di Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese
Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it
IX. Salvaguardare risolutamente l’unità nazionale e la stabilità sociale
L’unità nazionale e la stabilità sociale sono importanti garazie per tutte le imprese del Tibet ed un solido sostegno che assicura una vita felice per tutti i gruppi etnici in Tibet. Nel corso degli anni le forze occidentali anti-cinesi hanno usato il Tibet come pretesto per disturbare la Cina e interferire con il suo sviluppo, il XIV Dalai Lama e i suoi sostenitori hanno continuato a cercare di promuovere “l’indipendenza tibetana” provocando incidenti per mettere in pericolo la pace e la stabilità in Tibet. Il governo cinese ha preso misure efficaci per mantenere la stabilità sociale e l’armonia nella regione.
– I tentativi delle forze occidentali anti-cinesi di creare disordine in Tibet per contenere la Cina
Nel corso degli anni, le forze occidentali anti-cinesi hanno continuato a interferire negli affari tibetani della Cina nel tentativo di sabotare la sua stabilità sociale. Prima della liberazione il governo statunitense aveva già stabilito contatti con i separatisti pro-imperialisti in Tibet. A metà degli anni ’50 la CIA aiutò ad addestrare i separatisti tibetani in Colorado a svolgere attività violente. Durante la ribellione armata in Tibet nel 1959 la CIA aiutò il XIV Dalai Lama a fuggire e lanciò una grande quantità di armi per sostenere le forze ribelli. La CIA era anche al comando diretto di un’organizzazione ribelle chiamata “quattro fiumi e sei catene montuose”,[ Questo si riferisce ai quattro fiumi principali e le sei catene montuose in Tibet e nelle aree abitate dai tibetani della provincia del Sichuan nella Cina sud-occidentale. – [The CIA’s Secret War in Tibet, di Kenneth Conboy e James Morrison, University Press of Kansas: 2002, rivela come la Central Intelligence Agency americana abbia incoraggiato e infine controllato la rivolta del Tibet contro la Cina. – Ndr]
Dagli anni ’80 le forze occidentali hanno giocato un ruolo attivo in tutti i focolai di disordini che hanno avuto luogo in Tibet. Negli ultimi anni, le forze occidentali anti-cinesi hanno intensificato tali sforzi. Usando la “questione tibetana” come scusa, il governo statunitense ha promulgato il Tibetan Policy Act del 2002, il Reciprocal Access to Tibet Act del 2018, e il Tibetan Policy and Support Act del 2020, per interferire negli affari interni della Cina.
– Il 14° gruppo Dalai e i loro tentativi di dividere la Cina
Nel 1959 dopo il fallimento della loro ribellione armata i reazionari della classe dirigente del Tibet fuggirono in India. In seguito cominciarono a condurre con la forza una campagna per l'”indipendenza tibetana”. Più tardi, con l’appoggio degli Stati Uniti, riorganizzarono l’organizzazione ribelle “Four Rivers and Six Ranges” e crearono una base militare nel Mustang, una contea del Nepal, per intraprendere attacchi a lungo termine attraverso i confini Cina-Nepal. Nel 1962, con il sostegno di potenze esterne, costruirono una forza di para-commando composta principalmente da esuli tibetani per perseguitare le truppe di frontiera cinesi e i civili lungo il confine Cina-India.
Dalla fine degli anni ’70 sotto la pressione di significativi cambiamenti nel panorama internazionale, il XIV Dalai Lama e i suoi sostenitori iniziarono a modificare le loro tattiche.
Da un lato continuarono a provocare incidenti violenti per mantenere la pressione sul governo centrale. Ad esempio nel 1987, 1988 e 1989 hanno pianificato e istigato molteplici incidenti violenti. Nel 2008 hanno pianificato e dato vita a violenti disordini a Lhasa il 14 marzo ed hanno lanciato una serie di incidenti internazionali volti a sabotare i preparativi per i Giochi Olimpici di Pechino. Dal 2011 il 14° Dalai Lama e i suoi sostenitori hanno incitato i lama tibetani e i seguaci laici all’interno della Cina a impegnarsi in atti di auto-immolazione ed hanno pubblicato una Guida all’auto-immolazione su internet, dando luogo a un’ondata di incidenti di auto-immolazione in alcune parti della Cina.
