conflitto?

Credo che pochissimi danno ragione a Putin compresi i cinesi. I cinesi sono rimasti molto disturbati dalla guerra. Fra l’altro pochi sanno che l’Ucraina era un partner formidabile della Cina dal punto di vista economico. Un mese prima della guerra, la borsa di Shanghai si è comprata la borsa di Kiev.

Ora si può pensare che la Cina abbia fatto un investimento così importante pensando che poi c’era la guerra? Quindi l’aggressione dell’Ucraina è una cosa che la Cina non prevedeva e che non ha approvato.

Generalmente nel mondo questa guerra è disapprovata, anche perché per questi Paesi il principio dell’inviolabilità dei confini è un principio al quale, almeno a parole, tengono.

Tuttavia è larghissima l’opinione che questo conflitto è il frutto di una corresponsabilità, cioè che c’è una responsabilità gravissima e incancellabile della Russia, ma se si è arrivati a questo punto nel cuore dell’Europa questo dipende anche da una responsabilità dell’Occidente.

Anche questo spinge la gran parte del mondo a una posizione non dico neutrale, ma di non schieramento, di non interrompere le relazioni politiche ed economiche con la Russia. Mi ha raccontato il vicepresidente dell’assemblea parlamentare euro-latinoamericana, che si è svolta poco dopo che era iniziato il conflitto, che gli esponenti europei sono arrivati con un documento di dura condanna dell’aggressione russa all’Ucraina chiedendo che l’assemblea lo approvasse.

La presidente di turno, che era la ex-presidente argentina, la signora Cristina Kirchner, ha proposto alcune correzioni ed è stato scritto: “L’assemblea parlamentare condanna tutti gli atti compiuti dai Paesi membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che sono contrari alla Carta delle N.U. e pertanto condanna: – l’aggressione della Russia all’Ucraina – l’aggressione degli Stati Uniti all’Iraq – i bombardamenti francesi in Libia …” e via di seguito con un elenco interminabile di violazioni e si concludeva dicendo “L’Assemblea sottolinea che l’unico Paese che non ha compiuto violazioni è la Cina e cui esprime il suo plauso”. Quel documento non ha potuto essere messo in votazione e tuttavia rappresenta un modo in cui una parte grande del mondo guarda questo conflitto.

Il Presidente eletto nel Brasile, con gioia di tutti noi diciamo, all’inizio della sua campagna elettorale ha detto: “Ha ragione Putin perché gli americani ecc” , qualcuno lo ha sconsigliato di toccare questo argomento, che è un argomento sbagliato, e in modo intelligente Lula ha abbandonato questo tema nel corso della campagna elettorale, però quello tradiva un po’ il suo pensiero.

Io so per certo che nell’agenda della nuova presidenza brasiliana c’è l’idea di rafforzare i BRICS (cioè la collaborazione tra Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica che rappresenta un polo alternativo al G7 e a cui chiedono di aderire adesso l’Algeria, l’Argentina, l’Arabia Saudita e cioè un grande gruppo di Paesi ).

Il grande interrogativo è capire che cosa sta succedendo nel mondo ed è una delle ragioni per cui noi dobbiamo non solo cercare una via, ma dobbiamo sbrigarci a trovare una strada per porre fine a questo conflitto perché questo conflitto può accentuare il declino del vecchio continente in modo drammatico perché il nostro destino e quello della Russia sono legati in modo indissolubile.

Noi stiamo vivendo quello che con una categoria gramsciana potrebbe essere definita una fase di interregno: è finito l’ordine liberale che ha avuto il suo punto più alto con la caduta del muro di Berlino, con l’espandersi in tutto il mondo, così si pensava, del modello liberal democratico e quindi l’egemonia americana. Questo mondo è finito e viviamo l’epoca del disordine, del caos.

C’è con ogni evidenza la grande potenza americana che ha rinunciato ad una ambizione globalista.

Clinton era un leader globale, a modo loro i conservatori, Bush, avevano una ambizione globale che era diversa da quella dei democratici, perché loro volevano esportare anche con le armi questo modello, l’Iraq fu questo, che tuttavia evidenziava una certa continuità.

Fino ad Obama gli Stati Uniti sono una grande potenza che aspirava alla leadership globale. Io credo che dopo sia cominciato un periodo diverso e che per certi aspetti ci sono degli elementi di continuità tra l’amministrazione di Trump e quella di Biden, anche se è così aspro il conflitto, perché tutti e due esprimono una posizione americana, in Trump con il nazionalismo e l’isolazionismo e in Biden diventa proposta di tornare ad essere il capo dell’Occidente, cioè di serrare le fila dei suoi alleati e non di proporsi più come un ordinatore del mondo.

Questo è un grande problema perché c’è un vuoto di direzione che alimenta il caos e quindi la guerra e quindi il disordine nei quali crescono i nazionalismi, quelli aggressivi.

