Giocare la carta Hong Kong: una vecchia ricetta di interferenza occidentale

hongkong ombrelliun interessante articolo di Lina Luna docente e ricercatrice all’Università Externado della Colombia

di Lina Luna

da http://www.cnfocus.com

traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it

Hong Kong è diventata un argomento di primo piano nei media internazionali, soprattutto dopo le proteste del 2019. Anche se in passato si erano già avute altre proteste, non c’è dubbio che dal 2019 la retorica sui problemi della Cina nella Regione amministrativa speciale di Hong Kong (HKSAR) è diventata più ridondante e iperbolica.

Qualunque azione la Cina faccia non faccia ad Hong Kong è immediatamente messa in relazione ai concetti di soppressione, dominazione e mancanza di democrazia. Pertanto la conseguente valanga di critiche occidentali e il rifiuto delle azioni cinesi, come la Legge della Repubblica Popolare Cinese sulla Salvaguardia della Sicurezza Nazionale nella RAS di Hong Kong, si basa su idee false, disinformate e manipolate per quanto riguarda la sovranità, il ruolo e le intenzioni della Cina ad Hong Kong.

Questa situazione non è per nulla casuale. Infatti il punto di vista “pro-democrazia” che i media usano per descrivere le proteste di Hong Kong crea il palcoscenico perfetto di cui gli Stati Uniti hanno bisogno per usare Hong Kong come un cavallo di Troia, per il chiaro tentativo del presidente americano Donald Trump di inquadrare la Cina come il nemico dell’egemonia statunitense e del sistema dei valori internazionale. Trasformare una questione interna in internazionale, sotto la narrazione della libertà e della democrazia è una vecchia ricetta americana per destabilizzare il bersaglio. Serve a distogliere l’attenzione, a guadagnare voti e a giustificare politiche internazionali che non sarebbero mai state approvate se non fosse stato per il sistema internazionale a due pesi e due misure.

Come dimostra la storia non solo questa ricetta non ha avuto successo a medio termine, ma ha avuto conseguenze catastrofiche per i paesi coinvolti. Iraq, Afghanistan, Libia, Egitto, Siria e Ucraina sono alcuni esempi recenti. Tuttavia, la Cina è un tipo di obiettivo totalmente diverso e le conseguenze dell’uso di questa stessa ricetta potrebbero avere spiacevoli impatti globali nel sistema internazionale più vulnerabile visto negli ultimi decenni. Per ampliare la prospettiva su ciò che sta realmente accadendo ad Hong Kong e per capire meglio perché la Cina ha dovuto adottare la legge sulla sicurezza nazionale è importante chiarire alcuni punti.

Hong Kong è parte della Cina

La retorica sulla libertà e sulla secessione quando si spiega la questione di Hong Kong, porta a pensare che in qualche modo la Cina non abbia sovranità su Hong Kong. Ricordiamoci che l’appartenenza di Hong Kong alla Cina non è mai stata in discussione. Hong Kong è stata colonizzata dall’Impero britannico, nel momento peggiore della storia cinese: la guerra dell’oppio (1840-1842). Cento anni di umiliazioni e sconfitte rappresentano l’incidente che ha dato vita alla determinazione della Cina di porre fine al colonialismo occidentale, ricostruendo, riunificando e rinnovando la nazione cinese e rafforzando pacificamente il Paese al punto che nessuna potenza straniera potrà mai più invadere la Cina.

Durante i 155 anni del colonialismo britannico a Hong Kong, non c’erano libertà e non c’era democrazia. Hong Kong era guidata dal governatore britannico. Non ci sono state elezioni, né autonomia legislativa, né costituzione. Solo dopo gli accordi il primo ministro britannico Margaret Thatcher ha improvvisamente espresso le sue preoccupazioni per il futuro delle libertà e della democrazia, che non esistevano nell’isola, così come per il futuro del sistema capitalistico. Si trattava di un chiaro tentativo britannico di proporre una co-amministrazione dell’isola in modo da non doverla abbandonare. Il leader cinese Deng Xiaoping era preparato e determinato a porre fine a questo terribile capitolo della storia cinese, ecco quando è stato stabilito il modello “un paese, due sistemi”.

La democrazia, l’autonomia speciale, il sistema giuridico, ecc. sono arrivati a Hong Kong solo nel 1997, dopo che la Cina ha giustamente recuperato la sovranità sull’isola. In termini di sistema capitalistico, di crescita economica, di stabilità, di benessere, di sostegno finanziario, le condizioni non sono mai state migliori che dopo il 1997. La prosperità e la stabilità di Hong Kong dipendono quasi totalmente dal sostegno e dalle relazioni con la Cina continentale. Un paese, due sistemi, è fondamentale per il governo centrale cinese e non è mai stato messo minacciato da esso. Al contrario, per proteggere questo principio, la Cina deve salvaguardare la sua sovranità. Se il governo centrale legifera per proteggere la sicurezza di Hong Kong, non è un’invasione, l’isola fa parte della Cina e il governo centrale cinese ha tutto il potere sovrano sul proprio territorio.

Alcuni fatti sulle proteste di Hong Kong

Le proteste di Hong Kong sono state rappresentate in tutto il mondo come genuinamente democratiche ed espressione di una base giovanile. Tuttavia alcuni leader del movimento, come il controverso Jimmy Lai, i simboli e gli slogan della protesta e soprattutto le dichiarazioni degli Stati Uniti e delle istituzioni pro-democrazia dopo l’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale della HKSAR di Hong Kong, dimostrano che le proteste sono più xenofobe e finanziate dall’Occidente che le manifestazioni genuine.