D’altra parte hanno proclamato un impegno alla “non violenza” e alla “via di mezzo”. Al Congressional Human Rights Caucus nel 1987 a Washington DC, il 14° Dalai Lama ha proposto un Piano di Pace in cinque punti e nel 1988, a Strasburgo in Francia, ha presentato la Proposta di Strasburgo. Nel 2008 il gruppo del Dalai ha presentato il Memorandum sulla vera autonomia del popolo tibetano.
Le affermazioni della “via di mezzo” possono essere riassunte come segue:
– Nega il fatto che il Tibet sia stato parte integrante della Cina fin dai tempi antichi; sostiene invece che il Tibet fosse “uno stato indipendente”.
– Cerca di stabilire un “Grande Tibet” che non è mai esistito nella storia, sostenendo che Tibet, Sichuan, Yunnan, Gansu, Qinghai e altre aree abitate da comunità compatte sia di tibetani che di persone di altre minoranze etniche dovrebbero essere incorporate in una regione amministrativa unificata.
– Chiede “un alto grado di autonomia” che non sia soggetto ad alcun vincolo da parte del governo centrale e nega la leadership del governo centrale e gli attuali sistemi sociali e politici del Tibet; propone di istituire un “governo autonomo” sotto il quale “i tibetani (in verità il gruppo Dalai) si facciano carico di tutti gli affari tranne la diplomazia e la difesa nazionale”.
– Si oppone al diritto del governo centrale di presidiare le truppe in Tibet. Nonostante il suo superficiale accordo sul fatto che il governo centrale detiene l’autorità sulla difesa nazionale, chiede che il governo centrale “ritiri tutte le truppe cinesi” per trasformare il Tibet in una “zona internazionale di pace”.
– In totale disprezzo del fatto che l’altopiano del Qinghai-Tibet è stato una regione multietnica fin dall’antichità, chiede che gli altri gruppi etnici siano cacciati dalle regioni dove hanno vissuto per generazioni.
La “via di mezzo” non corrisponde alla storia della Cina, alla realtà nazionale, alla Costituzione dello Stato, alle leggi e ai sistemi di base. Né è conforme alla storia, alla realtà e alle relazioni etniche del Tibet. Inoltre, va contro gli interessi fondamentali di tutto il popolo cinese, compresi i tibetani.
– Salvaguardare risolutamente la sicurezza nazionale e la stabilità del Tibet
Tutte le esperienze dalla liberazione hanno dimostrato che senza la sicurezza nazionale, gli interessi fondamentali dei gruppi etnici del Tibet non possono essere protetti. Senza un ambiente sociale stabile, non ci sarà sviluppo economico, culturale o ambientale, né potrà essere garantito il diritto del popolo a una vita stabile e felice. Nel corso degli anni, il 14° Dalai Lama e i suoi seguaci, sostenuti dalle forze occidentali anti-cinesi, non hanno contribuito in modo positivo alla solidarietà sociale e al progresso del Tibet.
Da quando il 14° Dalai Lama è fuggito all’estero nel 1959, il governo centrale ha esercitato una grande moderazione e ha fatto del suo meglio per fornire soluzioni, per esempio preservando la sua posizione come vicepresidente del comitato permanente dell’NPC fino al 1964. Dopo la riforma e l’apertura, il governo centrale ha offerto al 14° Dalai Lama l’opportunità di accettare la politica che “tutti i patrioti appartengono a una grande famiglia, sia che abbraccino il patriottismo prima o dopo” e lo ha invitato a mandare dei rappresentanti per tornare a casa in visita. Il governo centrale ha ricevuto 13 visite di rappresentanti privati del 14° Dalai Lama tra il 1979 e il 2002 ed ha concesso l’approvazione a dieci visite dal 2002 al 2010. Ma con disappunto del governo centrale il Dalai Lama ha rifiutato di rinunciare alle sue richieste politiche.
Tutto il popolo cinese, compresi i tibetani, salvaguarderà risolutamente l’unità nazionale, proteggerà la sovranità nazionale e combatterà tutti i separatisti e le forze anti-cinesi, in particolare le forze occidentali anti-cinesi. Saldamente sotto le due bandiere della Costituzione e della legge, il Tibet ha resistito fermamente all’infiltrazione e al sabotaggio del 14° Dalai Lama e dei suoi sostenitori, ha continuato a costruire nella regione un luogo di solidarietà etnica e di progresso, ha rafforzato il forte senso di identità della nazione cinese, è rimasto impegnato a gestire la religione nel contesto cinese e ha guidato il buddismo tibetano ad adattarsi alla società socialista e a diventare un bastione di stabilità nella regione.