La civilizzazione ecologica passa dalla difesa della biodiversità

bambini palloncinirossidi Francesco Maringiò

da http://zyita.china-plus.net

Alcuni anni fa, di fronte ad un rotolo di pittura paesaggistica cinese con le sue montagne torreggianti ed i corsi d’acqua sinuosi, un caro amico e sinologo argentino mi ha spinto ad osservare come la pittura tradizionale cinese, diversamente da quella occidentale, non ha come oggetto principale l’uomo. Questi, anzi, è raffigurato invece in proporzioni minime, immerso e sovrastato dall’imponente paesaggio naturale e perfettamente inserito in esso proprio per simboleggiare la compenetrazione tra l’uomo e la natura. È nella ricerca di questo equilibrio che non solo l’arte figurativa, ma anche la stessa filosofia, si sforza di fornire un contributo.  

Certamente il rapido sviluppo economico a seguito della politica di riforme ed apertura ha determinato un disequilibrio visibile e posto l’esigenza di recuperare un più armonioso bilanciamento tra le esigenze dello sviluppo umano e quello della conservazione e protezione dell’ecosistema naturale. Ma è proprio da questa esigenza che la leadership cinese ha implementato il concetto di “civilizzazione ecologica”, assurta a priorità al punto da essere inserita nello Statuto del Partito nel 2012. Il 18° Congresso nazionale poi ha ulteriormente rafforzato questa prospettiva definendo l’obiettivo della costruzione di una Cina bella, con una civilizzazione ecologica capace di imprimere una direzione chiara allo sviluppo sostenibile.

Uno studio della Nasa basato sull’osservazione satellitare e pubblicato su Nature ha dimostrato che il pianeta Terra è più verde di venti anni fa e questo grazie all’aumento di zone verdi in India ed in Cina. Ma, se per il primo paese si tratta prevalentemente dell’aumento delle aree destinate all’agricoltura, nel caso cinese il cambiamento è proprio il frutto di un imponente processo di rimboschimento di vaste aree del paese. Tutto questo ha un effetto benefico non solo nella riduzione dell’inquinamento dell’aria, ma anche al fine di preservare la biodiversità perché queste sacche di verde forniscono importanti habitat naturali per molte specie animali e vegetali. Accanto a tutto questo è bene ricordare come già nel periodo 2016-2020 il governo centrale abbia stanziato 78,3 miliardi di yuan per combattere l’inquinamento idrico, 97,4 per quello atmosferico e 28,5 per l’inquinamento del suolo, nonché altri 20,6 miliardi di yuan per i problemi ambientali nelle regioni rurali. Nel 2020, in piena pandemia, è stato erogato un maxi-finanziamento da conferire nel Fondo nazionale per lo sviluppo verde, per supportare la transizione dell’economia cinese e consolidare la lotta all’inquinamento ed ai cambiamenti climatici. A tutto questo si aggiunge l’impegno a raggiungere entro il 2060 la neutralità carbonica, cioè l’equilibrio tra le emissioni e l’assorbimento dell’anidride carbonica. Il presidente cinese ha ribadito che la Cina manterrà l’impegno di raggiungere il picco delle emissioni entro il 2030 per poi iniziare la fase di discesa.

Con un anno di ritardo, a causa dell’emergenza pandemica, lo scorso 3 maggio si è aperta in modalità virtuale la 24° sessione dell’Organismo sussidiario di consulenza scientifica, tecnica e tecnologica della Convenzione ONU sulla diversità biologica con il rinnovato obbiettivo di istruire i lavori sui temi principali in vista della 15° riunione della Conferenza delle Parti (COP-15), prevista per il prossimo autunno a Kunming, in Cina (11-24 ottobre 2021).

La capitale dello Yunnan, la provincia sud-occidentale cinese, offre una cornice paesaggistica unica ed una varietà di organismi viventi ed ecosistemi peculiari, a cui il governo locale ha prestato attenzione varando un piano d’azione (2012-2030) per la conservazione della biodiversità, con l’obbiettivo di combattere la minaccia nata dallo sfruttamento delle risorse e dai cambiamenti delle condizioni ambientali a causa delle attività dell’uomo.

Il Cop15 sarà anche l’occasione per l’approvazione del “Post 2020 Global Biodiversity Framework”, il piano d’azione globale per il prossimo decennio che fisserà target e impegni a medio (2030) e a lungo termine (fino al 2050), per arrestare e invertire il drammatico declino della biodiversità.

Come ha osservato Qin Tianbao, professore e direttore dell’Istituto di ricerca di diritto ambientale dell’Università di Wuhan, possiamo individuare tre tappe fondamentali della crescente attenzione cinese alla difesa della biodiversità. Il primo decennio (1992-2002), iniziato con la ratifica della Convenzione sulla diversità biologica, è stato per la Cina un periodo contrassegnato da un rapido sviluppo economico e dall’assunzione nel suo ordinamento giuridico di leggi e regolamenti che incarnassero lo spirito dello sviluppo sostenibile, così come definito dalle Nazioni Unite. Nel successivo decennio (2002-12) la Cina ha raggiunto uno status importante, diventando la seconda economia del pianeta e ciò ha accresciuto l’assunzione di responsabilità globali per una governance dei temi ambientali, così come ha rivisto il quadro normativo definendo la protezione della biodiversità una priorità assoluta. Nella terza fase (2012-presente) la postura cinese si è trasformata in quella di un contribuente attivo, delineando il concetto di “civiltà ecologica” (con le sue ricadute sul fronte politico, economico, legale e diplomatico) e segnando “un nuovo punto di partenza nel viaggio del paese verso lo sviluppo verde”.

Non dobbiamo mai dimenticare che questi progressi sono avvenuti in contemporanea ad uno sviluppo vigoroso dell’economia, indispensabile per vincere la battaglia contro la povertà assoluta.

Una tripla sfida (sviluppare l’economia ed il paese, uscire dalla povertà e proteggere l’ambiente e la biodiversità) che la Cina ha affrontato improntando dall’alto direttive politiche ed una nuova visione ed implementando politiche attive nella conservazione da parte delle comunità locali. La sfida che attende il vertice COP15 è, tra le altre cose, quella di stabilire le linee guida di una governance globale sulla biodiversità e protezione ambientale, capace di rispettare il diverso sviluppo dei paesi ma al contempo in grado di definire obiettivi globali capaci di essere implementati nelle singole strategie nazionali. In ballo, c’è la salvaguardia della diversità naturale e quel delicatissimo rapporto tra natura e uomo che, come nell’arte, deve saper trovare il giusto equilibrio.