di Evdokiya Sheremeteva
Traduzione dal russo di Alena Afanasyeva per Marx21.it
Continuiamo a condividere le testimonianze di Evdokiya Sheremeteva (littlehirosima.livejournal.com) sulla situazione umanitaria nel Donbass. Chi vuole contribuire alla raccolta dei fondi o aiutare Evdokiya la può contattare direttamente tramite il suo blog, la pagina Facebook o per l’email: [email protected] (si può scrivere in inglese).
(post del 26 maggio – http://littlehirosima.livejournal.com/65916.html, abbreviato)
In ogni villaggio, in ogni città del Donbass dove abbiamo portato gli aiuti – e noi li distribuiamo in maniera mirata, per case, appartamenti, rifugi, mense sociali – sentiamo tantissime storie. Prima la gente si sente imbarazzata, quando entriamo, ma poi la barriera si rompe. Iniziano a raccontare e raccontare. I racconti si ripetono. Non mi sorprendono più. Solo che per molte persone tutti questi racconti sono come prima “non veri”, sono delle “distorsioni”, sono la propaganda della TV russa.
Ecco a voi le storie raccontate dai civili. Ed ecco a voi i fatti presentati dagli ufficiali locali e dagli impiegati del comando di presidio delle città.
Dappertutto, sentite? Dappertutto dove siamo stati ci raccontavano che quando la guardia nazionale e le forze armate ucraine entravano in un paese, loro colpivano con precisione chirurgica l’infrastruttura, distruggendola.
Forza, raccontate che stavano difendendo la loro terra dagli invasori russi…
Georgievka:
Gli unici 2 asili, “Kolossok” e “Beriozka”, e le 2 scuole sono stati distrutti. L’edificio del consiglio rurale è stato bombardato con dei colpi mirati di proiettili incendiari. Ciò è stato raccontato al capo consiglio Elena Nikitina dagli esperti.
Ex-consiglio rurale di Georgievka.
La fabbrica di lavorazione del pesce è stata bombardata.
Nell’officina che produce tegole in metallo i macchinari sono stati distrutti dai mitra.
Il mobilificio è distrutto, tutti i macchinari sono stati portati via e tutto ciò che non sono riusciti ad avviare è stato bruciato.
La fabbrica di metalloplastica è stata distrutta. I carri armati hanno schiacciato i gasdotti. Quando gli chiedevano perché, rispondevano: “non ne abbiamo bisogno”.
Nessuno capisce perché un carro armato ha distrutto un’area giochi per bambini.
Da diverse persone, ho sentito che i militari della guardia nazionale dicevano agli abitanti: “le nostre rimesse sono meglio delle vostre case”, “perché siete così poveri?” Elena Nikitina: “Non capiscono proprio dove combattono”.
Da Novosvetlovka il battaglione “Aidar” portava via la roba dalle case con dei camion. Una delle donne ha raccontato che dalla sua casa hanno portato via tutto, persino i cucchiai. Parlare delle distruzioni di Kryashchevatoe e di Novosvetlovka fa paura. Intere strade sono ridotte in rovine. Radunavano le persone in un posto e andavano per le case a saccheggiare.
Di Pervomajsk ho raccontato già in precedenza (il link: quinto viaggio https://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/25509-e-un-obice-non-e-un-grad.html ). Quasi tutti gli edifici della città sono stati colpiti. Molti sono completamente distrutti.
Vicino a tutti questi edifici distrutti non c’erano quasi mai delle unità militari. Cioè, questi edifici sono stati colpiti apposta, per distruggere l’infrastruttura della città. Bombardavano miratamente ospedali, scuole, asili, stazioni di distribuzione del gas.
A Chernukhino sono stati avvelenati quasi tutti i pozzi dell’acqua potabile. I militari “versavano dentro il gasolio”, come raccontava gli abitanti.
– Dio mio, ma perché?
– E chi lo sa?