A questo proposito, è importante chiarire che, come previsto, gli inglesi non hanno abbandonato del tutto l’isola. Era loro intenzione, con il sostegno degli Stati Uniti, mantenere la presenza a Hong Kong per poter minare la sovranità della Cina sull’isola. Poco prima del 1997 hanno istituito un governo parzialmente eletto e principalmente ostile e hanno costituito e fondato diversi partiti. Da allora, hanno speso milioni di dollari per finanziare ogni tipo di istituzione a Hong Kong. Come afferma Sara Flounder “La Confederazione dei sindacati di Hong Kong riceve i finanziamenti del National Endowment for Democracy (NED) degli Stati Uniti, insieme al sostegno britannico. Promuove “sindacati indipendenti pro-democrazia” in tutta la Cina. L’HKCTU è stata fondata nel 1990 per contrastare e colpire la Federazione dei sindacati di Hong Kong, fondata nel 1948, che è ancora la più grande organizzazione sindacale con 410.000 membri”.

Queste istituzioni hanno promosso idee occidentali, anti-cinesi, anticomuniste ed altri tipi di idee tra la gente, soprattutto tra i giovani, che non vivevano nemmeno nella Hong Kong coloniale. Non sorprende quindi che durante le proteste sono state mostrate le bandiere Britannica e quella coloniale di Hong Kong, con slogan come “Hong Kong per gli hongkonghesi”, un noto approccio xenofobo che è stato collegato a molti tentativi di impedire l’ingresso nell’isola a persone provenienti dalla Cina continentale. Inoltre la bandiera americana viene mostrata mentre si canta l’inno americano e si chiede a Donald Trump “per favore, libera Hong Kong e difendi la nostra costituzione”. Come ha dichiarato il capo dell’esecutivo della HKSAR di Hong Kong Carrie Lam dopo l’annullamento della legge sull’estradizione, la continuità delle proteste ha dimostrato che esse sono state promosse come proteste secessioniste, anti-cinesi. I leader delle proteste non hanno negato questa dichiarazione, ma hanno ribadito la loro intenzione di incentivare i paesi occidentali a intervenire e a “liberare” Hong Kong.

I media internazionali non hanno raccontato l’altra faccia della medaglia, la gente comune di Hong Kong ha chiesto agli attivisti di fermare la folla e gli atti vandalici che avevano portato la città alla recessione economica e si aspettavano che la Cina ripristinasse la stabilità. Dopo che la legge sulla sicurezza nazionale ha vietato i finanziamenti stranieri alle proteste, gli Stati Uniti hanno ammesso apertamente di aver finanziato le proteste del 2019 e sono stati costretti a congelare 2 milioni di dollari in pagamenti previsti per i gruppi di protesta di Hong Kong. D’altra parte, tutti i gruppi che conducevano le proteste hanno deciso di chiudere i loro uffici dopo aver saputo che non avrebbero più ricevuto finanziamenti stranieri. Se questi gruppi funzionavano solo perché avevano finanziamenti stranieri, non significa forse che la gente del posto non è così solidale con la causa come rappresentato dai media?

La congiuntura internazionale, chi minaccia chi?

Come già detto, la questione di Hong Kong è legittimamente un affare interno della Cina. Allora perché la Cina è costretta a emanare una legge di sicurezza nazionale sulla HKSAR di Hong Kong? Guardiamo a quello che è successo ultimamente con le relazioni USA-Cina.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di dichiarare apertamente la Cina competitrice degli Stati Uniti ed una minaccia per il sistema internazionale. A parte il fatto che la Cina è circondata militarmente dagli Stati Uniti (la metà delle 800 basi militari statunitensi d’oltremare circondano la Cina), Trump ha iniziato una guerra commerciale con la Cina, non solo ha aumentato le tariffe, ma ha anche calunniato Huawei e la Cina riguardo alla tecnologia 5G. Nel 2020 ha dato la colpa alla Cina per il COVID19 e ha chiesto che la Cina fosse ritenuta responsabile della pandemia. Non importa da quale prospettiva si osservi: lo sviluppo pacifico della Cina, la libertà economica, il benessere e la sicurezza sono apertamente minacciati dagli Stati Uniti. Nel contesto delle elezioni presidenziali usare la carta della Cina come cortina fumogena è diventata la regola per distogliere l’attenzione dai problemi interni.

In questo contesto, ed essendo a conoscenza della tradizionale ricetta di guerra menzionata all’inizio di questo articolo, è evidente che Hong Kong è diventata l’asso nella manica di Trump per destabilizzare la Cina. Permettere che un affare interno diventi un affare internazionale significherebbe aprire la porta alla più grande minaccia per il bene più sacro della Cina: la sovranità. Pertanto, la legislazione della legge sulla sicurezza nazionale è l’unico modo legittimo per la Cina di proteggere il Paese dalla minaccia statunitense. Solo con questa legge la Cina può garantire un processo sociale onesto, sicuro e fondamentale all’interno di Hong Kong. Solo nel contesto della prosperità e della stabilità, la formula ‘due sistemi un paese’ può evolvere come deve fare per i prossimi 27 anni.

La storia ci dice che l’intervento estero negli affari interni non avviene in modo disinteressato. Si tratta di una strategia volta a favorire l’egemonia. Gli Stati Uniti stanno attivando la cosiddetta trappola di Tucidide, intensificando il confronto con la Cina invece di promuovere la cooperazione. Fortunatamente per il mondo la Cina ha una politica estera molto pragmatica, che non cerca di trarre beneficio dalla guerra. Hong Kong è un affare interno alla Cina e non dovrebbe essere un altro punto focale del confronto internazionale.

Lina Luna è sinologa e internazionalista, docente e ricercatrice all’Università Externado della Colombia. Le sue aree di ricerca includono la politica estera cinese, i rapporti tra Cina e America Latina e le economie emergenti. È anche segretario generale dell’Associazione per l’amicizia tra la Colombia e la Cina.