Secondo Stephanie Bridgen, direttrice di Free Tibet, associazione per la difesa dei diritti umani “di tutti i movimenti di liberazione del mondo”, quello tibetano è probabilmente il più conosciuto per il suo pacifismo”.[1]
A quale pacifismo si riferisce?
Probabilmente si riferisce al pacifismo del teocrate feudatario Dalai Lama, che deteneva il 90% dei tibetani in servitù della gleba vera e propria, senza alcun diritto politico-sociale, oltre che nell’analfabetismo, trattando inoltre le donne come schiave che dovevano servire nella casa dei feudatari monaci, in completa balia dei loro abusi e capricci.
Nel pacifico Tibet feudale del Dalai Lama non c’erano radio, macchine, aeroporti o ferrovie e l’area era diventata la regione più arretrata del mondo, oltre che una delle più povere.
La figura del Dalai Lama era da molti secoli a capo della struttura socioeconomica e politica tibetana, cosicché il Dalai Lama attuale rimase pienamente corresponsabile dei suoi orrori, a partire dalla servitù della gleba, fino al 1959.[2]
Il Tibet pre-rivoluzionario era una regione totalmente sottosviluppata: non possedeva alcun sistema viario, le sole piste erano quelle della preghiera. Era una teocrazia feudale basata su agricoltura, servitù e schiavitù, dove i figli dei servi erano registrati fra le proprietà del loro Signore.
Non vi erano scuole, eccetto i monasteri in cui (pochi) giovani studiavano canti, mentre il totale degli studenti presenti in scuole private era di 600: l’educazione per le donne era totalmente sconosciuta e non vi era alcuna forma di assistenza sanitaria, non vi erano ospedali in tutto il Tibet.
Un centinaio di famiglie nobili e gli abati dei monasteri – anche essi membri di famiglie nobili – possedevano invece tutto.
Il Dalai Lama viveva nelle 1000 stanze del palazzo di Potala. Tradizionalmente scelto nella sua infanzia fra i giovani delle famiglie potenti, egli rimaneva poi come un pupazzo sotto il controllo del notabilato che lo seguiva.
Per il contadino medio la vita era breve e misera, il Tibet aveva il più alto tasso di tubercolosi e mortalità infantile nel mondo.[3]
Allora, veramente quello tibetano era il sistema più pacifico al mondo? Riportiamo un articolo scritto da Sara Flounders: “il Dalai Lama e’ veramente un uomo non-politico? Se così fosse, perché questo “santo” che si ritiene non ammazzerebbe un insetto, ha appoggiato i bombardamenti NATO sulla Jugoslavia? Le persone interessate alle questioni di carattere sociale dovrebbero sapere che, […] il Dalai Lama denuncia l’aborto, tutte le forme di controllo delle nascite e l’omosessualità. [4]
E’ uno strano movimento pacifico e pacifista, quello tibetano.
Ancora nel 2008, alcuni monaci sono stati trovati in possesso di armi e munizioni per commettere attività criminali, saccheggiare, distruggere proprietà, incendiare ed auto-immolarsi. Un’articolo dell’aprile del 2011 riporta notizie di monaci tibetani trovati a trasgredire le discipline buddiste, ubriachi e con armi che sarebbero servite per attività criminali. Cosa ancora più grave è la denuncia della polizia, fatta a dei monaci che hanno impedito le cure verso un altro monaco che si era auto immolato. Il monaco in questione è morto perché doveva servire alla causa![5]
E’ uno strano movimento pacifico e pacifista, quello dei monaci tibetani, che il 31 gennaio del 2012 avevano attaccato negozi, strutture bancarie, veicoli della polizia e dei pompieri presso una stazione di polizia con bombe molotov, coltelli e pietre, nella regione del Sichuan. Almeno una persona è stata uccisa. Molti altri, poliziotti compresi, sono rimasti feriti.
Il ministro degli esteri cinese Hong Lei, ha accusato le potenze straniere di strumentalizzare la questione tibetana e di mettere in cattiva luce il partito: “i tentativi di gruppi secessionisti con base all’estero è quello di usare il Tibet per distorcere la verità e gettare discredito sul governo”.[6]
Ecco invece quali sono i pacifici fatti concreti che ha dato e sta dando il governo cinese alla popolazione tibetana.
1) Tutela del diritto alla libertà di credenza religiosa.
Il Tibet è una delle regioni etniche della Cina, e la maggior parte degli abitanti crede nel buddhismo tibetano. Dal momento della liberazione pacifica del Tibet nel 1951, e in particolare dopo l’introduzione della riforma e le politiche di apertura nel 1979, il diritto dei cittadini alla libertà di credo religioso è stato completamente effettuato in tutto il Tibet.