Ditemi, perché, perché bombardare il Centro Geriatrico di Lugansk per i veterani di guerra e del lavoro dove vivono 250 anziani, di cui 170 allettati – è fisicamente impossibile evacuare queste persone?
Il centro è posizionato in mezzo a un bosco, non c’è stata mai nessuna unità militare nelle sue vicinanze per giustificare il bombardamento.
Perché avvelenare i pozzi, schiacciare con i carri armati i parchi giochi, colpire ospedali e asili??
PERCHÉ?
Contro chi combattono?
14 agosto 2014
(post del 17 maggio 2015 – http://littlehirosima.livejournal.com/64455.html)
Ieri abbiamo portato gli aiuti a Georgievka.
Le storie sono troppe, persino per me.
Ma una mi ha lasciata particolarmente impressionata.
Mi ha colpito così tanto che l’ho scritta quasi subito. Sebbene quando stavamo là, nel villaggio, non ho capito niente. Questa storia mi ha trovato di notte. Yulia, Nastia, sono ad un tratto venute da me e si sono fermate di fronte ai miei occhi. Non ho dormito più.
– Quante persone c’erano?
Nastia risponde con una voce d’acciaio, senza lacrime, senza lagne e sentimenti, benché abbia solo 16 anni:
– Nove. 6 missili sono caduti prima. I miei due cugini sono stati uccisi subito.
Nastia guarda senza batter ciglio. La sua zia che d’estate è rimasta senza casa a Khryashchevatoe e senza figlio:
– Nastia era in pieno conoscimento, quando è successo tutto ciò. Stavo sdraiata vicino e ho visto tutto.
Nastia è capitata sotto un bombardamento, con i Grad, per strada il 10 agosto nel villaggio Yasnoe. Sotto i suoi occhi sono stati uccisi quasi tutti quelli che erano accanto a lei, inclusi due cugini. Lei stessa è stata colpita con delle schegge – la pancia, la spalla, le gambe. Una parte delle schegge sono state tolte, altre continuano a vivere nel suo corpo.
Lei stava per terra e vedeva come cadevano dei Grad. I missili arrivavano ed esplodevano.
Stava accanto ai corpi dei cugini.
È possibile comprenderlo? Nello stesso villaggio un uomo si è suicidato, schiacciato dalla morte dei suoi cari.
E lei ricorda tutto fino all’ultimo particolare.
Questa ragazzina è più matura di tanti miei coetanei. Non ho mai visto in nessuna persona una tale forza. Le sue parole tagliano e arrivano alle ossa. Non si vede nemmeno una lacrima, niente. Solo una forte convinzione nelle parole.
La zia la spinge:
– Fai vedere le ferite.
Mi sento imbarazzata. Nastia, con la stessa voce d’acciaio, come se lo facesse tutti i giorni:
“Non fa niente. Quando stavo all’ospedale a Kharkov, mi hanno fatto un video. Ho raccontato le stesse cose. Non mi importa. Dopo lo trasmettevano in TV”.
Nastia spoglia diverse parti del corpo. Non riesco a resistere. Mi sento una giornalista in ricerca di uno scandalo, pronta di oltrepassare qualsiasi limite per una sensazione. Faccio tante foto. E poi mi vergogno. E a Nastia non importa niente. Mi guarda senza nessun’emozione: Quante altre persone – giornalisti, osservatori dell’OSCE, semplici sfaccendati – le domandavano le stesse cose?
Non le importa niente. Tutti vengono per una sensazione, per uno scatto. E Lei se ne infischia.
Accanto c’è Yulia, mamma di due bambini. La sua treccia è così folta, che chiunque ne sarebbe invidioso.
Yulia è scappata insieme col marito e figli da Georgievka, quando stavano bombardando l’aeroporto – è molto vicino. Suo marito è stato ucciso accanto a Nastia, quando si sono trasferiti da Georgievka a Yasnoe.
