L’inarrestabile emersione della Cina come potenza economica e tecnologica

supercomputer shenweidi Giambattista Cadoppi 

Riceviamo da Giambattista Cadoppi e volentieri pubblichiamo. Di Cadoppi a giorni uscirà un libro sui fatti di Tienanmen come primo esempio di rivoluzione colorata: Giambattista Cadoppi: Ancora una primavera. Tienanmen e dintorni: l’ingloriosa fine della prima rivoluzione colorata.

Dobbiamo perseguire lo sviluppo dell’innovazione ed intensificare la cooperazione in settori di frontiera come l’economia digitale, l’intelligenza artificiale, la nanotecnologie, il calcolo quantistico e promuovere lo sviluppo di grandi dati, cloud computing e città intelligenti per trasformarli in una via della seta digitale del XXI secolo. Dobbiamo incentivare la piena integrazione della scienza e della tecnologia nei settori industriali e finanziari, migliorare l’ambiente per favorire l’innovazione e mettere insieme risorse per quest’ultima. [Xi Jinping discorso al Forum sulla Via della Seta 14 maggio 2017}

La Cina Popolare è sovente accusata di produrre merce scadente con manodopera schiavizzata e per il furto di brevetti.

I cosiddetti “distretti industriali” italiani si fondavano sulla imitazione generalizzata. Io lavoro in una certa azienda, mi licenzio e faccio un prodotto simile che la mia azienda precedente ha copiato da un’altro che a sua volta ha copiato da un tedesco, austriaco ecc. fino a risalire ad Adamo ed Eva. La cosiddetta mancanza di creatività degli asiatici è un mito razzista (interessato) applicato di volta in volta ai giapponesi (negli anni ’60), ai coreani (anni’70), e per la prima volta ai cinesi negli anni ’80 (ma erano quelli di Taiwan e Singapore) poi ai cinesi continentali solo negli anni ’90 e seguenti.

Nulla di nuovo sotto il sole. I cinesi citano gli esempi passati: gli americani accusavano il Giappone di copiare negli anni 60. Gli inglesi accusavano la Germania di copiare negli anni precedenti il secondo conflitto mondiale. Gli Europei accusavano gli USA di copiare secolo all’inizio del secolo scorso. I cinesi hanno accusato l’Occidente di copiare fino al XVI secolo o giù di lì (polvere da sparo, bussola, allevamento del baco da seta ecc..).

Ma poiché la Cina sta ristrutturando la propria economia verso l’innovazione e l’alta tecnologia, è probabile che perderà gradualmente lo status di “accusato” per assumere lo status di “accusatore”, magari nei confronti dell’India, come è successo a molti altri paesi.

Solo la città di Shenzhen spende in ricerca un terzo dell’Italia. Sono loro che copiano da noi? C’è da ridere. Huawei è una delle 4 aziende a livello mondiale negli investimenti in ricerca. I brevetti Huawei in ambito di reti la rendono la numero uno al mondo. A tutto il 2015 Huawei ha registrato oltre 50.000 brevetti. Secondo l’agenzia dell’ONU World Intellectual Property Organization (WIPO), Huawei è la prima azienda al mondo per richieste di brevetti internazionali nel 2015 con 3.898 richieste. La Huawei è stata bandita dal mercato USA, il paese “liberista” più protezionista al mondo, per questioni di “sicurezza nazionale”. Nel campo degli smartphone Samsung e Apple cedono quote di mercato acquisite dalle cinesi Huawei, ZTE, Oppo, Vivo, Lenovo e Xiaomi.

La Cina ha il maggior numero di ricercatori a livello mondiale dopo gli USA. Nel 2013 il numero di brevetti richiesti da scienziati e ingegneri cinesi ha raggiunto quota 825.136, superando nettamente quello dei brevetti richiesti dagli americani (571.612). Nel campo dei brevetti, un indicatore fondamentale dell’innovazione tecnologica, i cinesi sono ormai saldamente primi.