Non c’è dubbio che Putin rappresenta il modo aggressivo, non neo-sovietico, ma neo-zarista. Dal mio punto di vista la simpatia che poteva avere Putin l’ha persa quando ha attaccato Lenin perché questo secondo me era al di là del tollerabile.

Putin ha attaccato Lenin frontalmente perché il riconoscimento dello stato nazionale dell’Ucraina l’hanno fatto i bolscevichi e Putin invece si è riconnesso direttamente all’impero zarista in cui è fortissimo l’elemento di integralismo religioso e il nazionalismo neo-zarista.

Il volto reazionario della Russia di oggi è impressionante, ma noi siamo arrivati lì anche con una politica europea che non ha saputo trovare una misura per includere la Russia in un ordine europeo diverso.

Io ricordo momenti in cui l’Europa ha cercato di muoversi in quella direzione, qualche volta, raramente, trovando l’ascolto degli americani. Quando ci fu la guerra nel Kossovo, noi avemmo una discussione con gli americani e con gli inglesi , sui quali non mi voglio pronunciare.

Tony Blear e Aznar volevano che la Nato andasse con le truppe nei Balcani, mettendo in conto che questo voleva dire invadere la Serbia, fortunatamente la Germania, la Francia e anche noi dicemmo: “voi siete matti” e il Presidente degli USA disse che si sarebbe fatto solo quello su cui tutti si era d’accordo.

Noi ci battemmo per coinvolgere la Russia per una soluzione e gli americani furono d’accordo e chi andò a negoziare con Milošević fu Chernobylski, l’ex-primo ministro russo, e alla fine non entrò la Nato in Kossovo, ma una forza internazionale di cui era parte un contingente russo Noi costringemmo gli americani e gli inglesi che fossero i russi i primi ad entrare nel Kossovo: all’aeroporto di Prishtina arrivarono i russi, prima della Nato.

Noi ci rendevamo conto che l’azione militare della Nato era stato un atto molto forte, senza copertura delle Nazioni unite e bisognava ritrovare il modo di ricucire un tessuto di rapporti internazionali. Non si poteva pensare una soluzione nei Balcani, con la Serbia gli ortodossi eccetera, che tagliasse fuori la Russia.

Negli anni c’è stato uno sforzo per non isolare la Russia, ma devo dire che gli americani molto spesso sono stati un ostacolo fortissimo. Medvedev ha proposto per otto anni di fare una nuova Helsinky e per otto anni gli è stato risposto che il problema della sicurezza in Europa era risolto dalla Nato.

Era chiaro che la Russia non poteva accettare questo, non poteva accettare che la sicurezza in Europa fosse in mano alla Nato, e poi c’era un organismo Nato-Russia in cui ogni tanto erano invitati anche loro.

Poi gli americani proposero di dispiegare il sistema antimissile ai confini con la Russia, dicendo che era un sistema difensivo, ma in definitiva era chiaro che quello avrebbe alterato l’equilibrio strategico. Noi ci opponemmo in sede Nato e fu una discussione molto aspra con gli americani che alla fine dovettero fermarsi.

Questo non giustifica l’aggressione dell’Ucraina però ci deve fare capire anche che ci sono due grandissimi problemi che nel corso oramai di trenta anni non hanno mai avuto una risposta.

Uno era quello su come si ridefiniva un’architettura di sicurezza in Europa, finito il Patto di Varsavia. Poteva anche esserci un allargamento della Nato, ma a determinate condizioni ad esempio con la denuclearizzazione, con determinati contrappesi, con determinate forme di controllo, cioè attraverso quei negoziati che sono normali con una potenza che si ritiene di essere una grande potenza, e certamente almeno dal punto di vista della deterrenza nucleare ancora lo è, anche se per il resto è chiaro che c’è un declino tecnologico eccetera.

L’altro problema, che pure esiste ma che è stato sistematicamente rimosso, è rappresentato dal fatto che nella disgregazione della Unione Sovietica ci sono minoranze russe che vivono in tutti i Paesi ex-sovietici e queste minoranze sono state perseguitate o comunque non godono di una pienezza di diritti.

Di questo tema non si è mai occupato nessuno e quando qualcuno ha cercato di occuparsene, in sede dell’OSCE, ci sono stati i veti americani e inglesi. Pochi sanno che i cittadini della Lettonia, un paese dell’Unione europea, russi che si sono stabiliti in Lettonia dopo il 1940, e quindi siamo ormai alla terza generazione, non hanno diritto di voto, non possono diventare funzionari pubblici perché vengono considerati occupanti dal 1940 e non hanno diritto alla cittadinanza lettone, e parliamo di un Paese dell’Unione Europea. E non si tratta di uno o due persone, ma del 37% della popolazione.

E’ chiaro che queste due ragioni, cioè il fatto che non c’è stata una soluzione del tema della sicurezza e quello delle minoranze, alimentano il nazionalismo.

In Russia c’è anche questa spinta nazionalista che sorregge Putin se no sarebbe una ventata di pura follia, ma questa follia nasce da ragioni che si sono sedimentate nel corso degli ultimi trent’anni senza che nessuno vi ponesse rimedio.