Ha una voce molto dolce, sorride. È così giovane e bella.
Posso fare una foto della tua treccia?
Ho voglia di darle subito del tu, la voglio abbracciare, coccolare, fare con lei una chiacchierata. Un attimo, aspetti. Queste lacrime…
Siamo venuti qui da loro, perché erano nella lista dei bisognosi che ci ha dato il capo consiglio rurale.
Vi sono famiglie diverse. Ci sono delle nonne che subito si mettono a piangere. Qualcuno di loro lo fa davvero per gratitudine e dolore. Qualcuno invece piange, cercando di farci impietosire. Iniziano a lamentarsi, a pigolare. Sebbene a volte a casa di questi “piagnucoloni” si vedono delle provviste e in generale non stanno così male, rispetto agli altri.
Nella famiglia Dovtiuk tutto è diverso.
Quando siamo venuti tutti sorridevano. Non sapevamo nulla della loro storia e ridevamo insieme a loro e loro ci ringraziavano.
E poi ho iniziato a fare delle domande.
Rimma Nikolaevna quasi subito ha tirato fuori le foto del figlio e del nipote.
Nastia subito è diventata triste. Penso che nella sua testa girava :”Ecco, di nuovo”.
Nastia, Yulia, non avrei mai fatto questo, non avevo l’intenzione di tirare fuori il passato, il dolore. Queste foto. Questi video.
Ogni volta quando entriamo in una casa e sentiamo queste storie, sento una forte vergogna. Come se passasi con degli stivaloni sporchi sopra qualcosa del sacro.
Ma purtroppo la realtà è che senza queste foto e video non riuscirò a portarvi alto aiuto, ancora e ancora.
Padri e figli
(post del 24 maggio – http://littlehirosima.livejournal.com/65377.html, abbreviato)
Zia Galia è famosa. Lei e la sua casa erano in TV.
Ma che sto dicendo?
In TV hanno fatto vedere decine di case del suo villaggio. Quando entri in Chernukhino oggi è tutto verde, tutto in fiore. E dietro gli alberi si nascondono le rovine. E queste rovine non si vedono. Sembra che la situazione non sia tanto brutta. È surreale.
Chernukhino è diventato famoso in tutto il mondo quest’inverno. È vicino a Debaltsevo – devo aggiungere altro?
Ma non intendevo di parlare di questo, ma di zia Galia.
Zia Galia scende le scale della sua casa con fatica.
Al posto di un corrimano c’è una tavola di legno fragile. Appoggiarsi fa paura.
-Zia Galia, dove appoggiare gli aiuti?
La donna anziana è completamente perplessa. Lo sguardo vaga, inciampandosi dappertutto.
La casa è distrutta, mancano i pezzi del tetto. Scalda col carbone.
– Ragazzi, si può trovare del cartone bitumato o qualcos’altro per il tetto? Potete chiedere ai vostri capi?
– Non siamo una fondazione, raccogliamo l’aiuto da soli. Materiali di costruzione non ce l’abbiamo. Ma cercheremo di trovare. Lei ha dei figli?
– Uno è morto, ancora prima di tutti gli avvenimenti.
– E l’altro?
– Lui è lontano, a Pavlovograd.
– Aiuta?
– Come? C’è guerra.
– Non ha mai passato niente con nessuno?
La donna tace. Mi vergogno. Ho paura di fare altre domande, e lei mi sta accanto e si vede che rifiuta di credere quello che sta succedendo.
Stringo i pugni. Lontano. Guerra. Ma porca miseria, è tua madre!
– Nemmeno una volta. Ma non gli lasceranno passare. E poi è pericoloso. Come farà a spedire?
Zia Galia, non posso dirle in faccia ciò che penso. Va bene, che sia così – è lontano, c’è la guerra, non ce la fa a spedire.
Attraverso la strada vive nonna Zoia.
Ha 83 anni e vive da sola. La viene a trovare la sorella minore e spesso litigano. Dai suoi vicini so che la sua figlia vive all’estero.
