di Giambattista Cadoppi
“La politica di guidare l’evoluzione dell’Islam e di aiutare gli islamisti contro i nostri avversari ha funzionato meravigliosamente bene in Afghanistan contro i russi. Le stesse dottrine possono ancora essere utilizzate per destabilizzare ciò che rimane del potere russo, e soprattutto per contrastare l’influenza cinese in Asia centrale”. Graham E. Fuller, 1999, architetto chiave della CIA per la strategia degli Stati Uniti sull’Islam
La proposta di Fuller è diventata la strategia politica segreta degli Stati Uniti alla fine degli anni Novanta. La politica di Washington di “armare” e formare islamisti radicali e fondare migliaia di scuole islamiche radicali e madrasa in Medio Oriente, Africa e Asia centrale, completa di libri scolastici radicali tradotti dalla CIA e interpretazioni del Corano che alimentavano l’odio per “infedeli” o i mussulmani non-sunniti, doveva essere diretta contro il colosso economico emergente della Cina, contro un nemico russo già indebolito e infine contro l’Iran e Hezbollah.
Con il caos creato dal crollo dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni Novanta, la CIA si è precipitata nelle repubbliche dell’Asia centrale di recente indipendenza per stabilire immediatamente la propria presenza usando i mujahidin veterani delle guerre in Afghanistan. Hanno trasportato i mujahidin jihadisti in Azerbaijan per ottenere il controllo del governo e favorire le compagnie petrolifere statunitensi e britanniche. Hanno portato i mujahidin in Cecenia e nell’ex Caucaso sovietico per scatenare il terrore e il caos bloccando l’oleodotto russo-azero e indebolire la Russia, già in difficoltà, dell’era di Eltsin. Meno conosciuti, sono gli sforzi di portare i veterani della guerra santa dei mujahidin in Uzbekistan, Kirghizistan e persino all’interno dei confini cinesi nella provincia, in gran parte musulmana, dello Xinjiang. La proposta di Graham Fuller veniva attuata segretamente contro la Cina.
Lo Xinjiang è un importante centro della nuova Via della Seta (Belt and Road Initiative, BRI), che Washington intende sabotare. Usciti vincitori dalla guerra fredda nel 1991, gli Usa si sono autonominati il solo Stato con una forza, una portata e un’influenza in ogni dimensione – politica, economica e militare – realmente globali”, proponendosi di “impedire che qualsiasi potenza ostile domini una regione – l’Europa Occidentale, l’Asia Orientale, il territorio dell’ex Unione Sovietica e l’Asia Sud-Occidentale (il Medioriente) – le cui risorse sarebbero sufficienti a generare una potenza globale. Le accuse sui pretesi “campi di concentramento” nei media occidentali servono a demonizzare la Cina come “regime nemico”, insieme alla Russia.
Da allora gli Usa e la Nato sotto loro comando hanno frammentato o demolito con la guerra, uno dopo l’altro, gli stati ritenuti di ostacolo al loro piano di dominio globale – Iraq, Jugoslavia, Afghanistan, Libia, Siria – mentre altri ancora (tra cui l’Iran e il Venezuela) sono nel mirino. Il recente coro di attacchi a Pechino per il trattamento della minoranza musulmana nello Xinjiang ignora convenientemente il motivo per cui Pechino è molto allarmata. Uno dei motivi principali è che ci sono tra i 5 e i 20 mila uiguri che combattono come jihadisti islamici in Siria, e stando e a quanto riferito vengono allenati per tornare in Cina e condurre la jihad contro il governo nella regione che è il cuore delle reti petrolifere e dei gasdotti cinesi e un hub per la nuova Via della Seta. Il ruolo della Turchia e del governo di Erdogan nel sostenere i cosidetti “popoli del Turkestan orientale” è nel migliore dei casi poco chiaro, nel peggiore dei casi, malevolo. In questo frangente, è chiaro che il problema uiguro della Cina affonda le sue radici in decenni di finanziamenti dell’Arabia Saudita ai progetti della CIA in Asia per conto della Fratellanza Musulmana e dei loro gruppi terroristici tra cui Al Qaeda, Al Nusra in Siria e l’ISIS. I disordini di Urumqi nel 2009 innescati dalle organizzazioni uigure con sede a Washington, sono scoppiati solo pochi giorni dopo un incontro tra i membri dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, che avevano come ospite ufficiale l’Iran di Ahmadinejad, a Ekaterinburg. C’era una chiara connessione tra l’incontro di Ekaterinburg e la rivolte uigura. Washington non era affatto felice di vedere cooperare le nazioni dell’Eurasia.
