di Associazione Europea dei Giuristi per la Democrazia e i Diritti Umani nel Mondo | kpu.ua
Traduzione dal russo di Mauro Gemma
A Petrenko P.D
Ministro della Giustizia dell’Ucraina
Londra/Düsseldorf, 29 giugno 2017
L’Associazione Europea dei Giuristi per la Democrazia e i Diritti Umani nel Mondo (ELDH) si è rivolta al Ministro della Giustizia ucraino, con una dichiarazione in cui annuncia la partecipazione di una sua delegazione al processo in corso per decidere sulla messa fuori legge del Partito Comunista di Ucraina
L’Associazione Europea dei Giuristi per la Democrazia e i Diritti Umani nel Mondo (ELDH) esprime la sua più profonda preoccupazione in relazione alla fase finale del processo per la proibizione del Partito Comunista di Ucraina (KPU), avviato in base al decreto del Ministero della Giustizia dell’Ucraina del 23 luglio 2015. Con questo decreto è stata annullata la registrazione del KPI, e di due altri partiti, e, di conseguenza, essi sono stati privati del diritto di partecipare alle prossime elezioni amministrative.
Il 16 dicembre 2015, il Tribunale Amministrativo Distrettuale di Kiev ha accolto il decreto del Ministero della Giustizia sul divieto di qualsiasi attività del Partito Comunista di Ucraina. L’ordine stabiliva che “ [il PCU] realizza azioni indirizzate al cambiamento dell’ordine costituzionale con mezzi violenti; alla violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina; alla propaganda di guerra, alla violenza e all’incitamento all’odio interetnico, all’attacco ai diritti e alle libertà dell’uomo, mentre i membri del PC sistematicamente fanno appello alla creazione di formazioni armate”.
ELDH è estremamente preoccupata per il fatto che il Ministero non ha presentato alcuna prova a sostegno di tali affermazioni così serie e del tutto di parte. Per quanto riguarda le leggi del 20 maggio 2015, il divieto è evidentemente basato sul fatto che il PCU utilizza il simbolo comunista della falce e del martello.
Il 17 dicembre 2015 Amnesty International ha avvertito che “la proibizione [del KPU] in Ucraina rappresenta una flagrante violazione della libertà di espressione e deve essere immediatamente annullata… L’iniziativa delle autorità ucraina di vietare [il KPU], dovuta esclusivamente al nome e all’utilizzo dei simboli dell’epoca sovietica, viola i diritti della libertà di parola e di pensiero, creando un pericoloso precedente”.
La denuncia del Partito Comunista è stata presentata alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Il 21 dicembre 2015 l’OSCE e la Commissione di Venezia del Consiglio di Europa hanno pubblicato una comunicazione congiunta in merito alla Legge dell’Ucraina “Sulla condanna dei regimi totalitari comunista e nazional-socialista (nazista) e sul divieto della propaganda dei loro simboli”, in cui si sostiene che essa interpreta in modo troppo ampio il concetto e introduce sanzioni che sono sproporzionate rispetto allo scopo prefisso. Qualsiasi manifestazione di pensiero che non corrisponda alla legge n° 317-VII, può essere vietata, il che significa la violazione dei diritti e delle libertà di ciascun individuo. Ciò vale in particolare per i partiti politici, che giocano un ruolo decisivo nella garanzia del pluralismo e nel buon funzionamento della democrazia…Al divieto di partecipazione dei partiti politici alle elezioni o al loro scioglimento si dovrebbe ricorrere come ultima risorsa solo in casi eccezionali.
Il KPU ha fatto ricorso, il 16 dicembre 2016, al Tribunale amministrativo di appello di Kiev, e il 15 maggio 2017 l’appello ha raggiunto la fase conclusiva con le arringhe (definite “dibattiti” in Ucraina) con la partecipazione del primo segretario del KPU, Petro Simonenko, (pubblicato in “Rabociaya Gazeta”http://rg.kiev.ua/page5/article38716/ e ripreso in un videohttp://rg.kiev.ua/page5/article38716/ ).
ELDH è stata informata che il “dibattito” è previsto per il 5 luglio 2017, e una sua delegazione, composta da giuristi greci e italiani, prenderà parte alle udienze in qualità di osservatore.
ELDH chiede ai rispettabili giudici del Tribunale amministrativo di appello di Kiev di attenersi alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nel rispetto dell’articolo 11 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, della libertà di espressione, che è un obbligo per l’Ucraina e di monitorare con attenzione le dichiarazioni rilasciate da Amnesty International, OSCE e Commissione di Venezia in relazione ai seri rischi connessi alla limitazione della libera associazione delle persone e del corretto funzionamento della democrazia in Ucraina.