Cina e Usa, come una coppia tormentata: né con te né senza di te

di Maria Novella Rossi

da https://www.rainews.it

Un meeting storico tra Joe Biden e Xi Jingping: la prima volta che i due leader si incontrano faccia a faccia da quando sono in carica

L’eleganza di Peng Liyuan, la first lady cinese è di impatto immediato mentre scende dall’aereo, uno stile che parla diretto all’Occidente. Fa parte del linguaggio subliminale innato nella cultura, nel pensiero e nella strategia  politica dell’ex celeste impero. E così anche in questo meeting storico a Bali, la prima volta che i due leader delle più grandi potenze del mondo si incontrano faccia a faccia da quando sono in carica, molti dettagli confermano l’ambivalenza delle relazioni Cina/USA.

Da una parte le “linee rosse”, annunciate da Biden per chiarire i nodi essenziali dell’incontro, con punti di vista diversi, opposti in molti campi a quelli dell’omologo cinese; dall’altra, la volontà di entrambi i leader di essere per quanto possibile concilianti, consapevoli come sempre che nessuno può fare a meno dell’altro, né con te né senza di te, un incastro che ricorda quello di una coppia tormentata, o comunque legata da interessi reciproci irrinunciabili. Un incontro di importanza quasi epocale che però non lascia prefigurare  nessun cambiamento sostanziale, sebbene il faccia a faccia abbia un alto valore simbolico e un’importante ricaduta a livello geopolitico internazionale. In ogni caso rappresenta l’inizio di un possibile timido disgelo nel momento in cui le relazioni tra i due grandi Paesi hanno toccato il punto più basso: guerra commerciale e tecnologica, braccio di ferro su Taiwan con il pericolo all’orizzonte di un altro grave conflitto e conseguente scontro egemonico tra potenze, secondo quegli sviluppi della storia già prefigurati nell’antica Grecia: la trappola di Tucidide, la teoria secondo cui una potenza consolidata (Sparta) fa di tutto per fermare una potenza in ascesa (Atene). Una metafora riferita all’antichità classica, ripresa in uno dei primi discorsi ufficiali dallo stesso Xi Jingping, un leader di un Paese dell’Estremo Oriente, che attinge alla cultura occidentale, e che ha lasciato di stucco colti osservatori europei e statunitensi.

Oggi a Bali, tutti e due, Jo Biden e Xi Jingping  arrivano a questo incontro rafforzati: il presidente americano, dopo il successo alle elezioni di midterm, quello cinese rilanciato al centro di un potere senza limiti di cui gode ormai incontrastato dopo il terzo inedito mandato ottenuto al XX congresso del PCC. La  stretta di mano decisa e calorosa tra i due leader sembrerebbe annunciare l’auspicata distensione considerando i dossier bollenti da affrontare: dal commercio, ai diritti umani, dallo status di  Taiwan, passando per l’ambiguità di Pechino sulla  guerra in Ucraina, al pericolo nucleare nordcoreano, ai cambiamenti climatici.

Come leader delle principali economie del mondo dobbiamo gestire la competizione dei due nostri Paesi”, ha detto il presidente USA  al suo omologo cinese nelle battute iniziali del loro bilaterale. La comunità internazionale guarda al summit di Bali perché “riporti le relazioni internazionali USA/Cina sul giusto tracciato e dia speranza di pace mondiale” ha dichiarato il presidente cinese. “Attualmente la relazione Cina-USA è in una situazione che preoccupa noi tutti perché il conflitto non è nell’interesse fondamentale dei nostri due Paesi e dei popoli e non è ciò che la comunità internazionale si attende da noi”

Gestire le differenze ed evitare che la competizione si trasformi in conflitto”: il punto essenziale sembra proprio questo, proprio quella Trappola di Tucidide già prefigurata 10 anni fa, quando Xi Jingping era appena salito al potere. Ma nel rapporto ondivago tra le due potenze intenzioni e messaggi anche subliminali sono spesso contraddittori: come le fotografie di Xi Jingping che parla in tuta mimetica all’esercito apparse qualche giorno fa, immagini  che si prestano a numerose interpretazioni. Non è così scontato che da questo incontro seguano degli accordi decisivi: le linee rosse di Biden tracciano sentieri opposti in molti campi e ciascuno dei due leader ha mantenuto il punto su alcune questioni irrinunciabili: “Abbiamo avuto una conversazione aperta e schietta. Siamo stati chiari sui nostri interessi”, ha detto Biden, aggiungendo: “la competizione sarà forte ma non ci sarà conflitto”, lasciando intendere quanto sia intricata ad esempio la vicenda della tecno-war, la guerra tecnologica, forse il terreno di scontro principale tra Washigton e Pechino. Un ambito in cui i segnali contraddittori si susseguono. L’ultimo iPhone è stato prodotto dalla Apple per la prima volta interamente in India anziché in Cina, ma allo stesso tempo, la stessa azienda ha accettato di rimuovere certe caratteristiche di alcune applicazioni nelle ultime versioni dell’iPhone,  per renderle più compatibili con il mercato cinese. Così come accade per altre aziende cinesi che producono semiconduttori, penalizzate dalle norme restrittive sulle esportazioni imposte dall’amministrazione Biden.

Deciso e chiaro su un altro punto irrinunciabile, il presidente cinese Xi sulla questione Taiwan: “E’ è la prima linea rossa da non superare”, ha detto il leader della Repubblica Popolare, e costituisce il fondamento politico delle relazioni Cina/Usa”. 

All’orizzonte dei colloqui – mentre sullo sfondo c’è la grande assenza di Vladimir Putin – il convitato di pietra è la guerra in Ucraina, un conflitto su cui la Cina mantiene la propria posizione ambigua, per nulla intenzionata a schierarsi in maniera  netta; un conflitto che potrebbe anche avviarsi verso la risoluzione lasciando il campo libero all’azione di Washigton nel Pacifico, l’area che da tempo attrae l’interesse  del presidente americano, colui che secondo alcuni osservatori, si è ritirato dall’Afghanistan per concentrare gli sforzi in quella zona, le acque in cui appunto sorge Taiwan, acque  contese, strategiche per le rotte della pesca mondiale, e con i fondali ricchi di risorse preziose come petrolio e idrocarburi.

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