Per la Cina, il controllo del Xinjiang, passaggio naturale per chiunque tentasse di invaderla, è sempre stato cruciale. Tutte le dinastie cinesi nel corso dei secoli hanno sempre operato per conservare questa fondamentale provincia. I cinesi hanno ripetuto per secoli: “Se il Xinjiang è perso, la Mongolia è indifendibile e, con questo, Pechino è vulnerabile”.
L’Eurasia sarà sempre più il campo di battaglia e la distruzione del progetto Belt and Road è la ragione d’essere degli sforzi dell’Impero. Gli occidentali devono chiedersi se vorrebbero che terroristi armati vivessero a casa loro. Ma se terrorizzano la gente in Siria o in Cina, va bene, e il sistema politico occidentale non è preoccupato. In quella realtà invertita, il terrorista diventa la vittima secondo il ciclo di inversione delle parti dettato dai media mainstream. Il terrorismo è un male? Dipende chi colpisce.
Graham Fuller, la CIA e il Dipartimento di Stato puntano ben oltre i confini dello Xinjiang. Nel corso del tempo, hanno schierato gli islamisti in Pakistan per distruggere le principali infrastrutture finanziate dalla Cina, in Myanmar, per interrompere la vitale infrastruttura energetica Cina-Myanmar e attraverso il Medio Oriente e l’Africa, dal Sudan alla Libia alla Siria, per essere in grado di soffocare le linee vitali di approvvigionamento di petrolio e gas della Cina.
Perchè le questioni Uigura e Royinga (Myamar) di assomigliano?
Perché tra le tante etnie islamiche della Cina solo gli Uiguri sono un problema? Perché una parte seppure estremamente minoritaria sta combattendo una guerra separatista a suon di attentati. I paesi occidentali incoraggiano i terroristi sostenendo che gli uiguri stanno affrontando persecuzioni religiose.
I paesi occidentali sperano che se gli Uiguri dovessero ottenere l’indipendenza, anche tutti gli altri gruppi etnici (in Cina ce ne sono 56) inizieranno a chiedere la secerssione portando alla disgregazione del paese.
Quindi, se qualcuno afferma che gli uiguri sono discriminati e perseguitati, bisogna chiedersi perché gli altri nove gruppi di mussulmani cinesi non lo sono. Nessuno di questi gruppi etnici musulmani è impegnato in conflitti con il governo cinese.
La stesso in Myanmar. Ci sono:
1. Royinga (musulmani con antenati in Bangladesh o indicati come musulmani Bengali)
2. Panthays (musulmani cinesi birmani)
3. Pishus (musulmani di origine malese)
4. Musulmani Zerbadi (comunità discendente dal matrimonio tra maschi indiani e musulmani e femmine birmane). Per inciso, questi ultimi sono il più grande gruppo etnico musulmano in Myanmar e formano la metà della popolazione musulmana totale.
In Myanmar, solo i musulmani Royinga affermano di essere discriminati e perseguitati. Perché? Perché, solo i musulmani Royinga hanno combattuto per la secessione. In primo luogo, volevano che la loro regione di Rakhine si separasse e si unisse al Bangladesh e quando ciò fallì, i Royinga iniziarono a chiedere uno stato separato. Le atrocità dei Royinga contro i birmani e i buddisti sono ben documentate. Ancora una volta, le potenze occidentali sono al lavoro, cercando di distruggere il Myanmar per interrompere l’infrastruttura energetica Cina-Myanmar. Sicché Aung San Suu Kyi, figlia del fondatore del Partito Comunista e padre dell’indipendenza birmana Aung San è passata improvvisamente da eroina dei diritti umani e Premio Nobel per la Pace a criminale di guerra non appena ha accennato ad un accordo con la Cina.
La strategia cinese
Nel 2013, il presidente Xi Jinping ha iniziato un grande tour nei paesi dell’Asia centrale per promuovere i piani cinesi per costruire una nuova Via della Seta in tutta questa area strategica.
