Eurasiatismo: identità e diplomazia in Russia

di Diego Pautasso, Augusto Colório e Vitória Galle* | da resistencia.cc

Traduzione di Marx21.it

Pubblichiamo come contributo alla discussione

Dopo il vuoto ideologico derivante dalla dissoluzione dell’URSS, la Russia ha costruito la sua identità in una miscela di mimetismo e reazione alle influenze occidentali e, in questo senso, l’Eurasiatismo è emerso come la nuova ideologia per lo stato post sovietico. In sostanza, la Russia cerca il suo nuovo posto nella scena internazionale dopo il collasso sovietico e i rovesci degli anni 1990. Il presente articolo cerca di gettare luce sul ruolo dell’Eurasiatismo nella costruzione dell’identità e della diplomazia della Russia nel periodo di Putin.

Il dibattito sull’identità russa è stato al centro del suo inserimento internazionale e della politica estera per secoli. La questione dell’identità risale all’espansione dello Stato russo e ai diversi orientamenti delle sue leadership. In primo luogo, le politiche occidentalizzanti che risalgono a Pietro, il Grande, (1672-1725), e a Caterina, la Grande, (1762-96), il cui obiettivo era la modernizzazione e l’integrazione in Europa. Con Nikolai Danilevsky (1822-1885), il dibattito si è rivolto alla definizione delle frontiere con l’Asia. Danilevsky ha definito Eurasia la massa territoriale delimitata dalle montagne dell’Himalaya, del Caucaso e delle Alpi, tra i mari Mediterraneo, Nero e Caspio, e gli Oceani Pacifico, Atlantico e Artico (SCHMIDT, 2005).

Con la rivoluzione russa guidata da Lenin, e la successiva formazione del campo socialista, la Russia si è sviluppata in un rapporto teso e contraddittorio con il mondo guidato dall’asse USA-Europa Occidentale. A differenza di quanto aveva suggerito la retorica della Guerra Fredda, la fine del dissidio capitalismo-socialismo sovietico non ha dissolto i conflitti. Al contrario, al tentativo russo di allineamento all’Occidente, gli USA e l’Europa hanno risposto con l’espansione della NATO  e dell’UE, e con l’inasprimento della presenza militare e diplomatica attorno alla Russia. Come abbiamo rilevato in altra occasione (PAUTASSO, 2014), il tentativo di contenere la Russia si è attenuato solo quando il paese ha rinunciato al suo status di potenza negli anni 1990, con il governo Eltsin.

Per Trenin (2002), la dissoluzione dell’Unione Sovietica ha riproposto la questione dell’identità internazionale della Russia. L’autore suggeriva alla diplomazia russa di guardare all’Unione Europea e agli USA, dal momento che la Russia e l’Eurasia avevano cessato di condividere gli stessi obiettivi geopolitici. Trenin, del Carnegie Endowment for International Peace, non nascondeva il suo desiderio che la Russia conservasse la politica degli anni 1990, nell’opera pubblicata all’inizio dell’era Putin.

Poiché le politiche di Eltsin innegabilmente non avevano raggiunto gli effetti sperati, diverse forze politiche russe si mobilitarono attorno a un programma di sviluppo, maggiore autonomia e assertività internazionale. Il nuovo movimento Eurasiatista, guidato da Aleksandr Dugin, è emblematico di questo contesto. Fortemente ancorato alle tradizioni della Geopolitica Classica, questo gruppo subisce molteplici influenze, compresi il Panslavismo sciovinista, (SCHMIDT, 2005), ambizioni imperialiste e il pregiudizio tradizionalista e religioso. Se, da un lato, questo gruppo ha un forte impatto propagandistico, dall’altro, ha orientamenti politici non compatibili con le sfide internazionali della Russia. In sintesi, l’Eurasiatismo proveniente da Primakov e maturato con Putin e Lavrov è più attrezzato a gestire la  scena internazionale.

La congiuntura globale ha posto sfide all’inserimento internazionale della Russia. Da un lato, il nuovo pensiero eurasiatista mostra entusiasmo per la formazione di un asse Parigi-Berlino-Mosca,  oltre che per un impero eurasiatico da Dublino a Vladivostok. Le idee eurasiatiste di Dugin, per esempio, si propongono di creare un nuovo ordine globale in cui l’Eurasia possa svilupparsi autonomamente senza l’interferenza della potenza atlantista statunitense (BASSIN, 2008).

Per i creatori della politica estera degli Stati Uniti, c’è sempre l’ombra dell’heartland mackinderiano in procinto di sfidare la loro egemonia. In tal senso, gli USA hanno cercato di dividere l’Europa dalla Russia con la disgregazione della Jugoslavia e ora con la guerra in Ucraina, generando un sentimento anti-russo nel blocco occidentale.

La politica degli Stati Uniti volta a indebolire le relazioni tra Europa e Russia ha spinto Mosca verso gli interessi cinesi. L’avvicinamento sino-russo può essere l’effetto non calcolato dell’accerchiamento della Russia, come dimostrano i casi dell’integrazione energetica, della cooperazione militare, della collaborazione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, dell’implementazione della Nuova Via della Seta (OBOR – One Belt, One Road) ecc.

Infine, la politica estera di Putin non è, come lascia supporre la narrazione dei media mainstream, né anti-occidentale, né anti-liberale (SEGRILO, 2011). Al contrario, in diverse occasioni egli ha cercato – senza successo – di rafforzare le relazioni con l’Occidente. Navigando in acque agitate, la diplomazia russa si dimostra abile nel posizionarsi come potenza mondiale, allo scopo di riconquistare autonomia e protagonismo (COLIN, 2007).

Poiché la Russia possiede un territorio enorme e una grande complessità etnica, l’Eurasiatismo  ha configurato il meccanismo dell’identità russa. Obiettivo, in primo luogo, costruire un’identità politica per l’inserimento internazionale della Russia, legittimando l’ascesa del centro russo del territorio sulle altre regioni nazionali e del contesto strategico. E, in secondo luogo, funziona come meccanismo di propaganda per modellare l’opinione pubblica sugli interessi della Russia e sulla necessità dell’autonomia nazionale di fronte all’egemonismo degli USA.

Tuttavia, la leadership di Putin e il suo ministro degli Esteri Lavrov trascendono gli obiettivi e la forma dell’azione proposti dal discorso eurasiatista militante. La Russia di Putin non è anti-americana né anti-occidentale, ma una potenza che ha bisogno di recuperare la capacità di difendere i suoi interessi globali di fronte alla scalata interventista degli Stati Uniti.

* docenti di Relazioni Internazionali a Unisinos https://pt.wikipedia.org/wiki/Universidade_do_Vale_do_Rio_dos_Sinos