Oggi l’innovazione è ricerca. Ormai sono più le cause intentate dai cinesi agli altri (e tra di loro anche) che quelle degli altri ai cinesi.

Scrive Pietro Greco che il QUESS, primo satellite per comunicazioni quantistiche, realizzerà: “una svolta nella criptografia, rendendo la trasmissione di messaggi intrinsecamente sicura, testando le leggi della meccanica quantistica e, in particolare, verificando il “quantum entanglement”, la correlazione a distanza tra particelle quantistiche, a scala globale. Davvero una bella impresa, se riuscirà. QUESS è solo l’ultima delle sfide lanciate dalla Cina per conquistare la leadership mondiale nel campo non solo delle ICT (information and communication technologies), ma dell’intera filiera della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico: dalle scienza di base alla produzione di beni hi-tech.”

L’ultimo supercomputer Shenwei (il più potente al mondo) usa CPU cinesi poiché gli americani hanno messo i CPU Xenon nella blacklist delle esportazioni verso la Cina.

Allo scorso Zhuhai Airshow, aziende cinesi hanno firmato contratti per un valore di 40 miliardi  con un incremento annuale pari a 41%. L’Airshow è diventato un importante evento per i produttori aeronautici cinesi. Infatti durante le passate edizioni sono stati conclusi alcuni contratti di vendita da parte dei costruttori locali, come nel 2008 quando il costruttore cinese Comac ha venduto 25 aerei di linea regionale ARJ21-700 alla statunitense GE Commercial Aviation Services, sussidiaria della General Electric.

Da quarant’anni, ormai, la Cina rincorre l’Occidente in fatto di scienza e tecnologia. “Una corsa velocissima, che ha portato il paese asiatico, in termini di investimenti, a superare (nel 2014) l’Unione Europea e a minacciare la leadership degli Stati Uniti d’America: il sorpasso è previsto per il 2023. Nella classifica della Strategy & Global Innovation 1000, ovvero delle mille aziende considerate più innovative al mondo, nel 2005 rientravano solo 8 imprese cinesi. Nel 2015 il numero è salito a 114. La Cina è dunque uno dei poli mondiali dell’innovazione.

Piaccia o meno, il leader mondiale sul fronte dell’energia pulita è la Cina che ha ormai lasciato il vuoto alle proprie spalle. Ad affermarlo con decisione – “leader senza rivali” – è il nuovo rapporto dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA): investimenti per 32 miliardi di euro in tecnologie collegate alle rinnovabili, segnando un balzo del 60% di spesa anno su anno. Entro il 2021 Pechino installerà circa 1/3 della capacità globale di energia eolica, idroelettrica e solare.

In questo settore – segnala l’International Energy Agency’s World Energy Outlook – la Cina si confermerà sempre più come il primo datore di lavoro al mondo: su un totale mondiale di 8,1 milioni di lavoratori nel settore delle energie rinnovabili, ben 3,5 sono collegati ad imprese cinesi, a fronte dei 770mila statunitensi.

L’articolo che riportiamo sotto è tratto dal Boston Globe giornale dell’area con maggiore densità di università leader a livello mondiale. Ora anche nelle facoltà di ingegneria la Cina diventa leader mondiale. Non è un caso che ormai le università cinesi siano la meta preferita degli studenti italiani all’estero. Riguardo al solito leit-motiv della stampa mainstream sul preteso “rallentamento” se non il crollo dell’economia cinese rimando al mio post sul collasso delle teorie del “China Collapse”.

Morgan Stanley ha recentemente pubblicato uno studio di 118 pagine che spiega come la seconda economia più grande del mondo eviterà il tipo di shock finanziario temuto dagli investitori occidentali, e anzi andrà ancora meglio nei prossimi 10 anni. Il rapporto si basa sulle capacità della Cina di riequilibrare la sua economia, di affrontare rapidamente il problema della formazione del debito e promuovere le riforme fondamentali per garantire che il paese raggiunga lo status di paese ad alto reddito entro il 2027. Intanto nel prima quadrimestre l’economia cinese è cresciuta del 6,9 ovvero più che nel 2016.

