Le politiche di cittadinanza degli Stati baltici entro la cornice dell’Unione europea sui diritti delle minoranze

latvia proteste discriminazioneetnicaRiceviamo da Cristina Carpinelli e volentieri pubblichiamo

Il paesaggio etnico negli Stati baltici è dominato da una grande minoranza etnica: i russi. La Lituania costituisce un’eccezione, poiché in questo paese la prima minoranza etnica come dimensione è quella polacca, seguita dalla russa. Gli Stati baltici hanno anche altre minoranze slave, come i bielorussi e gli ucraini. Ci sono delle barriere da superare per le minoranze che vivono nei paesi baltici, dato che in relazione alla lingua, al lavoro e al luogo d’insediamento sono riscontrabili due realtà distinte: quella della popolazione autoctona e quella dei gruppi di minoranza etnica.

Durante il periodo sovietico c’erano scuole di lingua separate, un sistema che rafforzava la separazione etnica. Anche il mercato del lavoro era stato diviso lungo linee etniche e una grande parte delle minoranze, principalmente concentrata nei centri urbani, viveva spazialmente separata dal gruppo di maggioranza. L’eredità comunista e la costruzione dell’ordine statale post-comunista hanno avuto un impatto negativo sul processo di integrazione delle minoranze russe nei paesi baltici. I russi etnici erano stati fortemente emarginati, poiché a molti di loro era stata negata la cittadinanza. Di conseguenza, non godevano dei diritti civili, avevano un accesso limitato al mercato del lavoro e una minore protezione sociale. 

Tuttavia, a seguito delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa e dell’OSCE, gli Stati baltici hanno di recente rivisto le loro politiche in materia di protezione e rispetto delle minoranze. Grazie, infatti, alla riformulazione di alcune norme contenute nelle leggi di cittadinanza, alle minoranze nazionali sono state concesse agevolazioni per l’ottenimento della cittadinanza in conformità con le direttive UE. A goderne sono state soprattutto le giovani generazioni. Oggi, i giovani, figli di genitori russi privi di cittadinanza, che sono nati in Lettonia ed Estonia, dopo il 1991, diventano automaticamente cittadini senza il presupposto di passare gli esami di cittadinanza. Per quanto riguarda, invece, le persone russe di gruppi d’età più avanzata, la naturalizzazione rimane condizionata al superamento di una serie di test, quale, ad esempio, la conoscenza della lingua. Il gap giuridico è stato, dunque, in grande parte colmato. In Lituania, le minoranze russofone e polaccofone sono piuttosto esigue rispetto agli altri due paesi baltici. Ecco perché questa Repubblica aveva da subito adottato – dopo lo stacco dall’Urss – una legge sulla cittadinanza meno improntata sulla “tutela etnica”. La legge sulla cittadinanza all’art.10 concede automaticamente il titolo di cittadino a tutti i bambini nati in territorio lituano dopo la riconquista dell’indipendenza del Paese, i cui genitori sono privi di cittadinanza ma stabilmente residenti, e ciò a prescindere dalla loro origine etnica, dalla durata del periodo di residenza o dalla conoscenza della lingua lituana.

Scopo del saggio “The Citizenship Policies of the Baltic States within the EU Framework on Minority Rights” [1] di Cristina Carpinelli è indagare le radici storiche della segregazione etnica tra la popolazione baltica nativa e le minoranze nazionali (in particolare, quella russa e polacca) e mostrare come l’ingresso degli Stati baltici nell’UE abbia facilitato la promozione dei diritti delle minoranze. Nel 1993, il Consiglio d’Europa aveva definito i criteri di adesione dei paesi all’Unione europea in occasione del Vertice di Copenaghen, uno dei quali richiedeva che il paese candidato avesse raggiunto una stabilità istituzionale tale da garantire la democrazia, il principio di legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione delle minoranze. Proprio appellandosi a questo criterio, il Consiglio d’Europa e l’OSCE avevano rivolto agli Stati baltici, nel corso degli anni Novanta e Duemila, non poche raccomandazioni, affinché questi conformassero la loro normativa interna alle direttive UE in materia di protezione e rispetto delle minoranze. A seguito delle sollecitazioni dei vari organismi europei, i Paesi baltici hanno notevolmente ridotto il numero di “non cittadini” presenti sul loro territorio. Perdura, tuttavia, un atteggiamento diffidente da parte delle popolazioni autoctone nei confronti degli immigrati russi e una frattura sotto il profilo sociale. Disoccupazione e povertà colpiscono in particolare le minoranze russofone, che soffrono tra l’altro della mancanza d’investimenti e infrastrutture nelle zone dove sono insediate. Bassi standard di vita caratterizzano queste popolazioni, che vivono in quartieri degradati situati nelle periferie dei centri urbani. La prossima sfida per i Paesi baltici sarà quella di portare a compimento il processo d’inclusione delle minoranze russofone.

Per scaricare il PDF, collegarsi al link:
https://czasopisma.marszalek.com.pl/images/pliki/ppsy/48-2/ppsy2019201.pdf

La Rivista che ha pubblicato il saggio è “Polish Political Science Yearbook”, n. 2/1989
https://czasopisma.marszalek.com.pl/10-15804/ppsy

NOTE

[1] In: Polish Political Science Yearbook, vol. 48(2) (2019), pp. 193–221. DOI: https://doi.org/10.15804/ppsy2019201