I piani di Pechino includono una maggior quantità di gas naturale per l’industria cinese dal Turkmenistan, con la costruzione di una nuova diramazione del gasdotto Asia Centrale-Cina, che coinvolgerebbe anche Tagikistan e Kirghizistan. Xi Jinping ha parlato della costruzione di una “cintura economica lungo la Via della seta”, un progetto trans-eurasiatico che si estende dall’Oceano Pacifico al Mar Baltico. In un discorso ad Astana, in Kazakistan, Xi ha dichiarato che la BRI avrebbe creato una cintura economica abitata da “quasi 3 miliardi di persone e il più grande mercato del mondo con un potenziale senza pari”.
Nella sua visita in Turkmenistan nello stesso tour, Xi si è che assicurato il gasdotto in costruzione avrebbe percorso la tratta dal Turkmenistan all’Uzbekistan-Tagikistan-Kirghizistan fino in Cina.
“L’unico problema di Pechino è che il gasdotto dell’Asia Centrale e altri gasdotti, linee elettriche e reti di trasporto attraversino tutta la regione autonoma uigura dello Xinjiang. Lo Xinjiang è stato preso di mira da Washington in una campagna di destabilizzazione ancora in corso degli amici di Graham Fuller e le loro bande terroristiche della Jihad islamica come loro longa manus” (Engdahl 2009).
Queste mosse economico-strategiche della Cina sono potenzialmente positive per la maggior parte della popolazione mondiale. Alcuni potenti gruppi di interesse nel mondo occidentale – bancario, industriale, militare e politico – che vedevano Pechino, al tempo della Guerra Fredda, quando il nemico principale era l’URSS, come potenziale amico dell’America, ora lo percepiscono come il nuovo nemico emergente. Uno spostamento strategico-militare verso il Pivot to Asia era nelle intenzioni del presidente Obama riorientando le attività militari statunitensi per bloccare la crescente influenza cinese. Il suo successore Trump ha puntato soprattutto a danneggiare lo sviluppo economico cinese, sinora senza esito.
Una parte centrale della loro strategia per far deragliare la Cina e la sua crescente presenza eurasiatica si fonda sul rafforzamento del fondamentalismo islamico di Gülen, Al Qaeda e la Fratellanza musulmana contro la Cina, la Russia e tutta l’Eurasia, l’unico spazio che Zbigniew Brzezinski nel suo famoso libro The Grand Chessboard definì l’unica possibile sfida alla futura egemonia e dominio dell’America.
Scrive in un’acuta analisi Domenico Losurdo che cita il falco neo-con Aaron Friedberg :
“Per gli Stati Uniti si tratta in ultima analisi di confinare il grande Paese asiatico nella sua superficie terrestre e di circondarlo con il maggior numero possibile di basi aeree e navali e con un gigantesco dispositivo militare, destinato a crescere ulteriormente in conseguenza del ‘pivot’. Se questo piano dovesse riuscire, la Cina sarebbe alla mercé degli Stati Uniti, i quali potrebbero in ogni momento ricattarla, con la messa in atto o la minaccia di un blocco navale o di un blocco delle linee di comunicazione marittima attraverso le quali passano le materie prime e il commercio estero che sono assolutamente essenziali per l’economia del grande Paese asiatico. A questo punto si realizzerebbe il sogno del consigliere dell’ex vice-presidente Dick Cheney (un falco e un campione del neoconservatorismo), il sogno per cui la Cina verrebbe a dipendere per l’eternità dalla ‘benevolenza’ tutt’altro che garantita degli USA. Sì – ribadisce il sullodato consigliere – ‘la Cina è troppo importante per essere lasciata in mani cinesi’ (Friedberg)! Ebbene, quali sono i progetti e i suggerimenti che si possono leggere in questo testo? ‘La fragilità politica interna della Cina è un fattore di rischio per i suoi governanti e potrebbe costituire un elemento di vulnerabilità che gli avversari potrebbero sfruttare’. Partendo dalla constatazione dello ‘stretto controllo che i leader del Partito comunista desiderano mantenere sull’esercito, sul governo e sulla società cinese nel suo complesso’, ecco che vengono ipotizzati una serie di ‘minacce’ e ‘attacchi’ di natura non sempre precisata e comunque assai varia. In primo luogo l’attenzione si deve concentrare sui ‘metodi di guerra irregolari, attinenti all’informazione, non convenzionali che comportano la possibilità di provocare instabilità per esempio nel Tibet o nello Xinjiang’. È un punto su cui l’analista militare statunitense insiste in modo particolare: ‘azioni coperte e guerra non convenzionale miranti a creare disordini per il PCC nel Tibet e nel Xinjiang’ possono costituire un ottimo punto di partenza. Peraltro, non sono solo le regioni abitate da minoranze nazionali a dover essere presedi mira. S’impongono ‘operazioni più aggressive contro la Cina di carattere multimediale e nell’ambito dell’informazione’ (e disinformazione); occorre saper dispiegare pienamente ‘le operazioni psicologiche e di informazione (e di disinformazione), le arti nere della guerra irregolare e offensiva, la guerra non convenzionale’”(Losurdo 2016).