L’alto livello di risparmio della Cina e le sue forti posizioni patrimoniali nette, sia a livello nazionale che estero, forniscono compensazioni adeguate contro gli shock finanziari, secondo gli analisti di Morgan Stanley ripresi da China Daily.Scott Sumner sui dati Euromonitor International ha commentato: “I salari medi nel settore manifatturiero della Cina sono saliti alle stelle, sopra di quelli in paesi come il Brasile e il Messico e stanno rapidamente recuperando terreno con la Grecia e il Portogallo, dopo un decennio di crescita vertiginosa che ha visto buste paga cinesi innalzarsi. Perché questo è importante? Perché anno dopo anno vediamo sapientoni che prevedono il crollo della Cina”.

La Cina viene definita dall’ultimo rapporto OCSE nientemeno che la locomotiva della crescita globale. La crescita cinese, per dirla con la parole dell’OCSE, “rimane il driver principale della crescita globale”.  Niente male per un paese che sta crollando!!!

Intanto la Cina dice anche qualcosa di comunista dopo i salari in rapida crescita e i 670 milioni di persone sollevate dalla povertà: l’indice di disuguaglianza sta declinando in particolare dopo l’esplosione della crisi mondiale. Nelle stesse ore in cui Donald Trump annuncia un incremento della spesa militare USA del 9%, il presidente Xi Jinping conferma gli obiettivi della Cina: nessuna persona sotto la soglia di povertà entro il 2020.

Negli anni Ottanta un gruppo musicale britannico che si chiamava China Crisis (già allora) pubblicò un pezzo dal titolo significativo di Wishful Thinking (pio desiderio). Infatti il Wishful Thinking del collasso della Cina diventerà presto un Wistful Thinking (nel senso di pensiero triste). E’ comunque dai tempi dei fatti di Piazza Tienanmen (1) che l’Occidente aspetta il crollo della Cina. China Crisis since 1989 sembra essere uno dei brand più conosciuti in Europa ma come ha detto qualcuno, se si assiste ad un match di uno sport violento e non si vede mai il sangue, la cosa comincia a diventare un pochino noiosa. 

America seconda? Sì, e leadership della Cina sta crescendo
di Graham Allison*

A Boston, l’inizio della stagione è un momento per celebrare le nostre università come leader mondiali, tra cui la MIT per l’ingegneria elettronica. Ma i bostoniani potrebbero essere sconvolti nell’apprendere che l’Università cinese “Tsinghua” ha detronizzato il MIT come migliore università d’ingegneria del mondo nel 2015, secondo le graduatorie annuali di US News & World Report. La recente ascesa della Tsinghua non è un esempio isolato. Tutti sanno dell’ascesa della Cina, ma pochi ne hanno compreso la vastità o le sue conseguenze.

Tra le prime 10 facoltà di ingegneria, la Cina e gli Stati Uniti ne hanno quattro ciascuno. Nelle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), che forniscono le competenze fondamentali per ottenere progressi nei settori in più rapida crescita delle economie moderne, la Cina annualmente laurea quattrovolte più studenti degli Stati Uniti (1,3 milioni contro 300.000). Per ogni anno dell’amministrazione Obama, le università cinesi hanno assegnato più dottorati in campo STEM rispetto alle università americane.

Per gli americani che sono cresciuti in un mondo in cui il loro paese veniva percepito come il “numero uno”, sembra impossibile immaginare l’idea che la Cina possa davvero sfidare gli Stati Uniti come leader educativo globale.