Nonna Zoia cammina con difficoltà. Abbiamo impiegato parecchi minuti per passare dal cancello alla sua cucina per lasciare le borse con l’aiuto. Cammina con l’aiuto di due bastoni. La casa è piuttosto sporca, perché le forze per pulire non le ha…
– Nonna Zoia, e la figlia dove abita?
– Non mi ricordo. All’estero.
– Aiuta? Manda i soldi, la roba?
– Macché! Certo che no. Lei è lontano, qui c’è la guerra, è difficile!
– E passare con un’occasione? Tramite qualcuno?
Mi fermo. Perché l’ho chiesto?
Ma nonna Zoia non è imbarazzata. Lei in generale è una donna molto positiva e sorridente:
– Macché! Lei è molto lontano. Però mi ha visto in TV. Mi ha chiamato e detto: “Mamma, ti ho visto!”
Potete immaginare che cosa ha visto in TV? Non voglio ricordarvi gli eventi a causa dei quali facevano vedere Chernukhino in televisione. Corridoi di persone – “la via della vita”, bombardamenti continui, gli scheletri delle case abitate… E tante persone uccise. Cargo 200, come dicono i militari.
Quando stavamo per andare via, nonna Zoia si ricorda:
– Ecco, vive a Canada!
– Ha dei figli?
– Certo, ho una nipote. Anche lei vive là.
Spesso i vecchi non se ne vanno e i figli non riescono a portali via per la loro svogliatezza di lasciare i luoghi nativi, ma i figli comunque aiutano lo stesso. Ho degli amici a Lugansk che non sono andati via solo per l’ostinazione dei genitori. Ci sono tante storie diverse.
Ma anche le storie come queste di zia Galia e di nonna Zoia sono tante, storie di genitori
che sono rimasti da soli, abbandonati dai propri figli in mezzo a questo inferno.
Loro fanno fatica a camminare, non hanno quasi nulla. A loro portano il cibo delle persone estranee, come noi, che nonostante tutto sono riuscite a passare. Che non ricevono nessun ricompenso per quello che fanno. Che hanno a case tantissimi problemi loro, le loro famiglie-, figli che vanno a scuola, genitori anziani, malati.
Smettete di dire delle bugie a voi stessi. I vostri genitori pensano solo a voi. Siete la loro vita.
Liuba! Andriuscia!
(post del 28 maggio 2015 – http://littlehirosima.livejournal.com/66345.html)
– “Liuba, Andriuscia, Liuba, Andriuscia!” – grido io. E io stessa già sto a casa con le gambe rotte. I vicini sono venuti e dicono “Sono già morti.”
A Strelkova Raisa è rimasto vivo solo il secondo nipote.
Metà della casa è distrutta.
Piange tutti i giorni.
La prima cosa che abbiamo sentito quando siamo scesi dalla macchina a Georgievka è stata:
– Avete portato i figli?
Poi si ferma di botto.
All’ingresso si mette a piangere.
– Proprio qui sono stati uccisi.
Indica un posto vicino a me. Piange, piange sempre.
In quel momento ho capito che significa la domanda sui figli.
Mi sono spaventata.
Per tre giorni i corpi di sua figlia 41enne e di suo nipote 21enne sono rimasti vicino all’ingresso, mentre Raisa Ivanovna era in ospedale a Lugansk a causa della contusione. Poi li hanno sepolti nell’orto, perché portarli al cimitero non era possibile.
Il posto di sepoltura lo hanno cambiato dopo.
Metà della casa è distrutta, ma un muro sono riusciti a ricostruirlo con l’aiuto dei vicini…
Ho smesso di piangere e innervosirmi.
A volta mi sembra che mi sono trasformata in uno scoglio di cemento armato, che non può essere commosso con niente. Perché storie del genere sono diventate parte della mia vita. Quante ne abbiamo sentite, portando l’aiuto umanitario porta per porta, villaggio per villaggio di Donbass?