Con il forte sostegno del governo centrale, una serie di importanti siti religiosi sono stati riparati in Tibet. Dal 1980, le autorità centrali finanziarie hanno stanziato oltre 700 milioni di yuan per riparare e mantenere i templi del Tibet, pagode, palazzi, e altri siti religiosi tra cui il monastero Sera, monastero di Drepung, Monastero di Gandan, il Monastero di Tashilhunpo, il Monastero Sagya, il Monastero di Jokhang, il monastero di Samye, e Monastero Shalu a Lhasa, e molti templi di piccole e medie imprese. Dal 1989 al 1994, lo Stato ha assegnato più di 55 milioni di yuan di fondi speciali e grandi quantità di oro e argento per il mantenimento del Palazzo Potala – un evento senza precedenti nella storia della tutela dei beni nella nuova Cina. Dall’inizio di giugno 2002, il paese ha aggiunto ulteriori 330 milioni di yuan per riparare le tre reliquie culturali più importanti in Tibet: il Palazzo Potala, i monasteri Lingka, Norbu e il monastero Sagya. Questo è stato il più grande lavoro di manutenzione del patrimonio in Tibet dalla fondazione della Nuova Cina.[7]
Al momento ci sono in Tibet oltre 1700 posti per le attività buddhiste e un totale di 46000 tra monaci e monache residenti.
Nel 2011 a ben 223 monaci e monache del monastero Tsurphu, oggi viene garantito un’indennità pari a 360 yuan (57,20 dollari) al mese per poter migliorare le loro condizioni di vita.[8]
2) Sono stati stanziati oltre 17 miliardi di yuan per migliorare le infrastrutture, le forniture dell’acqua, di alimentatori elettrici, per il traffico e le comunicazioni nelle zone rurali in Tibet per l’anno 2012.
Dice Tsewang: “Gli abitanti dei villaggi vivevano in tende, utilizzavano lampade a olio e viaggiavano a cavallo, non avevano nulla di costoso e i loro figli non potevano ricevere una buona istruzione.”
Con la ricostruzione della nuova campagna, grandi cambiamenti hanno avuto luogo nel villaggio di Rongnado. “Tutto può essere attribuito alla realizzazione del progetto di edilizia abitativa”, ha detto Tsewang. “Il pastore può ricevere un sussidio di almeno 20.000 yuan al mese dal governo per costruirsi una casa.”
“Ora, vendendo i nostri prodotti viviamo una vita più agiata”[9]
Solo per la parte sud-occidentale della regione tibetana sono stati stanziati più di 8 miliardi di yuan (1,3 miliardi di dollari) quest’anno: il fondo è il 68,4% più grande rispetto allo scorso anno, e saranno utilizzati per la costruzione di infrastrutture rurali e gli aiuti agricoli […]. Secondo i dati della regione, il reddito pro-capite dei contadini e pastori è salito del 13,6%.
Altri finanziamenti servono invece per la costruzione della nuova linea ferroviaria che collegherà Lhasa alla sua seconda città più grande, Xigaze: La tratta è in pieno svolgimento e sarà completata entro il 2015. Già a partire dalla fine del 2011, 3,4 miliardi di yuan (pari a 538 milioni dollari), sono stati versati nella Lhasa-Xigaze, cioè circa un quarto del budget totale del progetto.
La ferrovia, la prima in estensione del Qinghai-Tibet Railway, che a sua volta è stata inaugurata nel luglio 2006, risultò uno dei progetti di costruzione più importanti della regione, durante il periodo che va dal 2011 al 2015. Il capo della commissione, Jin Shixun ha riferito che i lavoratori edili hanno finito di costruire 14,8 milioni di metri cubi di massicciata, circa il 77 per cento del totale. Hanno inoltre costruito il 40 per cento delle gallerie lungo la strada. La costruzione, iniziata nel settembre 2010 con un badget di 13,3 miliardi di yuan ( 2,1 miliardi di dollari), attraverserà cinque province per un totale di 253 km di cui 90 nel gran canyon del Yarlung Zambo. Jin ha anche detto che il nuovo collegamento ferroviario giocherà un ruolo vitale nel promuovere il turismo e accelerare il trasporto delle risorse naturali.
Xigaze, con più di 600 anni di storia, è la seconda città più grande del Tibet e sede tradizionale del Panchem Lama, oltre ad essere il centro amministrativo della provincia tibetana, che con con i suoi 1.822.000 km quadrati confina con l’India, il Nepal e il Bhutan comprendendo il famoso monte Qomolangma (Monte Everest).