Questa non è l’unica realtà che gli americani ignorano intenzionalmente. Nel mio corso sulla sicurezza nazionale a Harvard, la conferenza sulla Cina inizia con un quiz. Gli studenti hanno un foglio con 25 indicatori di performance economica. Il loro compito è stimare quando la Cina potrebbe superare gli Stati Uniti come primo produttore o mercato di sbocco di automobili, supercomputer, smartphone e così via. La maggior parte sono storditi dal venire a sapere che la Cina ha già superato gli Stati Uniti in ciascuno di questi campi. Quindi chiedo se credono che durante loro vita la Cina supererà gli Stati Uniti diventando la più grande economia del mondo. Nell’ultima classe di 60 studenti, circa la metà hanno scommesso che vivranno abbastanza per vedere gli Stati Uniti diventare il numero due, mentre l’altra metà non è d’accordo.

Quando mostro i titoli della riunione della Banca Mondiale IMF-2014 che annuncia che la Cina è diventata l’economia più grande del mondo, gli studenti reagiscono con un mix di sgomento e incredulità. Alla fine del 2016, il PIL in Cina era di 21 trilioni di dollari e quello dell’America era di $ 18.5 trilioni, valutato con la parità di potere d’acquisto (PPP), che sia la CIA sia l’IMF d’accordo, prendono come punto di riferimento per confrontare le economie nazionali.

Gli studenti non sono gli unici rimasti all’oscuro del l’ascesa della Cina. Alla maggior parte della stampa è sfuggito altresì lo sguardo d’insieme. Il racconto preferito dai media occidentali sull’economia cinese è il “rallentamento”. La domanda immediata da chiedere è:  rallentamento rispetto a cosa? L’aggettivo favorito della stampa americana per descrivere la performance economica nazionale è “ripresa”. Ma nonostante il suo “rallentamento”, la Cina oggi cresce tre volte più velocemente degli Stati Uniti seppure in “ripresa”.

Mai una nazione è cresciuta così velocemente su tanti fronti. Quando Ronald Reagan è diventato presidente nel 1981, l’economia cinese era solo il 10 per cento di quella americana. Entro il 2014, era già catapultata al 100 per cento, e oggi è al 115 per cento. Se le economie statunitense e cinese continueranno nelle loro attuali tendenze di crescita, l’economia cinese sarà maggiore del 50% nel 2023. Entro il 2040, sarà tre volte più grande.

Una nazione che non è appariva in nessuna classifica internazionale nel 1980 ha virato verso l’alto. Tuttavia, di fronte a ciò che è probabilmente il trend geopolitico più significativo della nostra vita, Washington ha giocato principalmente al gioco del “facciamo finta”. I responsabili politici hanno ripetutamente proposto strategie per “gestire” la Cina. La domanda che dobbiamo chiederci candidamente è se invece sia la Cina a gestire noi.

Le affermazioni del Presidente Trump che “stiamo perdendo” con la Cina riflettono in parte la realtà da un punto di vista di un movimento altalenante. Una Cina più grande e forte sta sfidando gli interessi americani nel Mar Cinese Meridionale, prendendosi i nostri posti di lavoro, acquistando compagnie americane e sostituendoci come partner commerciale primario delle nazioni non solo nel suo cortile di casa, ma anche in Europa, dove la Cina ha recentemente ha detronizzato gli Stati Uniti come maggior partner commerciale della Germania.

L’appello di Trump a “Rendere di nuovo grande l’America” ha toccato le corde degli elettori. Il numero uno è ciò che ancora siamo. Ma gli slogan politicamente accattivanti non sono una soluzione per la formidabile rinascita di una civiltà con 5.000 anni di storia, con 1,4 miliardi di persone, guidata da un presidente la cui missione è il “Grande Rinvigorimento” della Cina – vale a dire “Rendere di nuovo grande la Cina”. Per costruire una grande strategia per la sfida della Cina che protegga gli interessi vitali degli Stati Uniti senza conflitti catastrofici, i responsabili politici devono incominciare a riconoscere queste realtà scomode ma innegabili.

*Graham Allison è direttore del Centro Belfer di Scienze e Affari Internazionali della Harvard University Kennedy School e ‘autore del prossimo libro “Destined for War: Can America e China Escape Thucydides’s Trap?”