Ma è un’illusione.
Sto scrivendo queste righe e mi sembra che sia estate e sono insieme a Raisa Ivanovna durante un bombardamento. E sento:
– Liuba, Andriuscia, Liuba Andriuscia!
Sulle rovine della vita
(post del 1 giugno 2015 – http://littlehirosima.livejournal.com/67596.html, abbreviato)
Altre case, altre lacrime…
Riabtseva Tatiana
– il 20 agosto, alle 4 di mattina. Appena-appena sono scesa nella cantina.
È rimasta senza casa, vive dai vicini.
Il figlio si è impiccato quest’inverno. Lavoro non c’è.
Vive solo grazie all’orto e agli aiuti umanitari.
Elena, capo del consiglio rurale di Georgievka racconta:
– Era un uomo normale, non beveva, tutto a posto. Nessuno capisce perché l’ha fatto. Probabilmente non ce la faceva più a soffrire.
Tatiana ogni giorno torna alla sua casa. Alle rovine.
– Andiamo, è qui vicino. Vi faccio vedere. Ho un orto lì!
Con cautela apre il cancello, come se qualcuno fosse a casa. Apre la porta e si ferma sulle rovine della sua vita…
Kudriashova Maria, nata nel 1941.
La casa è distrutta. Un missile è arrivato proprio sotto la finestra.
– All’inizio nemmeno ho capito che è successo. Sembrava che qualcosa mi avesse tagliato sulle gambe.
– Schegge?
– Sì, 5 sono rimaste dentro, non sono riusciti a toglierle. Il dolore è insopportabile…
Maria vive dalla nipote, sempre lì, a Georgievka.
La figlia è stata investita da una macchina. È rimasto un nipote.
Vilkhovchenko Galina, nata nel 1939. Non si alza.
Vive con la figlia. Gli uomini a casa non ci sono, come non ci sono dei bambini…
Lavoro non c’è…
Golubova Maria.
La sua figlia, di 50 anni, è morta quando sono finiti i bombardamenti, il 2 settembre 2014. Il cuore.
Maria non ce la fa nemmeno a tenere dritta la schiena. Cammina a malapena. Non ha nipoti. Ha a suo carico il marito Aleksej, allettato. Lo cura da sola.
L’aiuta la sua nipote che anche vive a Georgievka.
All’inizio Maria non ha capito che abbiamo portato gli aiuti. Ma quando a capito, si è messa a piangere.
– Pannoloni, pannolini ce l’avete?
Maria Egorovna, ci dispiace, non abbiamo preso dei pannoloni, non sapevamo…
Ma li porteremo, lo prometto.
(post del 5 giugno 2015 – http://littlehirosima.livejournal.com/68463.html, abbrerviato)
Ci ha contattato un ospizio di Gorlovka. Ci hanno chiesto di aiutare – l’ospizio è piccolo ed è fornito in via residuale. Mancano detersivi, pannoloni, traverse, soluzioni fisiologiche – insomma tutto. Gli impiegati non ricevono gli stipendi.
Secondo i bollettini di guerra Gorlovka è sulla linea di fuoco. Il centro viene bombardato alla grande.
Io voglio andare, ma i miei amici non vogliono nemmeno sentirne parlare – è troppo pericoloso. E alla fine decidiamo di andare invece a Chernyukhino e Debaltsevo. Lì l’aiuto serve di sicuro…
Ultimamente hanno spesso portato aiuti a Debaltsevo e Chernukhino, grazie anche alla visibilità nei media. Molte persone sono aiutate da parenti e amici. Noi siamo molto limitati con il tempo e le finanze e non possiamo fornire l’aiuto a tutti, come sempre, cerchiamo di aiutare i più bisognosi – chi è rimasto senza tetto, chi è stato ferito. A chi non non viene aiutato dai figli, chi ha a suo carico dei malati allettati, ecc. Abbiamo un piano d’azione che funziona: prima di tutto cerchiamo il capo del consiglio rurale e chiediamo la lista delle persone bisognose. Così abbiamo aiutato a Khryashchevatoe, a Georgievka. Poi andiamo da casa a casa e distribuiamo l’aiuto personalmente. È la parte più dura. Alla fine della giornata siamo completamente esausti.