E’ in corso la costruzione di un’altra rete ferroviaria che va da Lhasa a Nyingchi, con un progetto già partito nel 2011 che sarà realizzato entro il 2015.[10]
sono aumentati anche i turisti internazionali saliti a 270.000, più 18,6 per cento: i proventi del turismo della regione lo scorso anno hanno sfiorato i 9,7 miliardi di yuan (1,54miliardi di dollari Usa), in crescita del 35,8.[11]
3) Cure gratuite a bambini affetti da cardiopatie congenite.
Dopo le cure ricevute gratuitamente, sei bambini tibetani affetti da cardiopatia congenita hanno lasciato la capitale cinese Pechino, per la loro città natale in Tibet, l’8 febbraio 2012.
In Cina il General Hospital ha infatti avviato un programma per fornire cure gratuite per i bambini tibetani affetti da cardiopatia congenita e i 20 bambini fanno parte di altri gruppi di bambini tibetani affetti da malattie cardiache congenite che avevano già ricevuto cure gratuite. Entro la fine dell’anno, il programma sarà inoltre condotto nelle zone rurali del Tibet e più bambini avranno maggiori possibilità di vivere in buona salute.[12]
4) Oltre il 40% dei quadri tibetani sono donne.
In Tibet, la Federazione delle donne tibetane, a nome della presidente della Tibetan Women Federation signora Tsamcho, riferisce che sono migliorati i diritti delle donne in tutti i settori della vita nella regione con l’aumento dello status politico e sociale. Allo stato attuale, un gran numero di donne, occupa posizioni di alto livello presso le istituzioni governative. Le donne, già “reggono l’altra metà del Cielo” nella vita sociale del processo decisionale e di gestione.
Ormai, le donne rappresentano oltre il 41,4 per cento di tutti i quadri in Tibet e circa il 34 per cento del personale delle istituzioni di governo “.
Dal 1959, le donne tibetane sono state testimoni dei progressi nella loro vita, specialmente nella loro lotta riguardo lo status sociale e del moderno sviluppo raggiunto dal Tibet stesso.
Sempre la signora Tsamcho, riferisce che all’interno del Congresso del Popolo in Tibet, oggi le donne costituiscono il 22 per cento dei deputati e il 20,6 per cento dei membri del comitato regionale della Conferenza consultiva politica del popolo cinese.
In passato, le donne tibetane sono state infatti oggetto ad abusi di potere politico, all’autoritarismo dei clan, dei funzionari religiosi e dei mariti.
21 febbraio 2012
Fonte Xinhua[13]
5) Commercio on-line attraverso Internet.
Grazie alle infrastrutture legate ad internet e la crescente rete logistica, aumenta l’acquisto online a livello mondiale. Tsangyang Chodron, proprietario di un negozio di alimentari a Xianzudao, giorni fa ha ordinato una stufa elettrica sempre online. “E’ così caldo adesso in casa”, dice ridendo, “ho solo bisogno di fare un clic col mouse e gli acquisti mi saranno consegnati davanti alla porta”.
In effetti, come Tsangyang Chodron, sempre più persone a Lhasa scelgono di acquistare merci attraverso Internet.
“Preferisco comprare libri online”, ha detto Lomu, uno studente giovane della Tibet University. “Le vendite online sono molto più economici rispetto a quelli nei negozi o mercati tradizionali, e noi siamo liberi di scegliere tra diverse varietà e modelli.”
Ma l’acquisto on-line non è fine a se stessa, e Lomu ha insegnato questa cosa nuova ai suoi familiari che vivono in Nyingchi nel sud-est del Tibet.
Solo un paio di anni fa, la maggior parte delle aziende online si rifiutava di consegnare le merci in aree remote perché il sistema logistico ritardava i trasporti nella regione tibetana.
Tuttavia, assistendo al rapido sviluppo dei commerci online, le principali aziende hanno creato un business-plan dettagliato per il loro funzionamento nella regione tibetana, espandendo sempre più la propria copertura delle attività commerciali.
I dati ufficiali indicano infine che entro la fine del 2011, la popolazione degli utenti di Internet in Tibet ha raggiunto quota 1.325.000, che indica un significativo tasso complessivo di copertura del 45,7%, che dovrebbe continuare a crescere ulteriormente e favorire lo sviluppo del business online in tutta la regione.[14]
Fatti concreti, non parole…
In breve, il pacifismo non può esistere in Tibet solo con le sole (e presunte) buone intenzioni: come la direttrice di Free Tibet Stephanie Bridgen, così tanti altri nel corso del tempo hanno dipinto il Tibet dei vari Dalai Lama e l’operato dei Dalai Lama come il più pacifico al mondo![15]
I pacifisti come Stephanie Bridgen che tanto decantano la figura pacifica del Dalai Lama, dovrebbero anche avere il coraggio di dire perché la Cia già dal 1955 iniziò a costruire un esercito controrivoluzionario in Tibet, molto simile ai Contras in Nicaragua: dall’inizio del 1960, inoltre la comunità tibetana in esilio ha intascato segretamente 1,7 milioni di dollari all’anno dalla CIA, come accertato dalla documentazione rilasciata dal Ministero degli Affari Esteri USA nel 1998.