Ci si dovrebbe ricordare delle accuse propagandistiche contro la Siria poco prima che scoppiasse la guerra! La questione dei “campi” dello Xinjiang non è altro che una manovra per istigare conflitti tra la Cina e il mondo musulmano. È progettata per minare la Via della Seta. Bisogna pur trovare qualcos’altro da fare a quei jihadisti che stanno perdendo la guerra in Siria, dirigendoli alla guerra in Cina. Minare la stabilità per lo sviluppo e la lotta alla povertà. Sembra che la guerra commerciale di Trump non sia sufficiente per abbattere la Cina.
Kaos contro stabilità. La “minaccia della pace” portata dalla Cina
L’Impero del Kaos deve far fronte ad una minaccia: la pace e la stabilità portata dalla Cina. All’origine della guerra in Siria troviamo la volontà dell’Impero di favorire la creazione di una situazione caotica utilizzando ogni mezzo, intervento palese, guerra civile, terrorismo per favorire i suoi vassalli nell’area. L’obiettivo non è soloquello di esercitare il controllo su una determinata area per sfruttarne le risorse, ma di sottrarre una zona al controllo dei concorrenti o per mettere i bastoni tra le ruote ad uno sviluppo pacifico delle relazioni politiche e commerciali (Moro 2017).
Jamal Wakeem, professore dell’Università Libanese di Beirut, intervistato da Russia Today ha dichiarato: “Credo che i russi siano consapevoli del fatto che la guerra in Siria è una guerra per procura diretta contro di loro e contro il loro alleato: la Cina. Fa parte di un piano più grande degli Stati Uniti per bloccare le rotte commerciali marittime dell’Eurasia”.
Insomma gli obiettivi USA sono di interrompere la Via della Seta cinese nell’area euroasiatica e in Medio Oriente e nel contempo togliere alla Russia l’unica base attiva nel Mediterraneo, a Tartus in Siria. In particolare se l’Ucraina serviva rompere la possibile collaborazione russo-tedesca orientata verso l’Eurasia, la Siria serve anche ad intralciare la Via della Seta vista come un passo verso la formazione di un blocco sino-euroasiatico come sottolineano Alberto Rabilotta e Michel Agnaïeff (2016) in un loro interessante saggio pubblicato da Marx XXI.
Scrive Manlio Dinucci (2019): “Tutti contro tutti:è l’immagine mediatica del caos che si allarga a macchia l’olio sulla sponda sud del Mediterraneo, dalla Libia alla Siria. Una situazione di fronte alla quale perfino Washington sembra impotente. In realtà Washington non è l’apprendista stregone incapace di controllare le forze messe in moto. È il centro motore di una strategia – quella del caos – che, demolendo interi Stati, provoca una reazione a catena di conflitti da utilizzare secondo l’antico metodo del ‘divide et impera’. Usciti vincitori dalla guerra fredda nel 1991, gli Usa si sono autonominati ‘il solo Stato con una forza, una portata e un’influenza in ogni dimensione – politica, economica e militare – realmente globali’, proponendosi di «impedire che qualsiasi potenza ostile domini una regione – l’Europa Occidentale, l’Asia Orientale, il territorio dell’ex Unione Sovietica e l’Asia Sud-Occidentale (il Medioriente) – le cui risorse sarebbero sufficienti a generare una potenza globale’”.
Da allora gli Usa e la Nato, sotto loro comando, hanno frammentato o demolito con la guerra, uno dopo l’altro, gli Stati ritenuti di ostacolo al piano di dominio globale – Iraq, Jugoslavia, Afghanistan, Libia, Siria e altri – mentre altri ancora (tra cui l’Iran e il Venezuela) sono nel mirino.
