Non perdonerò

di Evdokija Sheremeteva
da littlehirosima.livejournal.com

Evdokija Sheremeteva è una blogger di Mosca (littlehirosima.livejournal.com) e una volontaria che dal 2014 si occupa degli aiuti umanitari per le zone di Donbass colpite da guerra, principalmente nella regione di Lugansk. In occasione dell’anniversario del rogo di Odessa (2 maggio 2014), provocato dalle bande nazi-fasciste al servizio del governo di Kiev e in cui morirono decine di persone, ha voluto ricordare il tragico avvenimento con una sua amara riflessione. Ringraziamo Alena Afanasyeva per la segnalazione e la traduzione.

Ci sono delle cose che non si perdonano. Il 2 maggio.

Non perdonerò la “centuria affumicata”. Non perdonerò “è solo colpa loro”. Non perdonerò.

Dio, non posso.

Tre anni fa ho provato giustificarlo, dando colpa alla televisione e alla propaganda, ma poi ho capito che è stata una scelta consapevole. La scelta di pensare che loro sono meglio e ci sono delle persone inferiori. Si, è la propaganda, ma quanto è dolce e piacevole – essere meglio degli altri. Essere scelti, degni, per cui si può bruciare e bombardare gli “altri”, “quelli”.

Non perdonerò quelli che allora, il 2 maggio, dissero che le persone [nella Casa del sindacato] avevano organizzato tutto da sole. Da sole avrebbero provocato l’incendio, e si sarebbero fatte correre dentro. Così imparano.

Così imparano.

Così imparano.

Si dice che non si può vivere senza perdono.

Non si deve tenerlo dentro di se.

Lo so.

Ci lavoro tutti i giorni, tutte le notti.

Ma Dio mio, non posso. Ci sono delle cose che non riesco a lasciar andare. Mi fanno solo più dura.

Quante volte, andando a trovare diverse persone nella Repubblica popolare di

Lugansk con dei parenti in Ucraina, abbiamo sentito che questi parenti a loro non credono. Non credono che sono bombardati così, in un modo mirato. Bombardati con bombe, obici, mortai.

Il fratello non credeva alla sorella che in conseguenza del bombardamento ha perso una gamba e finché non l’ha vista non ha creduto.

Il figlio non chiama la madre – suo padre è morto durante un bombardamento – non chiama perché loro “hanno votato” ed “è colpa di loro stessi”.

Quante volte abbiamo visto le lacrime negli occhi delle persone, le famiglie delle quali si sono frantumate. Spezzate per sempre. E si tratta dei parenti più vicini. Quante volte abbiamo visto degli anziani abbandonati dai figli e nipoti. Vivono “lì” e nemmeno chiamano.

Perché la colpa è la loro.

Perché certe persone pensano che se non subiscono bombardamenti è perché hanno  fatto la scelta giusta? Davvero non capiscono che anche loro un giorno potrebbero essere uccise, private delle case, ridotte in polvere?

Centinaia di vite sono state rovinate, indipendentemente dalle posizioni assunte.

Questo è successo anche perché ci sono molti che gridano “è solo colpa loro”, e con queste parole autorizzano il fratricidio.

No, non illudetevi, le vostre mani sono insanguinate come le mani di quelli che tirano a bruciapelo.

Magari anche di più, perché c’è qualcosa di viscido in voi, perché potete sempre dire che non c’entrate niente.

Così imparano.

Così imparano.

Così imparano.

Chi impara?

A che scopo?

O Signore, perché siamo degli animali?

Come perdonare?

Dio mio, non posso.

Foto di Reuters