Quando questo fatto è stato pubblicizzato, l’organizzazione del Dalai Lama ha emesso un comunicato ammettendo che aveva ricevuto alcuni milioni di dollari dalla CIA durante gli anni ’60, per inviare squadre armate di esiliati in Tibet per contrastare la rivoluzione maoista: il Dalai Lama riceveva per sé 186.000 dollari all’anno, rendendolo così di fatto un agente ufficiale pagato dalla CIA, mentre anche i servizi segreti indiani hanno finanziato altri esiliati tibetani.[16]
In seguito lo stesso ammontare è stato versato tramite la dotazione del NED, una organizzazione non governativa USA il cui budget è alimentato dal Congresso; il Dalai Lama dice che i suoi due fratelli gestiscono «gli affari», ed essi (Thubten Norbu, un lama di rango superiore e Gyalo Thondrup) erano stati arruolati già dalla CIA dal 1951, il primo per raccogliere fondi e dirigere la propaganda e il secondo per organizzare la resistenza armata.
Secondo noi il vero pacifismo è quello espresso e concretizzato con “fatti testardi” (Lenin) dal governo centrale e dal partito comunista cinese. Un pacifismo fatto di finanziamenti economici, libertà religiosa e diritti per tutti, che hanno consentito, – come i fatti e le testimonianze riportati dimostrano – e consentono tuttora, di creare continuamente benessere e progresso. Benessere e progresso anche per le donne signora Stephanie Bridgen! Un pacifismo, quello cinese, fatto di libertà religiosa, strade, ospedali, ferrovie, incremento del turismo, di diritti per le donne nella politica e negli affari sociali e negli acquisti on-line. Un pacifismo a cui noi occidentali -uomini e donne- dovremmo prestare più attenzione, non alle belle parole che escono dai bei visi di attori americani ed europei a quello che dicono e che Hollywood ci fa vedere. Ma ai veri cambiamenti che portano progresso e che migliorano la qualità della vita della popolazione in Tibet. La paura che il comunismo possa portare benessere in Tibet (e perché no anche nel resto del mondo) è tale… che forse è meglio chiudere gli occhi e credere che invece tutto il nostro profondo malessere, procurato invece dal capitalismo, sia solo una fase di passaggio.
Una strana fase di passaggio che, invece di progredire, ci sta riportando indietro all’epoca del feudalesimo tibetano (in Italia c’ha pensato il fascismo, in Sudamerica, Iraq, Afghanistan, ecc. invece le dittature e le democrazie americane ed europee) e al potere del teocrate feudatario Dalai Lama. Potere di vita e di morte sulla povera gente, come potere di vita e di morte ce l’hanno ancor di più in questi ultimi anni i “nuovi” feudatari di Wall Street, della BCE, ecc.
Questi signori, che forse in cuor loro si credono un po’ dei “pacifici” Dalai Lama, hanno fatto diventare povera gente il popolo greco e porteranno noi lavoratori “benestanti” italiani ed europei, a vivere in un futuro non troppo lontano come viveva il popolo tibetano pre-1951. Oggi ci è concesso salire sulle torri e sulle gru, ma quando e se cesseremo di avere quel poco che ci resta in termini di forza contrattuale, di diritti civili e soprattutto di dignità umana (che a qualcuno tra gli italiani/europei licenziati ha già perso), diventeremo schiavi della gleba come il popolo tibetano degli anni ‘40 e ’50 e allora, e solo allora, capiremo l’importanza e la differenza che c’è tra le belle parole alla Stephanie Bridgen e le riforme praticate concretamente dai comunisti cinesi!
Tirando le somme possiamo tranquillamente dire che possiamo scegliere tra due diversi modi di applicare il pacifismo nel Tibet (e non solo). Quello appoggiato dai vari Stephanie Bridges, e cioè il pacifismo del Dalai Lama e della sua cricca che ancora oggi vuole riportare il Tibet agli anni ’40, fatta di povertà, miseria e schiavismo, che ben si inserisce in quella che noi definiamo “linea nera” classista, egemone e sfruttatrice; oppure il pacifismo fatto di benessere e prosperità alla cinese che ben si inserisce nella “linea rossa”, cooperativistica, collettivistica e comunitaria. Un pacifismo “comunista e rosso” che è quello che noi preferiamo.
Cari compagni, un effetto di sdoppiamento su cui riflettere.
Redazione La Cinarossa