Differente è la strategia cinese della creazione di una “zona di relazioni di buon vicinato” ai confini occidentali della Cina che è esplicitamente menzionata nel documento cinese sulla Nuova Via della Seta. I cinesi precisano che questo non ha nulla a che fare con le “sfere di influenza”, in quanto non si intende né stabilire un rapporto di soggezione, né escludere altre potenze da rapporti commerciali e di cooperazione; non si tratta di una “zona cuscinetto strategica”, ma di una “zona di stabilità strategica”. La costruzione della Via della Seta terrestre consente alla Cina di promuovere proprio lo sviluppo della provincia autonoma dello Xinjiang, tra le province più povere e attraversata da tendenze separatiste di matrice islamica. È una provincia strategica anche in quanto il suo sottosuolo ha il 22% del petrolio e il 40% del carbone estratti in Cina. Lo Xinjiang è sulla rotta della Via della Seta terrestre e lo sviluppo dei legami economici con i Paesi dell’Asia centrale ne promuoverebbe le esportazioni e la stabilità. Considerazioni analoghe valgono per le regioni occidentali e del sud della Cina.
Sostiene Massimiliano Coco (2018):
“Da quando, nel 2013, Xi annunciò il progetto di una Nuova Via della Seta , lo Xinjiang si è trasformato in una rampa di lancio per i commerci cinesi attraverso l’Asia Centrale e l’Europa. In questo ambito la Commissione Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo (Ndrc) ha approvato un progetto da 6 miliardi di dollari per l’allargamento dell’aeroporto internazionale ‘Diwopu’ di Urumqi. Secondo i piani della Ndrc, i lavori (che prevedono, tra l’altro, un nuovo terminal da 500.000 metri quadrati e due nuove piste) andranno avanti fino al 2030, quando vi transiteranno ogni anno 63 milioni di passeggeri e 750 mila tonnellate di merci. A trainare lo sviluppo di Urumqi dovrebbe contribuire la crescita del commercio elettronico transfrontaliero nelle aree centro-occidentali della Cina. Nell’agosto scorso, il primo cargo 747-400F ha collegato Urumqi con Liegi, la città belga dove Alibaba dovrebbe aprire presto un suo hub logistico. Il Xinjiang è la più estesa tra le province e le regioni autonome della Cina, ma anche una delle più povere, soprattutto a sud del deserto del Taklamakan, dove si concentra la maggior parte dei contadini uiguri. L’economia regionale ha registrato l’anno scorso un Prodotto interno lordo pari a 144 miliardi di dollari, con una crescita (+7,6%) più elevata della media nazionale (+6,9%)”.
Il volume del commercio estero della regione autonoma di Xinjiang Uygur, è salito dell’11,6% su base annua a gennaio 2019 arrivando 13,94 miliardi di yuan (2,08 miliardi di dollari). Le esportazioni sono cresciute del 10,2% su base annua a 11,34 miliardi di yuan a gennaio, mentre le importazioni sono aumentate del 18,8% a 2,6 miliardi di yuan. Il volume di scambi commerciali su piccola scala dello Xinjiang ha raggiunto i 9,25 miliardi di yuan, in crescita del 12% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, pari al 66,4% del volume totale del commercio estero della regione.
Il commercio con il Kazakistan, il Kirghizistan e la Russia è aumentato. A gennaio, il commercio tra Xinjiang e Kazakistan ha toccato i 5,5 miliardi di yuan, in crescita del 7,8% su base annua. Nel frattempo, la regione ha esportato 78.000 tonnellate di prodotti agricoli per un valore di 590 milioni di yuan, con un aumento del 17,3% su base annua. Il governo regionale ha promosso la politica di riduzione delle imposte e l’ottimizzazione del contesto imprenditoriale. A dicembre 2018, il tempo richiesto per il processo di sdoganamento è stato ulteriormente ridotto. Il commercio estero dello Xinjiang è cresciuto dell’11,6% a gennaio.