Nonostante che sia domenica, presto abbiamo trovato Irina Arkhipova, vicecapo del consiglio rurale, – tutti i numeri telefonici sono appesi al portone del consiglio. Mentre la aspettavamo, ci avvicinavano degli abitanti. Abbiamo parlato con loro.
– Eravate qui d’inverno?
– Eravamo qui. Fa paura ricordare. Qui si trovava la guardia nazionale. Rapinavano, saccheggiavano. Versavano gasolio nei pozzi.
– Perché?
– Ma questo è ancora niente. Chiedete alla gente, qualsiasi persona potrà confermare. Facevano uscire di casa le persone e le mettevano davanti a loro come uno scudo umano. Loro invece andavano dietro con le macchine. Avanti portavano gli anziani e le donne, queste carogne.
– Tutti erano così?
– No, i militari di leva di solito sono normali. Ma i battaglioni…. Non ne parlerò. Sono stati catturati i militari delle forze armate ucraine – dicono che non possono sparare – dietro ci sono delle truppe di blocco…
Dello scudo umano e della acqua avvelenata ho sentito da tante persone.
Appena arrivata, Irina ha controllato la banca dati nel computer e ha scelto le persone che hanno bisogno dell’aiuto. Ci ha accompagnati dappertutto, anche se era il suo giorno libero.
– Adesso molti stanno tornando. D’inverno, di 6000 famiglie ne sono rimaste 1300.
– E adesso?
– Circa 2500.
– Lei era qui d’inverno?
– Sì. Ma non ne voglio parlare, scusatemi.
Molochek Galina vicino alla sua casa. Ex-casa…
Sapete, è una sensazione molto strana vedere una persona accanto o dentro la propria casa distrutta. È sempre perplessa, è difficile spiegare questa sensazione. Non è né risentimento, né rabbia. È difficile comprendere. Ecco hai tutto e ad un tratto sei buttato fuori, sei privato di tutto ciò: foto, regali, anelli della nonna, disegni dei bambini…
Solo un attimo. E sei da solo con questa realtà. Senza niente.
Adesso Galina vive dai vicini…
Bodnar Valentina vive dal figlio, attraverso la strada. È disabile, senza aiuto non ce la fa. Lei sorride sempre e non si lamenta mai. Ma gli occhi.. Gli occhi non ingannano.
Quasi tutti coloro che abbiamo visitato, chiedevano cartone bitumato ed altri materiali di costruzione.
– Per riparare le case.. Almeno il tetto, poi il resto già piano piano… Ma senza tetto non si può fare nulla.
Nelia ha due invalidi a suo carico. Lei lavora a Debaltsevo, ma lo stipendio non arriva. Sua madre è stata ferita con una scheggia, adesso è allettata, il suo stato è molto grave. Praticamente non riprende conoscenza.
– Da noi vivevano quelli della guardia nazionale. Prima di andarsene hanno messo delle trappole esplosive. Vedete lo scantinato? Era qui. I nostri ragazzi poi le hanno tolte… Fa paura ricordare, scusate.
In quasi tutte le case che abbiamo visitato la gente non vuole ricordare. Ma è solo all’inizio. E poi… poi ci dispiace che abbiamo chiesto…
Non riesco a togliermi dal pensiero questo scantinato. Ma perché?
Altri resoconti dei viaggi di solidarietà nel Donbass in
https://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/25316-un-altro-viaggio-nel-donbass.html
https://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/25509-e-un-obice-non-e-un-grad.html
https://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/25601-tra-rovine.html