Questo non giustifica la guerra però ci fa capire in quale scenario si è sviluppata e ci fa capire anche quali devono essere i nodi nella ricerca di una soluzione pacifica.

Sono d’accordo sul cessate il fuoco, dopodiché io ritengo che inevitabilmente ci vuole una forza internazionale di garanzia perché l’idea che semplicemente il Donbass torni ucraino, che la catena degli odi e delle vendette si plachi non deve farci dimenticare che la guerra non è cominciata adesso, è cominciata molti anni fa.

Una guerra civile strisciante diciamo e gli episodi di violenza, gli assassinii non sono cominciati adesso. Gli accordi di Minsk erano un tentativo. E’ vero che i russi non hanno fatto molto per implementarli, ma dall’altra parte gli europei che avevano il massimo interesse , tanto è vero che quell’accordo fu controfirmato dai tedeschi e dai francesi, poi ben poco hanno fatto o potuto fare perché fossero rispettati.

Certo il nazionalismo ukraino, fortemente sostenuto dagli americani, ha iniziato la campagna contro gli accordi di Minsk il giorno dopo che sono stati firmati, dicendo “non ci potete imporre con un accordo internazionale di cambiare la nostra costituzione” .

Vorrei ricordare che noi, Italia, abbiamo cambiato la nostra Costituzione sulla base di un accordo internazionale tra De Gasperi e Gruber perché riconoscemmo all’Austria il diritto di tutelare i diritti della minoranza tedesca che viveva dentro i confini nazionali e in questo modo abbiamo posto fine alla violenza e abbiamo ricostruito condizioni di convivenza entro i confini del nostro Paese. Abbiamo modificato la Costituzione e le leggi elettorali per tenere conto di quella minoranza.

La propaganda di guerra c’è da una parte e dall’altra e bisogna recuperare quel tanto di visione storica della realtà che ci fa capire come si arriva a questo punto e anche quali sono i temi intorno ai quali si può cercare di costruire una via di uscita.

Certo la Russia deve ritirarsi, ma nello stesso tempo si deve garantire a queste minoranze i loro diritti, anche attraverso una tutela internazionale e si deve potere avere una sede in cui si ridiscute e si negozia il tema della sicurezza dell’Europa.

Il che non vuol dire che la Finlandia non deve entrare nella Nato, la Finlandia fra l’altro ha già detto una cosa saggia e cioè che vuole entrare nella Nato ma non vuole fare entrare nel suo territorio armi nucleari.

Il tema del negoziato è questo, il cessate il fuoco ne è la premessa, dopo di ché bisogna cercare le soluzioni che rispondano anche alle preoccupazioni comprensibili dell’opinione russa.

Lasciamo stare Putin. Chi ha portato la Russia in questa situazione, chi ha spinto verso il capitalismo selvaggio nazionalista e neo-zarista di Putin?

Se non ci piace quello che è la Russia potevamo aiutare Gorbaciov, mentre l’Occidente non ha pensato neppure per un secondo di appoggiarlo per cercare di fare andare la Russia in un’altra direzione.

C’è un problema con la Russia che va al di là di Putin e degli oligarchi che sono intorno a Putin e che sono stati vezzeggiati dall’Occidente, anche perché venivano qui con i loro soldi e alimentavano una oligarchia finanziaria e internazionale.

Noi dobbiamo cercare di arrivare alla soluzione del conflitto con una certa urgenza perché questo conflitto non segni una accelerazione del declino dell’Europa e di un contesto mondiale nel quale si svilupperanno sempre di più relazioni che una volta si chiamavano Sud-Sud, cioè relazioni economiche, politiche, cooperazioni tecnologiche, fattori che una volta passavano tutti a noi che eravamo il crocevia ed ormai non lo siamo più. Ora lo fanno direttamente.

Una volta avevano bisogno di noi per le tecnologie, adesso in parte notevole la Cina supplisce per conto suo e l’India è anch’esso un Paese che sta crescendo in modo importante. Alla fine noi ci ridurremo ad andare alla spicciolata, di nascosto lì a vedere se ci fanno un favore e ognuno per conto proprio.

Porre fine a questo conflitto è un’esigenza vitale per l’Europa e credo che la Russia ha dimostrato di essere sufficientemente debole che se le si offre una via d’uscita, naturalmente che non tenga conto delle sue pretese imperiali, ma di quel tanto che c’è di legittimo nelle sue preoccupazioni, la può accettare.

Io credo che il tavolo di un negoziato possa esserci e penso anche che, siccome questa guerra si combatte con le armi nostre e con i soldi nostri, forse fraternamente una qualche parola agli ucraini per incoraggiarli ad andare in questa direzione si può anche dire. Anche perché questo corrisponde anche agli interessi di quel Paese. L’alternativa è una tragedia infinita.

Le guerre fra potenze nucleari non ammettono vincitori e una guerra senza possibili vincitori è una tragedia infinita.

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