
di Maria Morigi
Il 10 settembre 2023, durante il vertice del G20 di Nuova Delhi è stato presentato il Memorandum of Understanding (MoU) dai governi di India, Stati Uniti, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Francia, Germania, Italia e Unione Europea. La proposta prevede un corridoio economico multinazionale ferroviario e marittimo India – Medio Oriente – Europa (IMEC) che mira a rafforzare la connettività e l’integrazione economica fornendo risorse energetiche e migliorando la connettività digitale. Il corridoio IMEC va dall’India all’Europa, attraverso Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Giordania, Israele e Grecia.
Presentato come alternativa alla Belt and Road Initiative (BRI) cinese, e definito “storico”, ha avuto il caloroso plauso della stampa filoatlantica come sfida palese a Pechino. Biden infatti cerca di contrastare la spinta cinese sulle infrastrutture globali proponendosi come partner e investitore alternativo per i paesi in via di sviluppo. il leader americano nello stordimento che lo contraddistingue forse sta mettendo in conto che la politica delle “guerre umanitarie” e i continui interventi militari in ogni zona del mondo non pagano bene, e così si dimostra convinto che il patto aprirà “infinite opportunità” per l’energia pulita, l’elettricità pulita e la connessione delle comunità. Da parte sua Il primo ministro Narendra Modi ha dichiarato: “mentre ci imbarchiamo in un’iniziativa di connettività così grande, stiamo gettando i semi affinché le generazioni future possano sognare in grande”. Tutte teorie perché nessuna democrazia reale (governata da lobbies di potere) è in grado di mobilitare processi decisionali di tale portata, i quali hanno bisogno di disponibilità di mezzi finanziari, volontà ferma e prospettive intermedie di implementazione.
Infatti, passati pochi giorni dalle trionfalistiche affermazioni, già sembra che sia un’utopia sognare in grande… il presidente turco Erdogan ha criticato il progetto di aggirare la Turchia e ha promesso un percorso alternativo Iraq Development Road Project, che dovrebbe collegare il Golfo Persico con l’Europa attraverso Emirati Arabi Uniti, Qatar e Iraq, compreso il porto in costruzione in Iraq di Grand Faw che dovrebbe essere ultimato entro il 2025.
Per di più, non tutti i partecipanti al Progetto IMEC sono prevenuti contro la Cina: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Giordania non si sbilanciano in una politica anti-Pechino o di contenimento della Cina, anzi, aderiscono essi stessi alla BRI. Semplicemente, cercano di diversificare le opzioni e trarsi fuori dalla dipendenza petrolifera, aderendo a investimenti esteri allargati senza rischiare rivalità geopolitiche. Inoltre alcune tratte della rotta IMEC sarebbero “in condominio” con la Cina (ad esempio Haifa, il Pireo, il porto di Gwadar in Pakistan -che è parte del Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) come diramazione BRI- e la ferrovia balcanica tra Grecia ed Europa centrale -che fa parte anch’essa della BRI). Ciò significa che la Cina stessa può utilizzare più parti del percorso IMEC.
Comunque ormai non si contano i progetti che in questi ultimi anni hanno cercato di soppiantare o contrastare la Belt and Road Initiative, nel breve tempo tutti finiti in modo fallimentare perché privi di pianificazione e di quel coordinamento progettuale che consente cooperazione e implementazione e perché privi di risorse finanziarie per decollare. E’ così che gli Stati Uniti e i loro alleati nel G7 lanciavano il 12 giugno 2021 Build Back Better W (B3W), o nel 2022 Global Partnership for Infrastructure Investment collaborazione del Gruppo dei Sette per finanziare progetti infrastrutturali nei paesi in via di sviluppo sulla base dei principi di fiducia della Blue Dot Network. Gli Stati Uniti non sono in grado di sostenere e portare a compimento questi progetti per il semplice fatto che sono costantemente condizionati da emergenze elettorali, discussioni del Congresso, spese militari e, al momento, dalla propaganda degli aiuti all’Ucraina. Neppure la situazione interna dell’India, con tutte le proteste in atto e il diffuso malessere sociale, consentirebbe a Modi di trovare le risorse per perseguire il progetto, se non per piccoli pezzi e non certamente in un quadro globale.
Infine, non c’è paragone possibile: l’IMEC è progetto modesto e localizzato in un’area tra Medio-Oriente e India, mentre la BRI abbraccia il mondo in rotte infrastrutturali transcontinentali, terrestri e marittime i cui risultati prevedono – come da programma – di avvantaggiare tutti secondo la strategia “win-win”. Strategia che ora, con molto ritardo, anche gli States pare vogliano imitare tanto da riempirsene la bocca… ma il risultato è un “imparaticcio” privo di ogni rigore etico.
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