Gli stati con cui lo Xinjiang commercia fanno parte dell’Organizzazione di Shanghai. Bisogna dire che questa era nata originariamente proprio per contrastare la minaccia terroristica. Un evento fondamentale è stato l’attentato all’ambasciata cinese di Bishkek. Un uomo al volante di un’auto aveva sfondato il cancello prima di farsi esplodere sul piazzale dell’ambasciata. L’attentato è attribuibile a un’organizzazione uigura, secondo quanto riportato dalle autorità kirghise. L’uomo sarebbe stato addestrato da terroristi uiguri operativi in Siria. A seguito di questo attentato la Cina ha siglato un’alleanza con altri tre Paesi dell’area centro-asiatica: l’Afghanistan, il Pakistan e il Tagikistan. “Caucaso e Xinjiang saranno probabilmente le due aree dove è legittimo attendersi una ripresa del terrorismo ISIS – sottolinea Stefano Cammelli – Siano 100 o 300 i terroristi uiguri che si addestrano in Daesh, è certo che da questo fronte ci si deve attendere problemi seri. L’attentato alla stazione di Kunming del marzo 2014, costato la vita a 33 persone, aveva fatto aumentare il timore delle autorità di Pechino, e di quelle di altri Paesi del sud-est asiatico, che vi fosse la possibilità di un ‘salto di qualità’ della guerriglia uigura, che potrebbe essersi unita al jihad globale. E’ probabile che la cosa sia stata segnalata ai cinesi anche dai russi e che sia stato sollecitata una maggiore prevenzione” (Cammelli 2017).
All’origine gli uiguri raggiungevano direttamente l’Isis; «Più di recente, il governo cinese ha manifestato preoccupazione per il possibile sconfinamento dei gruppi terroristici: lo scorso anno il governo aveva stimato in circa trecento i cittadini uiguri che si erano addestrati in campi jihadisti controllati dallo Stato Islamico (l’East Turkestan Islamic Movement ma gli uiguri si identificano anche con l’IMU Islamic Movement of Uzbekistan: entrambi hanno collegamenti a livelli diversi con Al Qaeda e Daesh)” (Spalletta 2016).
Cammelli è uno dei pochi studiosi occidentali che non obbedisce al paradigma dominante “orientalista”, ossia il paradigma di un Oriente creato su misura per le esigenze dell’Occidente che, quando va bene, è quello che si immagina Indiana Jones. Spesso però la Cina è un incubo che serve per legittimare un Occidente da sogno. Edward Said (2002) non si occupò espressamente di Cina nel suo saggio sull’orientalismo, ma avrebbe avuto senz’altro molto da scrivere. Cammelli parla delle contromosse dei comunisti cinesi. La mossa dei cinesi è stata nominare Chen Quanguo che nello Xinjiang ha adottato gli stessi sistemi che hanno portato alla normalizzazione del Tibet di cui è stato governatore. “’La sicurezza al primo posto’. Per raggiungere questo obbiettivo si dice che abbia assunto in meno di un anno quasi 53.000 persone. Nelle assunzioni nessun discrimine tra uiguri e cinesi: e già questa è una misura meno evidente dei posti di blocco ma forse ancora più efficace. La creazione di migliaia di posti di lavoro in una provincia nota per i suoi ritardi, specialmente nella comunità islamica, non è fattore secondario nel creare consenso” (Cammelli 2017).
Come in Siria l’Impero sta usando la carta delle minoranze etniche per spezzare la resistenza dei paesi presi di mira. In Siria i curdi e i turcomanni, in Cina gli uiguri e i tibetani.
Il terrore corre lungo la Via della Seta
Tutto iniziò nel 1995, quando Recep Tayyip Erdogan, allora sindaco di Istanbul, nominò un parco della città in onore di Isa Alptekin tra i fondatori della Repubblica del Turkestan Orientale negli anni Trenta. All’apertura ufficiale del parco, dichiarò: “Il Turkestan orientale non è solo la patria dei popoli turchi ma anche la culla della storia, della civiltà e della cultura turche. Dimenticare ciò porterebbe all’ignoranza della nostra storia, civiltà e cultura. I martiri del Turkestan orientale sono i nostri martiri” (Sahiounie 2018).
Il Movimento Islamico del Turkestan orientale (ETIM) opera come Partito islamico del Turkestan (TIP), che è anche conosciuto come “Katibat Turkistani”. Osama Bin Laden si è impegnato a sostenerlo in un incontro del 1999 in Afghanistan. I suoi membri si sono addestrati da Al-Qaeda e dai talebani sia in Afghanistan che in Pakistan. Il Dipartimento di Stato americano ha etichettato ETIM come organizzazione terroristica.Il 28 luglio 2016, il TIP è diventato una fazione ufficiale di Jabhat Al Nusra, che è un’organizzazione di Al Qaeda in Siria.
