di Alberto Gabriele per Marx21.it
In questi giorni, in seguito alla tragedia di Barletta, molti osservatori (incluso l’ex-comunista Giorgio Napolitano) si sono stracciati le vesti quando hanno scoperto che e’ prassi comune nel Mezzogiorno, per cittadini/e italiani/e doc, lavorare in nero in precarie condizioni di sicurezza per 4 euro l’ora o meno. Molti di questi signori si sono scandalizzati, paventando che di questo passo un giorno i poveri lavoratori italiani si ritroveranno a percepire “salari cinesi”.
L’uso di questa espressione, naturalmente, e’ rozzo e offensivo nei confronti di un paese come la Repubblica Popolare Cinese, che in pochi decenni ha quasi eliminato la poverta’ di massa, che fino a tempi recenti affliggeva molte centinaia di milioni di persone – un’impresa senza precedenti nè paragoni nella storia dell’umanita’. Naturalmente, nessuno studioso serio (di destra, di sinistra o di centro) nega lo straordinario successo della Cina nella lotta alla poverta’, anche se le interpretazioni su come ci sia riuscita divergono ampiamente.
Invece, tra l’affollata plebaglia di giornalisti servili e pseudoeconomisti venduti che quotidianamente contribuisce a rincitrullire il Belpaese, solo una minoranza riconosce questo fatto elementare. Anche tra questi pochi eletti, tuttavia, si dà quasi sempre per scontato che, nonostante i progressi economici della Cina e lo speculare declino economico e sociale dell’Italia, i salari italiani siano sempre e comunque incommensurabilmente piu’ alti di quelli cinesi. Beh, le cose non stanno esattamente cosi’.
La tabella 1 qui sotto (tratta dall’Economist Intelligent Unit) mostra i salari medi mensili (in yuan) pagati a impiegati locali nelle citta’ di Beijing, Guangzhou e Shanghai (le piu’ avanzate della Cina), su una base annuale di 13 mensilita’. La tabella 2 mostra il corrispondente valore in euro in base al tasso di cambio ufficiale, e (nell’ultima colonna) una stima del potere di acquisto che questi salari avrebbero in Italia, tenuto conto delle grandi differenze tra le rispettive strutture di prezzi della Cina e dell’Italia. Insomma, i salari cinesi cosi’ “aggiustati” sono grosso modo paragonabili ai salari reali italiani.
L’ Economist Intelligent Unit ricorda che sin dal Primo Maggio 1995 in Cina vige una legislazione del lavoro che prevede per tutti gli occupati (compresi quelli che lavorano per multinazionali straniere) un’orario di 40 ore settimanali. Il ricorso a ore di straordinario e’ possibile, ma molto limitato da specifiche disposizioni, che l’Economist Intelligent Unit definisce “rigide”. E’ pero’ noto che le leggi sul lavoro non sempre si applicano, soprattutto nelle piccole imprese private cinesi.. Tenuto conto di questo caveat, la tabella 1 riporta i salari effettivamente pagati a fine 2010. Anche se la fonte non lo specifica, si tratta con ogni probabilita’ di salari lordi. Nel compararli con quelli italiani, tuttavia, si deve tener conto che la differenza tra salari lordi e netti e’ in genere minore in Cina che in Italia.
TABELLA 1
TABELLA 2
Naturalmente, questi calcoli sono estremamente semplificati e approssimativi. Tra l’altro, si basano su stime dei rispettivi poteri d’acquisto che risalgono al 2005 ( necessariamente, perche’ non ne esistono di piu’ recenti). In termini molto generali, entrambi gli indicatori su cui queste stime sono basate dicono sostanzialmente che nel 2005 il livello medio dei prezzi in Italia era circa quattro volte piu’ alto che in Cina (vedi nota 2). Negli ultimi anni l’inflazione e’ stata piu’ alta in Cina che in Italia, quindi i salari “reali” cinesi sono un po’ piu’ bassi di quelli che appaiono nella tabella 2. Inoltre, e’ noto che i salari in altre zone della Cina (e anche nelle principali citta’, nei settori privati semi o totalmente informali) sono molto piu’ bassi. Sarebbe dunque scorretto, ad esempio paragonare questi salari reali cinesi a quelli percepiti in nero daí lavoratori italiani e immigrati nelle zone piu’ povere del nostro paese. E’ invece del tutto legittimo confrontarli con quelli dei giovani diplomati e laureati italiani, eternamente precari, che raramente gudagnano piu’ di 1500 euro e spesso meno di mille euro al mese
Queste semplici stime ricavate da fonti insospettabili mostrano che (almeno per quanto riguarda il settore privato4 formale) i lavoratori cinesi non se la passano poi tanto peggio degli italiani. Anzi.