di Tom Fowdy
traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it
Il fatto che Hong Kong sia legalmente parte della Cina e parte del suo territorio, viene volutamente ignorato.
Il 17 giugno il G7 delle nazioni industrializzate, ovvero la Gran Bretagna, il Giappone, gli Stati Uniti, la Germania, l’Italia, il Canada e la Francia, ha rilasciato una dichiarazione in cui esorta la Cina a riconsiderare la sua imminente legge sulla sicurezza nazionale nella Regione amministrativa speciale di Hong Kong (RASHK), sostenendo che la legislazione non è “conforme” alla legge fondamentale della città, al principio due sistemi un paese, o alla dichiarazione sino-britannica.
“Esortiamo vivamente il governo cinese a riconsiderare questa decisione”, si legge nel comunicato. Alcune settimane fa, la legge era stata approvata dal Congresso nazionale del popolo cinese, l’organo legislativo supremo del paese che detiene il governo costituzionale di Hong Kong.
La dichiarazione sino-britannica è terminata da tempo
La dichiarazione sino-britannica è importante, come lo è lo spirito di mantenere l’impegno del trattato, ma la domanda più importante è: chi ne definisce la portata e la sua interpretazione? E la Cina, il paese di cui Hong Kong fa parte, ha il diritto di dire la sua?
Apparentemente no.
La città ha naturalmente il diritto all’autonomia e a mantenere delle differenze rispetto al sistema della terraferma, tuttavia l’atteggiamento dell’Occidente nei confronti della dichiarazione sino-britannica è intrinsecamente ingiusto perché è visto come un trattato ineguale, un gruppo di nazioni superiori hanno il diritto inalienabile di dettare le condizioni unilaterali alla Cina su ciò che costituisce diritti sovrani, a prescindere dai fatti.
La Dichiarazione sino-britannica si occupa del passaggio di Hong Kong dal dominio britannico alla sovranità della Cina. Con il passaggio di consegne avvenuto il 1° luglio 1997 alle ore 0:00, la Dichiarazione ha terminato il suo mandato ed è passata alla storia. Da allora non ha più alcun valore. Da quella data, Hong Kong è governata dalla Costituzione della Repubblica Popolare Cinese e dalla Legge fondamentale della SAR di Hong Kong.
La Cina è sempre stata percepita dall’Occidente come un “partner minore”
L’atteggiamento occidentale nei confronti della Cina è sempre stato quello di percepire il Paese come un “partner minore”, Pechino è una nazione intrinsecamente inferiore che dovrebbe essere posta sotto la direzione e la supervisione morale dell’Occidente, che ha il dovere intrinseco di “tenerla sotto controllo ”e guidarla nel suo cammino, con l’accettazione della Cina dei termini e delle condizioni prefissati, nonostante la premessa di essere un partner uguale, sovrano e distinto.
Questo è l’atteggiamento che ha sostenuto fin dall’inizio, che la Cina è un “problema morale” da affrontare e che in definitiva l’Occidente deve portare uno standard di politica e civiltà e che qualsiasi tentativo di dissenso da questa posizione è una minaccia ed un pericolo per l’umanità.
La questione di Hong Kong viene interpretata su queste linee.
L’Occidente crede di essere il guardiano prescelto che “protegge” la città da una Cina “aggressiva”, nonostante la città sia una creazione del colonialismo occidentale e sia stata restituita a Pechino, questo non ha proprio senso.
Il fatto che Hong Kong sia parte della Cina e ne costituisca il suo territorio, viene convenientemente ignorato a favore di questa narrazione di una pervasiva minaccia illegittima, per cui alcune nazioni hanno più voce in capitolo sul suo futuro rispetto al paese di cui Hong Kong fa parte.
Il G7 trascura una serie di importanti fatti giuridici
L’interpretazione della legge sulla sicurezza nazionale come illegittima è falsa e trascura ripetutamente una serie di importanti fatti giuridici.
In primo luogo, l’articolo 18 della legge base conferisce a Pechino la giurisdizione su Hong Kong nei settori della sicurezza nazionale, della sovranità e della difesa. Afferma inoltre che il congresso del popolo nazionale ha il diritto sovrano di imporre leggi allegate alla legge base di Hong Kong in questi settori, questo non è incostituzionale. La stessa legge fondamentale di Hong Kong prevede anche una legge sulla sicurezza nazionale all’articolo 23, come può l’Occidente affermare che una legge sulla sicurezza nazionale contravviene al principio di ‘un paese, due sistemi’ quando questo è stato preventivamente concordato? La sicurezza nazionale è un diritto sovrano di cui vogliono privare la Cina.
In secondo luogo, anche l’affermazione che la Cina vuole contravvenire o abolire il modello di ‘un paese, due sistemi’ è grottescamente esagerata. Non solo per i motivi sopra esposti, ma perché lo scopo delle leggi è solo quello di porre fine a problemi come il secessionismo, il tradimento, la collusione con forze straniere e i disordini che cercano di scuotere la stabilità e il governo della città. La legge sulla sicurezza nazionale nella SAR di Hong Kong coinvolge un Paese e non influenza i due sistemi. Ciò non significa che le libertà, come specificato nella legge di base e come promesso, saranno rimosse o dilapidate. Inoltre, il continente continua a beneficiare del sistema economico indipendente e di alta qualità di Hong Kong, sostenuto dallo Stato di diritto. Questi aspetti non cambieranno offrendo così tanti incentivi ed elementi positivi per lo sviluppo economico della Cina.
Il G7 non ha il diritto di interferire negli affari interni della Cina
La “mentalità del Guardiano”, come predicato dall’Occidente a Pechino, non agisce in buona fede, supponendo che un determinato gruppo di Paesi abbia più voce in capitolo su Hong Kong rispetto Paese che lo ospita.
Il problema più grande sta nel senso intrinsecamente disuguale con cui l’Occidente vede la Cina, che dovrebbe essere trasformata per adattarsi alla sua visione morale, avendo il diritto di incoraggiare e sostenere il caos perpetuo nella città nel perseguimento di più ampi obiettivi geopolitici, la dichiarazione sino-britannica opera più come una linea di difesa che non come un trattato paritario in cui due parti hanno lo stesso peso.
Il G7 non ha il diritto di dettare gli affari interni alla Cina e non è nemmeno legale interferire con il passaggio della legge sulla sicurezza nazionale in linea con la Costituzione.
Tom Fowdy è un analista britannico di politica e relazioni internazionali e si è laureato nelle università di Durham e Oxford. Scrive su argomenti che riguardano la Cina, la RPDC, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.