Erdogan ha appoggiato le operazioni segrete degli Stati Uniti durante gli attacchi terroristici contro la Siria, a partire dal 2011 (Mazzetti et al. 2017). La Turchia divenne ufficialmente il punto di transito di tutti i terroristi internazionali con destinazione finale la Siria (Rukmini 2016). Le compagnie aeree e gli aeroporti turchi erano pieni di passeggeri in marcia verso la Jihad. Le imprese turche stavano facendo soldi con le mani in pasta su tutto, dai taxi, alle camere d’albergo, al cibo; fino ai trapianti di organi, che sono il sottoprodotto dei donatori siriani non consenzienti macellati dai terroristi. [“Abbiamo informazioni accurate sul fatto che oltre 25.000 operazioni chirurgiche sono state condotte nei campi profughi dei paesi vicini e nelle aree controllate dal terrorismo in Siria dal 2011 per eliminare gli organi del corpo di 18.000 siriani e venderli nei mercati neri internazionali”. Direttore generale Hossein Noufe] (Organs 2016).
Sembra che il piano di Erdogan puntasse alla modifica della demografia siriana. L’obbiettivo era ripopolare la provincia di Idlib con jihadisti uiguri che attaccano i proprietari di case e gli agricoltori siriani, facendoli fuggire abbandonando così le loro proprietà agli stranieri. Il presidente turco puntava su di una nuova colonia turca annessa alla Turchia.
Un altro piano è stato formulato dalle autorità turche, che hanno iniziato ad emettere passaporti turchi a decine di uiguri, che lasciano la Cina con voli internazionali, con destinazione Istanbul (Lee 2015). Durante il viaggio, alcuni uiguri sono stati interrogati in Indonesia e altrove1 (Wong 2018). Le autorità erano sospettose sui loro passaporti turchi, apparteneti a persone all’apparenza cinesi. Essi hanno insistito sul fatto di essere cittadini turchi che viaggiavano come turisti in Asia. I funzionari indonesiani hanno convocato l’ambasciata turca che ha sorprendentemente confermato che erano turchi. Gli impiegati dell’immigrazione turca negli aeroporti sono stati addestrati a identificare questi passaporti speciali e a confiscarli. Quindi, una volta entrati nel paese, gli uiguri non sarebbero stati in grado di lasciare la Turchia, garantendo che una volta varcata la frontiera siriana sarebbero rimasti bloccati a Idlib, per la Jihad, mentre indirettamente sono sotto il controllo del governo turco.
Uiguri tra “i peggiori terroristi in Siria”. Il secondo “stato islamico” della Turchia a Idlib
Molto è stato scrittosull’esercito mercenario degli uiguri di Erdogan a Idlib (Sahiounie 2016). La mentalità uigura non si adatta allo stereotipo dei loro compagni ISIS e di Al Qaeda. Gli uiguri insistono nel vivere nel loro tradizionale ordine famigliare. Non invadono la Siria da soli: vengono con mogli, figli e genitori. Le famiglie multigenerazionali stanno vivendo illegalmente nelle campagne di Idlib, hanno creato scuole per i loro figli in cui insegnano la lingua turca. Hanno occupato case e fattorie che appartengono a famiglie siriane diventate senzatetto a causa di questi jihadisti stranieri.
Zanbaqi è un villaggio situato vicino a Jisr al-Shughur, appena fuori Idlib. Gli abitanti del piccolo villaggio erano solo 752 nel censimento nazionale siriano del 2004. Tuttavia, oggi ci sono circa 3.500 militanti del Partito Islamico del Turkistan (TIP) cone le loro famiglie che vivono lì, con i loro campi militari che addestrano centinaia di bambini. Il TIP prepara non solo i bambini uiguri, ma anche quelli locali ad essere “piccoli jihadisti“. Zanbaqi ora assomiglia più alla Cina che a Damasco. Katibat al Ghuraba al Turkistan (KGT) è venuta alla luce nel luglio 2017, quando sono stati caricati i loro video di YouTube su combattimento, uso di armi e un campo di addestramento nelle scuole per bambini. Purtroppo, ci sono molte notizie di terroristi stranieri, tra cui uzbeki e uiguri che addestrano i bambini per la prossima generazione di Jihad.
Da Idlib allo Xinjiang: combattenti uiguri addestrati per il terrore
L’ambasciatore siriano a Pechino, Imad Moustapha, ha dichiarato che almeno 5.000 uiguri provenienti dalla Cina erano in Siria a combattere insieme a jihadisti armati a partire da maggio 2017 (Imad 2017). Secondo altre testimonianze oltre 18 mila jihadisti uiguri hanno invaso la città di al-Zanbaki (governatorato di Idlib), dove beneficiano della logistica sanitaria e alimentare di “ONG” tedesche e francesi, Chiunque abbia effettivamente seguito le testimonianze, sa che gli uiguri sono tra i più violenti tra i vari gruppi di combattenti in Siria. Il semplice fatto che siano al fianco di Jabhat al Nusra è indicativo, poiché sono considerati i terroristi più temuti. Il 10 giugno 2015 il massacro di Qalb Loze (Bartlett 2015) è stato condotto anche dagli uiguri che hanno partecipato assieme ai loro fratelli in armi, massacrando i civili. Le chiese e le comunità cristiane della regione di Idlib non sono state risparmiate. I cristiani sono una minoranza lì, e gli uiguri hanno predato queste comunità. Li hanno costretti ad abbandonare le loro proprietà danneggiando le chiese. I sacerdoti sono stati rapiti e decapitati.
Ai colloqui di Astana, per una soluzione politica del conflitto siriano nel settembre del 2017, i 3 paesi partecipanti, la Russia, l’Iran e la Turchia, hanno concordato una de-escalation della zona a cominciare da Idlib. Tuttavia, l’ISIS e i gruppi di terroristi affiliati ad Al Qaeda non sono mai stati inclusi in questo accordo. La risoluzione 2254 delle Nazioni Unite afferma chiaramente che tutti gli stati membri delle Nazioni Unite devono combattere gruppi terroristici come ISIS, Al Qaeda, Jibhat al Nusra e altri jihadisti radicali armati. Poiché Idlib ha ospitato migliaia di jihadisti stranieri, così come la piccolissima comunità del Free Syrian Army (FSA), che l’ONU, gli USA e la NATO chiamano “ribelli moderati”, la “guerra al terrore” iniziata da George W. Bush è stato mantenuta in un limbo. La posizione russa, siriana e iraniana era quella di seguire la legge internazionale e la risoluzione dell’ONU 2254, che chiarisce che combattere l’ISIS e Al Qaeda e le loro affiliate è l’unica via da seguire, nel percorso verso il ripristino della pace e della sicurezza a Idlib.
L’appoggio di USA, EU e Israele
I documenti recentemente pubblicati dal New York Times dimostrano al di là del sensazionalismo, la volontà del governo cinese di mantenere la pace civile a ogni costo. Il presidente Xi ha invitato le forze dell’ordine a mostrarsi «assolutamente senza pietà» verso i terroristi. Deve infatti far fronte a una organizzazione, il World Uyghur Congress, creata dalla CIA durante la guerra fredda, che il quotidiano statunitense finge di credere pacifica.
In realtà il World Uyghur Congress, basato a Monaco (Germania), è il volto legale dei terroristi uiguri e ha giustificato gli attentati in Cina. Questa è l’organizzazione che ha fatto da tramite per l’invio di migliaia di combattenti a formarsi in Siria, con l’aiuto della Turchia. Gli jihadisti uiguri hanno ora molti appoggi in Europa: dal 7 al 9 dicembre 2019 un seminario a porte chiuse ha riunito numerosi lobbisti a Bruxelles; il 10 dicembre 2019 si è tenuta al parlamento europeo una conferenza presieduta dal deputato europeo francese Raphaël Glucksmann (figlio del filosofo collega di Henry-Levy) e dal presidente del World Uyghur Congress, Dolkum Isa. Glucksmann era sposato con Eka Zgouladze, viceministro dell’Interno georgiano responsabile della guerra alla Russia di cui lo stesso Glucksmann era consulente, diventata successivamente, dopo il rovesciamento a furor di popolo del governo georgiano, viceministro dell’Interno ucraino del governo semifascista del dopo Maidan.
Intanto i terroristi uiguri guardano allo stato terrorista di Israele come al modello del loro futuro stato. Insomma ucronazisti, nazisionisti e terroristi islamici uniti nella lotta!
Bibliografia
Bartlett Eva: Qalb Lozeh a druze village, a NATO-backed massacre 16/8/2015 https://ingaza.wordpress.com
Cammelli Stefano : Xinjiang Reporting, 10/08/2017.
Cocco Michelangelo: Xinjiang, nella Nuova era non c’è spazio per le forze del male né per le lacrime,Cinaforum 20-11-2018.
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